Plusvalenza da cessione immobile e imposta di registro: non è sufficiente il valore del registro.
Ai fini dell’accertamento della maggior plusvalenza da cessione immobiliare o d’azienda, l’Amministrazione finanziaria non può basarsi solo sul valore determinato ai fini dell’imposta di registro, dovendo individuare ulteriori elementi, anche presuntivi purché gravi, precisi e concordanti, che supportino adeguatamente il diverso prezzo della cessione rispetto a quanto dichiarato dal contribuente.
Sarà poi onere del contribuente contraddire alle risultanze raccolte dall’Agenzia delle Entrate attraverso la produzione di idonee prove contrarie.
Queste le importanti conferme contenute nell’Ordinanza numero 11417/2019 della Corte di Cassazione.
- Ordinanza Corte di Cassazione numero 11417/2019
- Plusvalenza da cessione immobile e imposta di registro: non è sufficiente il valore del registro
La decisione – La controversia nasce dalla notifica di un avviso di accertamento ai fini imposte dirette con cui l’Agenzia delle entrate riprendeva a tassazione in capo ai cedenti, a titolo di plusvalenza, il maggior valore di cessione di un complesso immobiliare, determinato sulla base del valore accertato ai fini del registro e delle imposte catastali e ipotecarie.
A seguito di impugnazione, la CTP accoglieva parzialmente il ricorso, riducendo il prezzo della vendita nella misura corrispondente al valore concordato tra l’Agenzia delle entrate e il cessionario in sede di autotutela, così confermando la congruità del valore accertato in sede di imposta di registro.
I contribuenti hanno proposto ricorso avverso la sentenza di primo grado e la CTR, a conferma della decisione impugnata, hanno confermato la legittimità del maggior valore accertato dall’Ufficio.
Da qui è seguito il ricorso dinanzi alla Corte di Cassazione con cui i ricorrenti hanno lamentato, come motivo principale, violazione dell’art. 51 del D.P.R. n. 131/86 e dell’art. 82 del D.P.R. n. 917/86, per aver il giudice erroneamente esteso il valore definitivamente accertato ai fini dell’imposta di registro alla determinazione della plusvalenza ai fini Irpef.
La Corte di legittimità ha accolto il ricorso dei contribuenti e ha cassato con rinvio la sentenza della CTR impugnata.
Nella controversia in commento si pone la questione se sia corretto - come affermato dai giudici di merito - trasporre in maniera automatica le risultanze emergenti dalla rettifica e liquidazione delle imposte di registro, ipotecarie e catastali, ai fini dell’accertamento delle imposte dirette.
Tale interpretazione è contraria al disposto normativo di cui all’articolo 5, comma 3 del Decreto Legislativo numero 147 del 2015 in base al quale, in caso di cessione immobiliare:
“l’esistenza di un maggior corrispettivo non è presumibile soltanto sulla base del valore, anche se dichiarato, accertato o definito ai fini dell’imposta di registro di cui al decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131, ovvero delle imposte ipotecaria e catastale di cui al decreto legislativo 31 ottobre 1990, n. 347”
A parere dei giudici di legittimità il citato articolo 5, che costituisce “interpretazione autentica della previgente disciplina con efficacia dunque retroattiva”, consente di affermare che ai fini dell’accertamento delle imposte sui redditi è escluso “che l’Amministrazione possa ancora procedere ad accertare, in via induttiva, la plusvalenza realizzata a seguito di cessione di immobile o di azienda solo sulla base del valore dichiarato, accertato o definito ai fini dell’imposta di registro” (cfr. in ult. Ordinanza cass. n. 9513/2018).
Sulla base di tale interpretazione, pertanto, non è più possibile ricondurre al solo dato del valore del bene - determinato ai fini dell’imposta di registro - il fondamento dell’accertamento della plusvalenza per la tassazione Irpef, “spettando invece all’Ufficio il compito di individuare ulteriori indizi, dotati di precisione gravità e concordanza, che supportino adeguatamente il diverso prezzo della cessione rispetto a quanto dichiarato dal contribuente. Allegate le prove, anche presuntive, graverà poi al contribuente, mediante la produzione di prove contrarie, contraddire alle risultanze probatorie raccolte dalla Agenzia.”
La decisione del giudice regionale, pertanto, avendo meccanicamente trasposto le risultanze emergenti dalla rettifica delle imposte di registro ai fini dell’imputazione di una maggior plusvalenze da cessione, non si è attenuta ai suddetti principi ed è stata cassata in accoglimento del motivo commentato.
Articolo originale pubblicato su Informazione Fiscale qui: Per accertare la plusvalenza non basta il valore del registro