L'accertamento induttivo segue regole precise. In caso di determinazione della percentuale di ricarico sulla merce venduta deve basarsi su tre elementi: coerenza con la natura dei beni, significatività del campione, media scelta in base alla composizione dei beni presi in esame. A stabilirlo è l'Ordinanza numero 15589 del 22 luglio 2020.
L’accertamento induttivo, svolto attraverso la determinazione della percentuale di ricarico sulla merce venduta, è legittimo solo se avviene adottando un criterio che sia coerente con la natura dei beni presi in esame, sia applicato ad un campione significativo di beni e sia fondato su una media scelta in base alla composizione del campione di beni, indipendentemente dal fatto che la contabilità dell’imprenditore risulti formalmente regolare.
Questo il sunto dell’Ordinanza numero 15589 del 22 luglio 2020.
- Corte di Cassazione - Ordinanza numero 15589 del 22 luglio 2020
- L’accertamento induttivo segue regole precise. A stabilirlo è la Corte di Cassazione con l’Ordinanza numero 15589 del 22 luglio 2020.
La decisione – Il procedimento ha avuto origine dal ricorso proposto da un contribuente esercente attività di riparazioni meccaniche di autoveicoli avverso alcuni avvisi di accertamento ai fini imposte dirette e IVA.
Gli atti impositivi erano stati emessi sia sulla base dei dati parametrici degli studi di settore, sia in base ai dati contabili esibiti dal contribuente in sede di contraddittorio, dai quali emergeva l’esposizione di ricavi per manodopera inferiori ai costi dei dipendenti.
In riforma della sentenza di primo grado, la CTR ha accolto l’appello avanzato dall’Agenzia delle entrate, sul presupposto che la documentazione contabile esibita dal contribuente mostrava dati dell’attività operativa incongruenti e in contrasto con il criterio di ragionevolezza e di economicità.
Il contribuente ha impugnato la sentenza della CTR, deducendo violazione e falsa applicazione dell’art. 39, comma 1, lett. d) d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 nella parte in cui il giudice d’appello ha ritenuto legittimo l’accertamento induttivo nonostante le scritture contabili si fossero rivelate corrette, con la conseguenza di non poter applicare la mera percentuale di ricarico riscontrata nel settore di appartenenza, salvo che non fossero state individuate condizioni di abnormità o irragionevolezza tali da privare la documentazione contabile di attendibilità.
Per quanto di interesse il ricorrente ha lamentato l’omessa motivazione circa il fatto della esistenza di maggior ricavi dalla manodopera, laddove la sentenza non si sarebbe soffermata sulla circostanza secondo cui i dipendenti della società non sarebbero stati tutti impiegati nell’attività di officina, ma anche in attività collaterali.
Inoltre la contribuente ha rappresentato che il campione ai fini del calcolo della percentuale di ricarico, pari a nove fatture, fosse poco significativo rispetto all’ammontare delle fatture emesse, ben 1.566 fatture nel corso del periodo di imposta non indicando, oltretutto, i criteri in base ai quali è stato predeterminato detto campione.
La Corte di cassazione ha ritenuto fondati i motivi di doglianza, confermando che la redditività del monte ore lavorate era stato calcolato su un campione non significativo di fatture di vendita, rispetto alle quali non era stato neanche indicato i criteri di individuazione e di rappresentazione della significatività del campione.
In tema di rettifica della dichiarazione IVA, la Corte di cassazione ha infatti affermato che “la determinazione in via presuntiva della percentuale di ricarico effettiva sul prezzo della merce venduta, in sede di accertamento induttivo, deve avvenire adottando un criterio che sia: (a) coerente con la natura e le caratteristiche dei beni presi in esame; (b) applicato ad un campione di beni scelti in modo appropriato; (c) fondato su una media aritmetica o ponderale, scelta in base alla composizione del campione di beni; tale modalità di determinazione della reale percentuale di ricarico prescinde del tutto dalla circostanza che la contabilità dell’imprenditore risulti formalmente regolare”.
Il ricorso dell’imprenditore, pertanto, è stato accolto in relazione a tale motivo, con cassazione con rinvio della sentenza impugnata in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
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