Titolare effettivo, pubblicate le FAQ di MEF, Banca d'Italia e UIF. Diversi i chiarimenti in merito ai soggetti obbligati alla comunicazione, tra cui le chiese, e i criteri per l'individuazione dei dati da trasmettere al Registro delle Imprese. Scadenza ormai in arrivo
Titolare effettivo, pubblicate le FAQ di MEF, Banca d’Italia e UIF.
Con l’avvicinarsi della prima scadenza per la comunicazione dei dati al Registro delle Imprese, fissata all’11 dicembre 2023, le istruzioni operative tentano di fare chiarezza sia sui soggetti obbligati alla trasmissione, tra i quali rientrano anche le chiese, che sul fronte dei criteri per l’individuazione del titolare effettivo.
Nelle FAQ messe a punto dal Ministero dell’Economia, dalla Banca d’Italia e dell’Unità di Informazione Finanziaria viene inoltre specificato quando la comunicazione del titolare effettivo è obbligatoria per le imprese: la scadenza dell’11 dicembre interesserà quelle dotate di personalità giuridica tenute all’iscrizione al Registro delle Imprese, mentre ne restano escluse società di persone e imprese individuali.
Titolare effettivo: le FAQ di MEF, Banca d’Italia e UIF
La comunicazione del titolare effettivo è in scadenza l’11 dicembre 2023 e sulla base degli ultimi dati a disposizione sono ancora pochi i soggetti obbligati che hanno adempiuto alla trasmissione dei dati al Registro delle Imprese.
L’adempimento è tutt’altro che semplice, soprattutto sul fronte dell’individuazione del o dei soggetti ai quali è attribuita la titolarità effettiva.
La pubblicazione delle FAQ del MEF, della Banca d’Italia e della UIF rappresenta quindi un tassello importante per completare le istruzioni per la trasmissione dei dati.
Riportiamo quindi di seguito le risposte pubblicate il 20 novembre.
Come va identificato il titolare effettivo nell’ipotesi in cui il cliente sia una Pubblica Amministrazione?
Ai fini dell’individuazione del titolare effettivo nelle Pubbliche Amministrazioni, come definite dall’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, trova applicazione il criterio residuale di cui all’articolo 20, comma 5, del d.lgs. 21 novembre 2007, n. 231, in base al quale esso coincide con il soggetto dotato di poteri di rappresentanza legale, amministrazione o direzione dell’ente pubblico. Ne deriva che l’individuazione in concreto del titolare effettivo nelle Pubbliche Amministrazioni è effettuata sulla base della verifica degli assetti organizzativi o statutari dell’ente.
Qual è il criterio per individuare il titolare effettivo di cui al d.lgs. 21 novembre 2007, n. 231 nell’ambito di rapporti o operazioni riferibili a procedure esecutive o concorsuali?
Ai sensi dell’articolo 1, comma 2, lett. pp), del d.lgs. 21 novembre 2007, n. 231, titolare effettivo è “la persona fisica o le persone fisiche, diverse dal cliente, nell’interesse della quale o delle quali, in ultima istanza, il rapporto continuativo è istaurato, la prestazione professionale è resa o l’operazione è eseguita”. Stante, quindi, l’esigenza, per finalità antiriciclaggio, di risalire al soggetto per conto del quale l’operatività è svolta, la titolarità effettiva in tali fattispecie è da individuarsi con riguardo al soggetto sottoposto alla procedura esecutiva o concorsuale, quale “ultimate beneficial owner”, ossia quale soggetto nei confronti del quale, realizzandosi i presupposti di legge, l’ordinamento prevede lo svolgimento della procedura stessa. Nel caso in cui tale soggetto sia diverso da una persona fisica, troveranno applicazione i criteri di cui all’articolo 20 del d.lgs. 231/2007, prendendo a riferimento l’assetto proprietario al momento dell’avvio della procedura esecutiva o concorsuale.
Nell’ambito delle procedure esecutive o concorsuali, ai fini dell’adeguata verifica della clientela, come va qualificato il soggetto incaricato dall’Autorità Giudiziaria dell’apertura del rapporto e autorizzato a operarvi per la procedura (es., professionista delegato in caso di procedura esecutiva immobiliare ex art. 591-bis c.p.c., curatore fallimentare, etc.)?
Il soggetto incaricato dall’Autorità Giudiziaria all’apertura del rapporto e autorizzato a operarvi per la procedura, quale mero ausiliario del Giudice (es., professionista delegato in caso di procedura esecutiva immobiliare ex art. 591-bis c.p.c., curatore fallimentare ovvero commissario liquidatore, etc.), deve essere identificato come “esecutore”, ai sensi dell’articolo 1, comma 2, lett. p), del d.lgs. 21 novembre 2007, n. 231 ovverosia come “il soggetto delegato ad operare in nome e per conto del cliente o a cui siano comunque conferiti poteri di rappresentanza che gli consentano di operare in nome e per conto del cliente”.
