Cosa sono i patti parasociali e perché possono rivestire un ruolo fondamentale nella vita delle società commerciali
I patti parasociali sono degli accordi che si possono stipulare, al momento della costituzione della società, o anche nel corso della sua vita, tra tutti i soci, tra alcuni, o tra gruppi di essi, e servono a regolare il comportamento da tenere nell’ambito delle vicende sociali.
Troviamo la codifica dei patti nell’art. 2341 bis del codice civile, articolo introdotto dal comma 1 dell’articolo 1 del D.lgs n. 6 del 17 gennaio 2003, tale codifica non ha valenza retroattiva ed è limitata ad alcuni aspetti.
L’intenzione del legislatore a quanto si legge nella relazione al decreto, era quella di sancire una continuità con le norme introdotte dal T.U.I.F. per le società quotate (art. 122 e 123).
Il principale elemento qualificante dei suddetti accordi, è quello di assicurare un’organizzazione alla proprietà sociale, o una gestione comune della società, tuttavia il legislatore non si è preoccupato di prevedere espressamente le condizioni di validità dei patti, ma ha individuato le caratteristiche e le finalità, prevedendo alcune limitazioni con la conseguenza che per analizzare tali accordi si dovrà procedere caso per caso, alla luce dei principi generali dell’ordinamento.
I patti parasociali, pur vincolando esclusivamente le parti contraenti, e pur non potendo incidere direttamente sull’attività sociale, sono sicuramente illegittimi quando il contenuto dell’accordo si pone in contrasto a norme imperative o consente l’elusione di norme o principi generali inderogabili.
In linea di massima, non sono previsti requisiti di forma, quindi si possono concludere anche oralmente o per fatti concludenti, la relativa prova può essere fornita anche per presunzioni.
Nella prassi vi sono diverse varietà di patti parasociali, abbiamo ad esempio i patti “collaterali”, che vanno a predeterminare le modalità dell’azione dei soci all’interno della società con ulteriori e diversi vincoli rispetto a quelli già assunti direttamente nei confronti della società stessa ma con questa non confliggenti.
Vi sono anche i patti “complementari”, che si caratterizzano per la previsione dell’obbligo di effettuare prestazioni alla società aggiuntive rispetto a quelle già previste dal contratto sociale.
Si deve tener presente che se un patto parasociale stipulato tra tutti i soci prevede una pattuizione in contrasto con lo statuto sociale, si ritiene che i soci si siano impegnati, con tale pattuizione, a modificare lo statuto sociale in conformità al suddetto accordo.
L’efficacia dei patti parasociali
I patti parasociali vengono generalmente inquadrati nell’ambito dei contratti atipici, la cui disciplina è condizionata dal collegamento funzionale con il contratto sociale, nel senso che le vicende di quest’ultimo possono influire sugli effetti e sull’esecuzione del patto.
I patti parasociali, vincolano solo i sottoscrittori e non sono opponibili né ai soci non sottoscrittori, né alla società (a meno che questa non vi partecipi), né ai terzi che non li hanno sottoscritti.
La distinzione tra patti sociali e patti parasociali deve ravvisarsi, secondo la giurisprudenza, nel fatto che nella pattuizione parasociale il vincolo obbligatorio risulta efficace tra due o più soci, o fra un socio ed un organo sociale, restando estranea la società, nel patto sociale invece il vincolo estende la propria efficacia ai rapporti fra i soci e la società.
Il patto parasociale in forza del quale taluni soci si obbligano ad eseguire prestazioni a beneficio della società costituisce un contratto in favore del terzo.
Il socio che partecipa al patto conserva il diritto di partecipare liberamente alla formazione della volontà sociale, disattendendo eventualmente il patto parasociale, salva l’assunzione delle conseguenze dell’inadempimento sotto il profilo della responsabilità risarcitoria in capo al socio inadempiente e la sua espulsione dal patto (nei patti parasociali sono frequentemente inserite clausole penali riferite a tale ipotesi).
L’eventuale compimento di atti in violazione dei patti, non invalida gli stessi atti nei confronti della società.
Nei patti parasociali sono frequentemente inserite le clausole di continuazione, con cui le parti riferiscono i propri impegni anche ad eventuali loro aventi causa, e si assumono l’impegno di procurare il subentro di costoro nel patto.
Nei sindacati di voto a maggioranza non viene ritenuta ammissibile un’azione che imponga al socio aderente l’osservanza della decisione di voto assunta a maggioranza, sia nelle forme della tutela cautelare, sia nelle forme dell’esecuzione in forma specifica.
Patti parasociali: principali tipologie
I patti presi in considerazione dall’art. 2341 bis c.c. sono quelli che, al fine di stabilizzare gli assetti proprietari o il governo della società,
- hanno per oggetto l’esercizio del diritto di voto (sindacati di voto);
- pongono limiti al trasferimento delle azioni (sindacati di blocco), nelle società per azioni o nelle società che le controllano;
- hanno per oggetto o per effetto l’esercizio anche congiunto di un’influenza dominante su tali società.
Tali patti assumono rilevanza indipendentemente dai soggetti che li hanno stipulati e quindi sia quando siano intervenuti solo fra soci, sia quando siano stati conclusi fra soci e terzi.
Nell’ambito dei sindacati di voto:
- è possibile obbligarsi a concordare il voto prima di ogni assemblea;
- è possibile conformarsi a quanto viene stabilito dalla maggioranza del patto;
- è possibile obbligarsi a rilasciare procura ad un aderente a patto o ad un terzo per votare in un certo modo.
