Partita IVA, quando è obbligatoria? Il falso mito del limite di 5.000 euro

Quando è obbligatoria la partita IVA? Un'analisi delle regole fiscali e previdenziali, con un focus sul falso mito del limite di 5.000 euro di ricavi

Partita IVA, quando è obbligatoria? Il falso mito del limite di 5.000 euro

Sei un dipendente e nel fine settimana svolgi attività di lavoro autonomo o, ad esempio, vendi prodotti online tramite portali dedicati o un sito web creato ad hoc? A prescindere dal valore dei ricavi che consegui, potresti essere obbligato ad aprire una partita IVA.

Uno dei dubbi più frequenti per chi intraprende la via del lavoro autonomo è relativo a quando è obbligatorio aprire una partita IVA. Abitualità e continuità dell’attività svolta sono i due criteri che determinano la necessità di dotarsi di una propria posizione ai fini dell’imposta sul valore aggiunto.

Non conta quanto si incassa, ma come si opera e, aspetto fondamentale, non è vero che la partita IVA non è obbligatoria sotto i 5.000 euro di ricavi. Facciamo chiarezza, sfatando alcuni dei falsi miti che rischiano di trarti in inganno.

Partita IVA, quando è obbligatoria?

Partiamo dalle definizioni. Con il termine partita IVA si fa riferimento, tecnicamente, a un codice formato da 11 cifre che identifica in maniera univoca i soggetti che esercitano un’attività economica in Italia.

Avere una partita IVA è fondamentale per poter svolgere regolarmente un’attività di lavoro autonomo, professionale e d’impresa. Se, quindi, si sceglie di avviare un’attività economica in forma professionale, l’apertura della partita IVA rientra tra i passi fondamentali da compiere.

Capire quando è obbligatorio aprirla è fondamentale, per evitare di incappare in situazioni che potrebbero portare al rischio di contestazioni da parte dell’Agenzia delle Entrate e all’applicazione di sanzioni.

Due sono i criteri fondamentali da considerare: abitualità e continuatività.

Partita IVA obbligatoria, il tempo non conta

Quando si parla di attività di lavoro autonomo esercitata in via abituale, si fa riferimento allo svolgimento regolare, e quindi non occasionale, finalizzato alla produzione di reddito nel tempo.

La continuità invece indica che l’attività si svolge in maniera ripetuta, e non limitata a un evento - o un progetto - singolo e di breve durata. In sostanza, si tratta dei casi in cui è necessario un impegno costante, sistematico e ripetitivo.

Attenzione: non conta l’impegno giornaliero o, comunque, la quantità di tempo dedicata. Se ad esempio si offrono consulenze anche solo per un giorno a settimana verso un cliente, o più clienti, o ad esempio se si lavora solo nel fine settimana, sarà in ogni caso necessario dotarsi di partita IVA.

Dal punto di vista normativo, è l’articolo 5 del DPR n. 633/1972 a fornire un’utile bussola, con la definizione dell’esercizio di arti e professioni:

“Per esercizio di arti e professioni si intende l’esercizio per professione abituale, ancorché non esclusiva, di qualsiasi attività di lavoro autonomo da parte di persone fisiche ovvero da parte di società semplici o di associazioni senza personalità giuridica costituite tra persone fisiche per l’esercizio in forma associata delle attività stesse.”

L’articolo 5 del DPR IVA lega quindi l’obbligo di partita IVA per liberi professionisti e artisti alla natura abituale del loro lavoro, anche se non costituisce la loro unica occupazione. Anche se l’attività autonoma è svolta solo per pochi giorni - ma in maniera regolare - è necessario dotarsi di una partita IVA.

Partita IVA anche sotto i 5.000 euro di ricavi

Un ulteriore aspetto da evidenziare riguarda l’impatto, in termini di guadagni, dell’attività svolta.

Per stabilire quando è obbligatoria l’apertura della partita IVA non contano i ricavi. I requisiti di abitualità e continuatività non si affiancano a specifiche soglie di incasso generato dall’attività autonoma svolta.

Non esiste quindi una regola che esonera dall’apertura della partita IVA sotto i 5.000 euro di ricavi. Si tratta di un falso mito che continua a generare confusione, e sulla base del quale in molti credono che se non si supera questo limite si può lavorare senza dover “regolarizzare” la propria posizione fiscale.

Vale quindi la pena specificare che la soglia di 5.000 euro riguarda le prestazioni occasionali, e ha effetti esclusivamente ai fini previdenziali: chi svolge prestazioni in maniera occasionale - e quindi senza la continuità e abitualità di cui sopra - non è tenuto a versare contributi INPS se non supera questo limite.

Non vi sono invece legami tra i 5.000 euro di ricavi e l’obbligo o meno di dotarsi di partita IVA: anche chi incassa poco, ma svolge in maniera abituale, continuativa e organizzata un’attività di lavoro autonomo, è chiamato a richiedere l’attribuzione di una propria posizione ai fini IVA.

Partita IVA e lavoro online, dalle vendite agli influencer

Da quanto fin qui analizzato è chiaro che le valutazioni da fare sui casi in cui è necessario dotarsi di una partita IVA sono molteplici e non è possibile ridurre il tutto a “valutazioni numeriche”.

Il tempo e i guadagni non sono il parametro da considerare, ed è sempre consigliabile farsi assistere da professionisti per evitare di incorrere in errori.

Così è anche per chi sceglie di sfruttare le potenzialità del web, vendendo prodotti online o ancora condividendo contenuti sui social network.

Per quel che riguarda le vendite online è infatti frequente pensare che non sia necessario seguire regole specifiche. Così non è e, ad esempio, anche chi ha creato una propria pagina su portali come Ebay o un proprio personale sito internet tramite il quale vende oggetti creati artigianalmente, può rientrare tra i casi in cui è necessario aprire una partita IVA.

La questione del lavoro autonomo online si interseca con quella delle nuove professioni nate per effetto della digitalizzazione. Esemplare è il caso degli influencer e dei content creator, che tramite sponsorizzazioni, affiliazioni o creazioni di contenuti ad hoc, possono contare su una propria fonte di reddito.

Anche in questo caso continua a valere la regola aurea di cui si è ampiamente parlato sopra: se si svolge l’attività di vendita o creazione di contenuti online in maniera abituale e continuativa - e anche se si guadagna poco o nulla - è necessario dotarsi di partita IVA.

Come aprire una partita IVA e i vantaggi del regime forfettario

Arrivati a questo punto è naturale chiedersi quali siano i passi pratici da compiere per l’apertura di una partita IVA.

In prima battuta è necessario trasmettere uno specifico modulo all’Agenzia delle Entrate (modello AA9/12 per le persone fisiche e AA7/10 per le società). Si tratta della dichiarazione di inizio attività, da inviare entro 30 giorni autonomamente o per il tramite di intermediari.

Successivamente è necessario aprire una propria posizione INPS e pagare i relativi contributi previdenziali.

Dal punto di vista fiscale si potrà scegliere di aderire al regime forfettario, che prevede l’applicazione di una tassazione ridotta del 15 per cento (5 per cento per i primi anni di attività), e l’accesso a diverse semplificazioni sul fronte degli adempimenti.

Aprire una partita IVA implica quindi la necessità di svolgere specifiche formalità, ma anche calcoli di convenienza.

Si consiglia pertanto di affidarsi a professionisti esperti della materia per capire come gestire al meglio la propria attività di lavoro autonomo.

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