Ai fini dell’individuazione del titolare/i effettivo/i degli enti ecclesiastici, quale criterio trova applicazione?
Gli enti ecclesiastici civilmente riconosciuti ai sensi della legge 20 maggio 1985, n. 222 sono tenuti all’iscrizione nel registro delle persone giuridiche tenuto dalla prefettura del luogo in cui hanno sede (D.P.R. 10 febbraio 2000, n. 361). Trova, pertanto, applicazione per tali enti l’articolo 20, comma 4, del d.lgs. 21 novembre 2007, n. 231, ai sensi del quale devono ritenersi titolari effettivi cumulativamente: a) i fondatori, ove in vita; b) i beneficiari, quando individuati o facilmente individuabili; c) i titolari di poteri di rappresentanza legale, direzione e amministrazione.
Nel caso, invece, di enti ecclesiastici non civilmente riconosciuti trova applicazione il criterio residuale di cui al comma 5 dello stesso articolo 20, secondo cui “il titolare effettivo coincide con la persona fisica o le persone fisiche titolari, conformemente ai rispettivi assetti organizzativi o statutari, di poteri di rappresentanza legale, amministrazione o direzione”.
Gli enti ecclesiastici sono soggetti all’obbligo di comunicazione delle informazioni relative alla titolarità effettiva al Registro delle imprese ai sensi dell’articolo 21 del d.lgs. 21 novembre 2007, n. 231 e del decreto interministeriale 11 marzo 2022, n. 55?
Gli enti ecclesiastici civilmente riconosciuti in quanto enti tenuti all’iscrizione nel registro delle persone giuridiche private di cui al D.P.R. 10 febbraio 2000, n. 361 soggiacciono all’obbligo di comunicazione dei dati e delle informazioni relative alla titolarità effettiva al Registro delle imprese, ai sensi dell’articolo 21, comma 1, del d.lgs. 21 novembre 2007, n. 231, e alla disciplina dettata dal decreto interministeriale 11 marzo 2022, n. 55.
Per gli enti ecclesiastici non civilmente riconosciuti il suddetto obbligo di comunicazione e la disciplina di cui al decreto interministeriale 11 marzo 2022, n. 55 non trovano applicazione.
Ai fini dell’individuazione del titolare effettivo di società di capitali, vi è un ordine di successione nell’applicazione dei criteri della proprietà e del controllo di cui all’articolo 20, commi 2 e 3, del d.lgs. 21 novembre 2007, n. 231?
Ai fini dell’individuazione del titolare effettivo di una società di capitali, il c.d. criterio della proprietà e il c.d. criterio del controllo di cui ai commi 2 e 3 dell’art. 20 del d.lgs. 21 novembre 2007, n. 231 trovano applicazione secondo l’ordine indicato dalla norma.
Nell’ipotesi in cui vi sia una situazione di proprietà rilevante (diretta o indiretta) da parte di una o più persone fisiche, la stessa o le stesse sono da qualificarsi come titolare effettivo (comma 2). Al c.d. criterio del controllo si farà ricorso soltanto in via subordinata, “nelle ipotesi in cui l’esame dell’assetto proprietario non consenta di individuare in maniera univoca la persona fisica o le persone fisiche cui è attribuibile la proprietà diretta o indiretta dell’ente […]” (comma 3).
Nell’ipotesi in cui l’applicazione di entrambi i precedenti criteri non abbia consentito di identificare il titolare effettivo, si applica il c.d. criterio residuale di cui al comma 5 del medesimo articolo 20, secondo cui il titolare effettivo “coincide con la persona fisica o le persone fisiche titolari, conformemente ai rispettivi assetti organizzativi o statutari, di poteri di rappresentanza legale, amministrazione o direzione della società o del cliente comunque diverso dalla persona fisica”.
In ogni caso, nell’individuazione del titolare effettivo, i soggetti obbligati tengono conto di ogni informazione a loro disposizione per individuare la persona fisica nell’interesse della quale è effettivamente instaurato il rapporto o eseguita l’operazione.
Come va individuato il titolare effettivo in caso di proprietà indiretta se nella catena partecipativa risultino società controllate?
L’articolo 20, comma 2, del d.lgs. 21 novembre 2007, n. 231, ai fini della individuazione della titolarità effettiva per le società di capitali, indica la soglia di una partecipazione del 25 per cento del capitale sociale, sopra la quale un socio è considerato titolare effettivo della società stessa. Tale soglia rileva sia in caso di proprietà diretta (ossia, partecipazione detenuta direttamente da una persona fisica) che indiretta (ossia, partecipazione detenuta indirettamente per il tramite di società controllate, società fiduciarie o per interposta persona).