È nullo il patto parasociale con cui i soci si impegnano a votare in assemblea l’approvazione del bilancio di esercizio indipendentemente dalla valutazione dell’efficacia informativa del bilancio stesso.
Patti parasociali: limiti al trasferimento di azioni e partecipazioni
La lettera b dell’articolo 2341-bis, riguarda i patti che pongono limiti al trasferimento delle azioni o delle partecipazioni in società per azioni, o in società che le controllano.
Vi entrano i patti che:
- escludono del tutto la trasferibilità delle partecipazioni;
- prevedono limiti di carattere temporale o procedimentale o condizionati;
- vietano la costituzione di vincoli sulle azioni, quali l’usufrutto e il pegno;
- prevedono specifiche forme e procedure di gradi mento o di prelazione.
La validità dei patti che limitano il trasferimento delle azioni attraverso clausole di mero gradimento è subordinata al riconoscimento del diritto di far acquistare dagli altri partecipanti al patto, le azioni poste in vendita dal socio aderente all’accordo, o di recedere dalla società nel caso di rifiuto del gradimento stesso.
Rientrano nel campo di applicazione della norma anche i patti di covendita con i quali ognuno dei partecipanti si obbliga a non vendere a terzi isolatamente, ma solo quando il terzo sia disposto ad acquistare tutte le partecipazioni sindacate, oppure che danno diritto di vendere, oltre alle proprie partecipazioni anche quelle di uno o più aderenti al patto.
Nel caso di patti parasociali con opzione di acquisto sarà necessario valutare l’eventuale ricorrenza di un patto commissorio occulto, come tale nullo ex art 2477.
Un altro tipo di patto parasociale consiste nell’accordo fra soci volto a riconoscere ad uno di essi un diritto di partecipazione agli utili ed alle perdite non proporzionale al valore della quota di capitale posseduta.
Patti parasociali: influenza dominante
Il patto che ha per oggetto l’esercizio di un’influenza dominante è quello in cui più soggetti acquistano di concerto partecipazioni azionarie in una stessa società, che singolarmente non consentirebbero agli aderenti di esercitare alcun controllo (neanche di fatto), ma che congiuntamente permettono di esercitare un’influenza dominante.
Il patto ha sempre per effetto l’esercizio di un’influenza dominante quando ad esempio, consente di esercitare pressioni sugli amministratori affinché tengano determinati comportamenti, o regolamenti il diritto di voto per raggiungere tale risultato.
La previsione di cui alla lett. c) dell’art. 2341 bis c.c. configura una sorta di clausola generale che ricomprende tutti i patti che, pur non costituendo un sindacato di voto, attribuiscono ad un soggetto un’influenza dominante.
La norma si applica anche quando il patto stipulato in relazione alla società controllante abbia la funzione di stabilizzare indirettamente gli assetti proprietari o il governo di una società per azioni controllata da quella a cui si riferisce il patto parasociale.
La norma in esame non si applica agli accordi cosiddetti di joint venture e cioè ai patti strumentali ad accordi di collaborazione nella produzione o nello scambio di beni o servizi relativi a società interamente possedute dai partecipanti all’accordo.
Si tratta di patti che, pur interferendo nel funzionamento della società non rilevano ai fini della formazione della volontà assembleare ed hanno la finalità di agevolare l’attività produttiva della società.
Sono invece non validi i cd sindacati di gestione, con i quali gli amministratori ed i membri del consiglio di sorveglianza si obbligano ad attuare le decisioni assunte nell’ambito dei patti. Questi contrastano con la regola dell’esclusiva competenza degli amministratori nella gestione della società di cui all’art. 2380 bis c.c.
Durata dei patti parasociali
I patti parasociali possono essere a tempo determinato, e in questo caso non possono avere durata superiore cinque anni; si intendono stipulati per questa durata anche se le parti hanno previsto un termine più lungo.
La durata massima stabilita dalla norma, serve per assicurare nelle società aperte una più frequente modificabilità degli assetti di controllo o di gestione comune rappresentati dai patti parasociali, per garantire la maggiore contendibilità delle stesse.
È previsto il rinnovo dei patti alla scadenza, ma viene generalmente ritenuta in contrasto con il dettato legislativo l’apposizione di clausole di rinnovo tacito od automatico. Se le parti continuano ad eseguire il patto successivamente alla scadenza del termine, lo stesso si converte in contratto a tempo indeterminato.
Sono legittimi anche i patti a tempo indeterminato facendo salva la facoltà di ciascun partecipante di recedere con un preavviso di 180 giorni.
Non essendo previste forme relative al recesso la medesima dichiarazione rappresenta un atto recettizio a forma libera (anche se è discussa la validità di un recesso a forma tacita), e di conseguenza si deve considerare nullo ogni patto che renda gravoso l’esercizio del diritto di recesso.
Il recesso può anche comportare lo scioglimento dei patti se lo stesso è stato stipulato tra due soci, negli altri casi si verifica solo la riduzione del numero dei contraenti.
Relativamente ai patti stipulati per tutta la durata della società, se per la stessa è stato fissato un termine la durata del patto dovrà intendersi ridotta a cinque anni. Se invece, la società è stata costituita a tempo indeterminato, anche il patto parasociale deve considerarsi a tempo indeterminato. Per i patti stipulati per tutta la vita di uno dei partecipanti all’accordo, se il partecipante è una persona fisica, l’accordo deve considerarsi a tempo indeterminato.
Articolo originale pubblicato su Informazione Fiscale qui: Patti parasociali: definizione, tipologie e durata