Non è possibile neutralizzare il periodo di contribuzione ottenuto tramite il riscatto della laurea per uscire dal sistema retributivo e tornare nel misto così da ottenere una pensione più alta. Lo ha precisato la Corte Costituzionale
Il riscatto della laurea che ha comportato il passaggio dal sistema misto a quello retributivo per il calcolo della pensione non si può neutralizzare per tornare al vecchio criterio e ottenere un importo più alto.
Questo in sintesi il principio espresso dalla Corte Costituzionale, chiamata a esprimersi sulla legittimità della Riforma Dini e della Legge di stabilità 2015.
Il periodo di contribuzione riscattato non può essere annullato solo perché al momento del pensionamento il vecchio metodo di calcolo si rivela più conveniente.
Secondo la Corte, infatti, non è possibile scegliere il sistema di calcolo della pensione in base a una valutazione effettuata solo al momento del pensionamento.
Riscatto della laurea: non si può neutralizzare per avere importi più favorevoli
In quali casi non si ha diritto alla neutralizzazione dei periodi di contribuzione ottenuti in seguito al riscatto della laurea?
A fare chiarezza è la sentenza della Corte Costituzionale n. 112/2024, depositata il 27 giugno, tramite la quale è stata dichiarata non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’articolo 1, comma 13, della Riforma Dini del sistema pensionistico (legge n. 335/1995) e dell’articolo 1, comma 707, della legge di stabilità 2015 (legge n. 190/2014).
I fatti riguardano un lavoratore che ha riscattato gli anni di studi universitari, determinando così il passaggio dal metodo di calcolo dell’importo della pensione misto a quello retributivo.
Al momento della pensione, però, ha riscontrato che l’importo spettante (calcolato con sistema retributivo) sarebbe stato più basso di quello determinato con il sistema misto e pertanto ha chiesto la neutralizzazione del periodo riscattato (considerando anche che gli anni riscattati erano ininfluenti al raggiungimento del requisito contributivo previsto, condizione necessaria per l’annullamento).
Secondo la Corte, per attivare il principio di neutralizzazione non è sufficiente che i contributi in questione, normalmente versati agli inizi dell’attività lavorativa, non abbiano effetto sulla maturazione del diritto alla pensione.
Il principio di neutralizzazione, infatti, spiega la Corte, si può applicare soltanto nel contesto del sistema retributivo. L’obiettivo è quello di escludere dalla base pensionabile i contributi che, non solo risultano ininfluenti in relazione al perfezionamento del requisito minimo contributivo, ma sono anche correlati all’ultima fase della vita lavorativa e che corrispondono a retribuzioni che, in quanto inferiori a quelle percepite in precedenza, possono contribuire a ridurre l’assegno della pensione virtualmente già acquisita.
Non è possibile scegliere il sistema di calcolo della pensione al momento dell’uscita dal lavoro
Nel caso presentato dinanzi alla Corte, invece, la neutralizzazione non è stata richiesta per eliminare gli effetti dannosi che la contribuzione da riscatto ha determinato nell’ambito del sistema retributivo.
La neutralizzazione, sottolinea la Corte, è stata chiesta per:
“fuoriuscire da quel sistema, rivelatosi (contrariamente alle aspettative) meno conveniente e al quale l’interessato aveva avuto accesso esercitando, liberamente, la facoltà di riscattare un periodo non coperto da contribuzione obbligatoria.”
In conclusione, dunque, secondo la Corte non è possibile “scegliere” il sistema di calcolo del trattamento pensionistico in base a una valutazione che viene effettuata solamente al momento del pensionamento.
Questo perché si andrebbe contro al principio di certezza del diritto che deve pur sempre presidiare il sistema previdenziale. Tanto più, precisa ancora la Corte, che la funzione del riscatto degli anni di laurea si esaurisce nell’incremento dell’anzianità contributiva.
Articolo originale pubblicato su Informazione Fiscale qui: Riscatto della laurea: non si può neutralizzare per avere importi più favorevoli