Accertamento bancario: onere in capo al contribuente nel rispetto del principio di “vicinanza della prova”

Emiliano Marvulli - Imposte

Se l'accertamento delle imposte sui redditi effettuato dall'ufficio finanziario si fonda su verifiche di conti correnti bancari spetta al contribuente dimostrare che gli elementi non si riferiscono a operazioni imponibili. Deve essere fornita una prova analitica, con indicazione specifica per ciascun versamento bancario

Accertamento bancario: onere in capo al contribuente nel rispetto del principio di “vicinanza della prova”

In tema di accertamento delle imposte sui redditi, qualora l’accertamento effettuato dall’ufficio finanziario si fondi su verifiche di conti correnti bancari, l’onere probatorio dell’Amministrazione è soddisfatto attraverso i dati e gli elementi risultanti dai conti predetti.

Spetta al contribuente dimostrare che gli elementi desumibili dalla movimentazione bancaria non sono riferibili ad operazioni imponibili, fornendo, a tal fine, una prova non generica, ma analitica, con indicazione specifica della riferibilità di ogni versamento bancario, in modo da dimostrare come ciascuna delle operazioni effettuate sia estranea a fatti imponibili.

L’onere probatorio in capo al contribuente deriva, oltre che dal regime legale di cui all’art. 32 del DPR 600/1973, dal rispetto del principio di “vicinanza della prova”, che attiene alla possibilità di conoscere, in via diretta o indiretta, i fatti materiali e storici che stanno alla base della loro evidenziazione probatoria.

Questi i principi contenuti nell’Ordinanza n. 26014 depositata il 4 ottobre 2024.

Accertamento bancario: i chiarimenti della sentenza sull’onere in capo al contribuente

Il giudizio verte sul ricorso proposto da un contribuente avverso un avviso di accertamento con cui, all’esito di una verifica fiscale, l’Agenzia delle entrate contestava maggiori redditi indebitamente sottratti a tassazione e rilevati attraverso prelevamenti e versamenti compiuti su di un proprio conto corrente.

La CTP accoglieva parzialmente il ricorso, ritenendo dimostrata l’origine di una parte dei versamenti in conto, derivanti da una vendita immobiliare. La CTR ha invece accolto l’appello proposto dall’Agenzia delle entrate.

Avverso tale sentenza proponeva ricorso per cassazione il contribuente, lamentando violazione dell’art. 32, primo comma, d.P.R. n. 600 del 1973.

Nelle more del giudizio l’Agenzia delle entrate provvedeva in autotutela ad annullare parzialmente l’originario avviso di accertamento, espungendo il maggior reddito imponibile relativo ai prelevamenti.

Il giudizio veniva riassunto avanti alla CTR, che ha rigettato l’appello originariamente proposto dall’Ufficio ed accolto quello incidentale del contribuente, annullando l’avviso di accertamento con compensazione delle spese di lite.

L’Agenzia delle Entrate ha quindi proposto ricorso avverso detta sentenza perché la decisione impugnata avrebbe violato le disposizioni contenute nell’art. 32 del DPR 600/1973 e risulterebbe illegittima laddove ha ritenuto privo di motivazione l’avviso di accertamento, procedendo altresì ad un non corretto bilanciamento dell’onere della prova e della presunzione di legge legata all’art. 32, a fronte della quale era onere del contribuente dimostrare in modo analitico che le movimentazioni bancarie (oggi limitate ai soli versamenti) non erano riconducibili ad operazioni imponibili.

La Corte di cassazione ha dichiarato fondato il motivo di doglianza dell’Amministrazione finanziaria e ha cassato con rinvio la sentenza impugnata.
Nel caso di specie l’avviso di accertamento impugnato contiene esattamente l’indicazione del conto corrente oggetto di verifica, come pure l’entità complessiva dei versamenti su di esso compiuti dal contribuente per l’anno di imposta 2005, risultando perciò ben possibile per il titolare del conto offrire prova dei rapporti causali sottostanti tali versamenti, in modo da giustificare - in tesi - gli stessi ed evitare la maggiore imposta e sanzioni contestate dall’ufficio finanziario.

A tal punto la Corte di cassazione rileva che l’art. 32 del DPR 600/1973 è oggetto di una ormai consolidata interpretazione secondo cui, in tema d’imposte sui redditi, la presunzione legale (relativa) della disponibilità di maggior reddito, desumibile dalle risultanze dei conti bancari, giusta l’art. 32, comma 1, n. 2, del DPR n. 600 del 1973, non è riferibile ai soli titolari di reddito di impresa o da lavoro autonomo, ma si estende alla generalità dei contribuenti, come si ricava dal successivo art. 38, riguardante l’accertamento del reddito complessivo delle persone fisiche, che rinvia allo stesso art. 32, comma 1, n. 2.

Tuttavia, all’esito della sentenza della Corte cost. n. 228 del 2014, le operazioni bancarie di prelevamento hanno valore presuntivo nei confronti dei soli titolari di reddito di impresa, mentre quelle di versamento nei confronti di tutti i contribuenti, i quali possono contrastarne l’efficacia dimostrando che le stesse sono già incluse nel reddito soggetto ad imposta o sono irrilevanti.

A fronte di tale ambito applicativo, parimenti consolidata è l’affermazione, cui il collegio ha inteso dare continuità con la sentenza in esame, per cui in tema di accertamento delle imposte sui redditi, qualora l’accertamento effettuato dall’ufficio finanziario si fondi su verifiche di conti correnti bancari, l’onere probatorio dell’Amministrazione è soddisfatto, secondo l’art. 32 del DPR n. 600 del 1973, attraverso i dati e gli elementi risultanti dai conti predetti, mentre si determina un’inversione dell’onere della prova a carico del contribuente, il quale deve dimostrare che gli elementi desumibili dalla movimentazione bancaria non sono riferibili ad operazioni imponibili, fornendo, a tal fine, una prova non generica, ma analitica, con indicazione specifica della riferibilità di ogni versamento bancario, in modo da dimostrare come ciascuna delle operazioni effettuate sia estranea a fatti imponibili.

La decisione impugnata non si è attenuta a tali principi, finendo così per addossare l’onere probatorio a carico dell’ufficio finanziario piuttosto che sul contribuente.

La Corte di cassazione ha inoltre osservato che l’onere di dare specifica giustificazione delle movimentazioni bancarie oggetto di contestazione spettante al contribuente - al fine di dimostrare che le stesse non derivano da operazioni imponibili - deriva, oltre che dal regime legale di cui sopra, al rispetto del principio di “vicinanza della prova”, criterio per cui l’onere della prova deve essere ripartito tenuto conto, in concreto, della possibilità per l’uno o per l’altro soggetto di provare fatti e circostanze che ricadono nelle rispettive sfere di azione, che attiene alla possibilità di conoscere, in via diretta o indiretta, i fatti materiali e storici che stanno alla base della loro evidenziazione probatoria.

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