Per l’ipotesi di proprietà indiretta, per il tramite di società controllate, la soglia del 25 per cento +1 va considerata esclusivamente in relazione al capitale della società cliente, al quale si fa espressamente riferimento, risalendo poi la catena partecipativa per individuare la persona fisica o le persone fisiche che esercitano il controllo ai sensi dell’art. 2359, comma 1, c.c.
Nel caso in cui la società cliente sia una società controllata e al vertice della catena partecipativa si trovi un ente o una società la cui proprietà o il cui controllo non siano riferibili a una o più persone fisiche (ad esempio, una società ad azionariato diffuso o una cooperativa), vanno identificati come titolari effettivi i soggetti con poteri di rappresentanza legale, amministrazione o direzione della società posta al vertice della catena partecipativa o della società cliente?
Nelle ipotesi in cui i criteri della proprietà e del controllo di cui all’articolo 20, commi 2 e 3, del d.lgs. 21 novembre 2007, n. 231 non consentano di individuare univocamente il titolare effettivo di una società posta al vertice di una catena partecipativa, occorre individuare come titolare effettivo, ai sensi del comma 5 del medesimo articolo 20, la persona fisica o le persone fisiche alle quali spettano poteri di rappresentanza legale, amministrazione o direzione della società cliente.
Qualora trovi applicazione in via residuale il criterio di cui all’articolo 20, comma 5, del d.lgs. 21 novembre 2007, n. 231, le persone fisiche alle quali spettino i poteri ivi previsti devono essere considerate titolari effettivi in ogni caso in forma cumulativa oppure si individua come titolare effettivo solo una o più di queste figure?
In applicazione del criterio residuale di cui all’articolo 20, comma 5, del d.lgs. 21 novembre 2007, n. 231, il titolare effettivo va individuato nella figura del soggetto titolare di poteri di rappresentanza legale, amministrazione o direzione quali, esemplificativamente, il rappresentante legale, gli amministratori esecutivi o i direttori generali della società o del cliente comunque diverso dalla persona fisica, non necessariamente in forma cumulativa, ma individuando la persona fisica o le persone fisiche alle quali spetti in concreto il potere generale di gestione della società cliente e il potere di vincolare la stessa verso l’esterno. Questa operazione comporta una verifica concreta dello specifico assetto organizzativo di ciascun ente.
I soggetti obbligati sono tenuti a procedere all’identificazione del titolare effettivo delle fondazioni bancarie clienti? Ai fini dell’individuazione del/i titolare/i effettivo/i delle fondazioni bancarie qual è il criterio applicabile?
I soggetti obbligati sono tenuti, nell’adempimento dei propri obblighi di adeguata verifica, a identificare il titolare effettivo delle fondazioni bancarie. L’articolo 20 del d.lgs. 21 novembre 2007, n. 231 ha portata generale e detta, infatti, “Criteri per la determinazione della titolarità effettiva di clienti diversi dalle persone fisiche” e quindi anche di associazioni non riconosciute, fondazioni bancarie, ecc.
Al fine di individuare il titolare effettivo delle fondazioni bancarie, trova applicazione il criterio residuale di cui all’articolo 20, comma 5, del d.lgs. 21 novembre 2007, n. 231, non potendo trovare applicazione i commi 2 e 3, utili per l’individuazione del titolare effettivo di società di capitali, né il comma 4, che si riferisce testualmente alle “persone giuridiche private tenute all’iscrizione nel Registro delle persone giuridiche private di cui al d.P.R. 361/2000”.
Pertanto, in tale ipotesi, la figura del titolare effettivo deve essere individuata in capo a chi, in base alle disposizioni statutarie o agli assetti organizzativi, detiene i poteri di rappresentanza legale, amministrazione o direzione della fondazione bancaria.
Come va identificato il titolare effettivo nell’ipotesi di usufrutto o pegno su quote o partecipazioni sociali?
Tenuto conto che, ai fini dell’identificazione del titolare effettivo, occorre individuare la persona fisica (o le persone fisiche) beneficiaria sostanziale del rapporto o dell’operazione, in caso di usufrutto o pegno su quote o partecipazioni sociali, si considerano titolari effettivi rispettivamente l’usufruttuario e il creditore pignoratizio, quali soggetti legittimati a esercitare i principali diritti sociali connessi alla quota o alla partecipazione, quali il diritto agli utili e, salvo convenzione contraria, il diritto di voto in assemblea.
Nel caso in cui, invece, il diritto di voto spetti al nudo proprietario, sono da identificare come titolari effettivi tanto il nudo proprietario quanto l’usufruttuario e il creditore pignoratizio, in quanto entrambi sono beneficiari sostanziali dell’operazione, posto che le principali posizioni attive derivanti dalla partecipazione sociale spettano tanto al nudo proprietario (il voto) quanto all’usufruttuario e al creditore pignoratizio (l’utile).
