Accertamento analitico induttivo legittimo a prescindere dalle risultanze degli studi di settore, in caso di gravi incongruenze tra ricavi dichiarati e quelli desumibili dalle condizioni di esercizio dell'attività svolta. La sentenza della Cassazione n. 16840 dell'7 agosto 2020.
L’accertamento analitico-induttivo può essere condotto sulla base del riscontro di gravi incongruenze tra i ricavi dichiarati e quelli fondatamente desumibili dalle caratteristiche e dalle condizioni di esercizio della specifica attività svolta, a prescindere dalle risultanze degli specifici studi di settore e della conformità alle stesse dei ricavi aziendali dichiarati.
Così ha deciso la Corte di Cassazione con la Sentenza n. 16840/2020.
- Corte di Cassazione - sentenza n. 16840 del 7 agosto 2020
- Accertamento induttivo legittimo a prescindere degli studi di settore
La sentenza - La vicenda prende le mosse dal ricorso avverso un avviso di accertamento ai fini delle imposte dirette emesso dall’Agenzia delle entrate nei confronti di una società, a cui era stata riscontrata una percentuale di redditività estremamente esigua, non in linea con lo studio di settore di riferimento.
Il giudizio, dopo il rigetto del ricorso da parte della CTP, è giunto in dinanzi alla CTR, i cui giudici hanno confermato la sentenza di prime cure osservando che, a prescindere dagli studi di settore, la redditività dell’impresa dovesse essere desunta dal bilancio della società, senza che per determinarne l’entità potesse rilevare l’erogazione dei compensi corrisposti ai soci per asserite prestazioni d’opera.
Avverso la succitata sentenza della CTR la società ha proposto ricorso per cassazione, lamentando violazione degli artt. 62 sexies del d.l. n. 331/1993 e 39, primo comma, lett. d) del d.P.R. n. 600/1973, nella parte in cui la decisione ha confermato la legittimità dell’accertamento esclusivamente in base alle risultanze dello studio di settore, aventi mero rilievo statistico e non precedute dal necessario contraddittorio.
La Corte di cassazione ha ritenuto infondato il motivo di doglianza e ha rigettato il ricorso, perché basato sull’erroneo presupposto per cui l’accertamento impugnato sarebbe stato basato unicamente sulle risultanze dello studio di settore.
Invece, trattandosi di accertamento analitico - induttivo, poteva essere legittimamene basato sulle gravi incongruenze tra i ricavi dichiarati e quelli fondatamente desumibili dalle caratteristiche e dalle condizioni di esercizio dell’attività svolta, pur in presenza di scritture contabili formalmente regolari.
La Corte di cassazione ha infatti ribadito che gli studi di settore costituiscono solo uno degli strumenti utilizzabili dall’Amministrazione finanziaria per accertare in via induttiva, pur in presenza di una contabilità formalmente regolare seppur intrinsecamente inattendibile, il reddito reale del contribuente.
L’accertamento analitico-induttivo può essere condotto anche sulla base del
“riscontro di gravi incongruenze tra i ricavi, i compensi ed i corrispettivi dichiarati e quelli fondatamente desumibili dalle caratteristiche e dalle condizioni di esercizio della specifica attività svolta, a prescindere, quindi, dalle risultanze degli specifici studi di settore e della conformità alle stesse dei ricavi aziendali dichiarati.”
Nel caso di specie la CTR ha correttamente ritenuto che i compensi corrisposti ai soci per asserite prestazioni lavorative dovessero essere esclusi dal calcolo della redditività dell’impresa medesima, sebbene contabilizzate nel conto economico tra i costi, rappresentando gravi incongruenze gestionali tali da legittimare l’accertamento analitico-induttivo.
Da ciò consegue il rigetto del ricorso.
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