La sentenza di assoluzione in sede penale ha effetti anche sul fronte del procedimento tributario. Con l'Ordinanza n. 23570/2024 la Cassazione applica per la prima volta una delle novità previste dalla riforma delle sanzioni
La sentenza irrevocabile di assoluzione emessa in sede penale, perché il fatto non sussiste o l’imputato non lo ha commesso, spiega i propri effetti anche nel procedimento tributario con l’effetto che, anche in questa sede, deve ritenersi che i fatti non sussistono ai sensi del nuovo art. 21-bis del D.Lgs. 74/2000.
La norma, introdotta dal decreto legislativo n. 87 del 2024, si applica anche ai casi in cui la sentenza penale dibattimentale di assoluzione sia divenuta irrevocabile prima dell’entrata in vigore del citato decreto del 2024 purché, a tale data, sia ancora pendente il giudizio di cassazione contro la sentenza tributaria d’appello che ha condannato il contribuente in relazione ai medesimi fatti, rilevanti penalmente, dai quali egli sia stato irrevocabilmente assolto.
L’importante principio, che dà attuazione alle novità introdotte dalla riforma fiscale con il nuovo art. 21-bis, è stato enunciato dalla Corte di Cassazione nell’Ordinanza n. 23570 del 3 settembre 2024.
Il contribuente assolto in sede penale è salvo anche nel giudizio tributario
La controversia riguarda un soggetto terzo indagato del reato previsto all’art. 8 del D.Lgs. n. 74 del 2000, avendo emesso un certo numero di fatture relative ad operazioni inesistenti nei confronti di tre operatori commerciali.
Dalle indagini condotte dalla Guardia di finanza è scaturito un processo verbale di constatazione che ha dato origine, a carico di varie persone tra cui l’odierno contribuente, ad un procedimento penale.
Sulla base del citato pvc, l’Agenzia delle Entrate ha proceduto ad una ripresa IRPEF e IVA nei confronti dell’ora ricorrente, deducendo nell’avviso di accertamento che egli aveva simulato, con il soggetto emittente le fatture, delle forniture di servizi e mano d’opera per abbattere la base imponibile dei redditi dichiarati e per detrarre indebitamente l’IVA dovuta all’Erario.
Impugnati i quattro avvisi di accertamento notificati al contribuente in relazione alle annualità 2006, 2007, 2008 e 2009, la C.T.P. ha accolto il ricorso.
Su appello dell’Agenzia delle Entrate, la C.T.R. riformò integralmente la sentenza di primo grado e avverso tale decisione il contribuente ha proposto ricorso per cassazione.
Con apposito motivo di doglianza il contribuente si è lamentato del fatto che l’Agenzia delle Entrate avrebbe dovuto provare l’inesistenza delle operazioni sottostanti alle fatture ricevute e non, come invece fatto, appiattirsi alle conclusioni contenute nel pvc della Guardia di Finanza, poi fondando gli avvisi di accertamento su presunzioni semplici rispetto alle quali il ricorrente non avrebbe fornito la prova contraria.
A suo parere la C.T.R., nel riformare totalmente la sentenza di primo grado, avrebbe attribuito valore di prova presuntiva a fatti privi di valenza inferenziale tra cui:
- il pagamento quasi sempre in contanti delle fatture;
- l’importo delle stesse esorbitante rispetto alle capacità operative del soggetto emittente;
- l’inesistenza di contratti scritti;
- la estrema genericità delle indicazioni contenute in fattura;
- l’avere il soggetto emittente occultato le scritture contabili al fine di impedire la ricostruzione del suo volume d’affari e omesso di presentare le dichiarazioni fiscali.
La Corte di cassazione ha ritenuto fondato il motivo di ricorso con cassazione della sentenza impugnata e, decidendo nel merito, ha accolto il ricorso proposto in primo grado dal contribuente ed ha annullato gli avvisi di accertamento impugnati.
Le novità della riforma delle sanzioni tributarie
I giudici di legittimità hanno rilevato che, in seguito all’adunanza camerale originariamente fissata per la decisione della causa, è stato emanato il decreto legislativo n. 87 del 2024 in esecuzione della delega fiscale conferita al Governo dalla legge n. 111 del 2023 ed entrato in vigore il 29 giugno 2024, il cui art. 1, comma 1, lett. m) ha introdotto, nel corpo del DLgs. n. 74 del 2000, il nuovo art. 21-bis, che così dispone:
“La sentenza irrevocabile di assoluzione perché il fatto non sussiste o l’imputato non lo ha commesso, pronunciata in seguito a dibattimento nei confronti del medesimo soggetto e sugli stessi fatti materiali oggetto di valutazione nel processo tributario, ha, in questo, efficacia di giudicato, in ogni stato e grado, quanto ai fatti medesimi. La sentenza penale irrevocabile di cui al comma 1 può essere depositata anche nel giudizio di Cassazione fino a quindici giorni prima dell’udienza o dell’adunanza in camera di consiglio.”
Il Collegio giudicante ha inoltre chiarito che tale ius superveniens si applica anche ai casi in cui la sentenza penale dibattimentale di assoluzione sia divenuta irrevocabile prima dell’entrata in vigore del citato decreto legislativo n. 87 del 2024 purché, alla data di entrata in vigore del DLgs., sia ancora pendente il giudizio di cassazione contro la sentenza tributaria d’appello che ha condannato il contribuente in relazione ai medesimi fatti, rilevanti penalmente, dai quali egli sia stato irrevocabilmente assolto, in esito a giudizio dibattimentale, con una delle formule “di merito” previste dal codice di rito penale (perché il fatto non sussiste o perché l’imputato non l’ha commesso).
Nel caso di specie, il contribuente è stato assolto in sede penale, in esito a giudizio dibattimentale, perché il fatto non sussiste, con sentenza del Tribunale penale munita di attestato di passaggio in giudicato, ritualmente e tempestivamente allegata agli atti del giudizio di cassazione.
Non vi è dubbio, inoltre, che i fatti posti alla base degli avvisi di accertamento impugnati siano gli stessi fatti oggetto dell’imputazione penale dalla quale il contribuente è stato definitivamente assolto.
Ne consegue che, spiegando la sentenza penale di assoluzione efficacia di giudicato nell’ambito del presente giudizio con riferimento all’esistenza dei fatti posti a base delle riprese fiscali, deve ritenersi, anche con riferimento al giudizio tributario, che tali fatti non sussistono, con la conseguenza che la sentenza impugnata deve essere cassata.
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