A quali imprese si applicano gli obblighi di comunicazione dei dati e delle informazioni sulla propria titolarità effettiva ai sensi dell’articolo 21, comma 1, del d.lgs. 21 novembre 2007, n. 231?
Le imprese tenute agli obblighi di comunicazione dei dati e delle informazioni sulla propria titolarità effettiva ai sensi dell’articolo 21, comma 1, del d.lgs. 21 novembre 2007, n. 231, sono le imprese dotate di personalità giuridica tenute all’iscrizione nel Registro delle imprese (società per azioni, società a responsabilità limitata, società a responsabilità limitata semplificata, società in accomandita per azioni, società cooperative, società consortili per azioni, in accomandita per azioni o a responsabilità limitata). I suddetti obblighi di comunicazione non si applicano, pertanto, a titolo esemplificativo, alle società di persone e alle imprese individuali.
In caso di difformità tra i dati sulla titolarità effettiva acquisiti dal soggetto obbligato in sede di adeguata verifica della clientela e quanto riscontrato dal soggetto obbligato nel Registro dei titolari effettivi, il soggetto obbligato deve allinearsi a quanto dichiarato dal cliente al Registro ovvero mantenere l’informazione ottenuta in sede di adeguata verifica?
In caso di difformità tra i dati sulla titolarità effettiva del cliente, acquisiti in sede di adeguata verifica, e quelli presenti nel Registro dei titolari effettivi, il soggetto obbligato deve attenersi, salvo l’obbligo di segnalazione di cui all’articolo 6 del decreto interministeriale 11 marzo 2022, n. 55, agli esiti delle proprie verifiche.
Ai sensi dell’articolo 21, comma 7, del d.lgs. 21 novembre 2007, n. 231, la consultazione del Registro dei titolari effettivi è configurata come strumento a supporto, e non sostitutivo, degli adempimenti di adeguata verifica e non esonera i soggetti obbligati dal valutare il rischio di riciclaggio e finanziamento del terrorismo cui sono esposti nell’esercizio della loro attività e dall’adottare misure adeguate al rischio medesimo. Resta fermo il principio secondo cui il soggetto obbligato, ai fini della individuazione del titolare effettivo, tiene conto di tutte le informazioni in proprio possesso, comunque acquisite, effettuando tutti gli approfondimenti e le ulteriori verifiche ritenute necessarie per l’identificazione del titolare effettivo.
La segnalazione effettuata da un soggetto obbligato di difformità tra le informazioni ottenute dal Registro dei titolari effettivi e quelle acquisite in sede di adeguata verifica è rilevante ai fini dell’applicazione dell’obbligo di eventuale segnalazione ex articolo 35 e dell’obbligo di astensione ex articolo 42 del d.lgs. 21 novembre 2007, n. 231?
L’articolo 35, comma 1, del d.lgs. 21 novembre 2007, n. 231 prevede l’obbligo di segnalazione di operazioni sospette a carico dei soggetti obbligati qualora questi ultimi “sanno, sospettano o hanno motivi ragionevoli per sospettare che siano in corso o che siano state compiute o tentate operazioni di riciclaggio o di finanziamento del terrorismo o che comunque i fondi, indipendentemente dalla loro entità, provengano da attività criminosa. Il sospetto è desunto dalle caratteristiche, dall’entità, dalla natura delle operazioni, dal loro collegamento o frazionamento o da qualsivoglia altra circostanza conosciuta, in ragione delle funzioni esercitate, tenuto conto anche della capacità economica e dell’attività svolta dal soggetto cui è riferita”. Ne deriva che la mera difformità tra le informazioni sulla titolarità effettiva ottenute dal Registro dei titolari effettivi e quelle acquisite dal soggetto obbligato in sede di adeguata verifica della clientela non è di per sé motivo sufficiente per la segnalazione ex articolo 35 del d.lgs. 21 novembre 2007, n. 231. Come chiarito dalla UIF nel Provvedimento del 12 maggio 2023, recante gli indicatori di anomalia, le operatività sono individuate come sospette solo in presenza di circostanze soggettive e oggettive, che il destinatario è tenuto a descrivere nella segnalazione unitamente alle valutazioni compiute.
Analogamente, la predetta difformità non rileva di per sé ai fini dell’applicazione dell’obbligo di astensione ex articolo 42 del d.lgs. 21 novembre 2007, n. 231, che si applica nella sola ipotesi in cui i soggetti obbligati si trovano nell’impossibilità oggettiva di effettuare l’adeguata verifica della clientela, ai sensi dell’articolo 19, comma 1, lettere a), b) e c), del d.lgs. 21 novembre 2007, n. 231.
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