IVA test antidroga, si applica l'aliquota ordinaria al 22 per cento. Lo chiarisce l'Agenzia delle Entrate con la risposta all'interpello numero 34 del 20 gennaio 2022. I beni non hanno finalità di contrasto alla diffusione del coronavirus e l'elenco del decreto Ristori è tassativo.
IVA test antidroga, alle cessioni si deve applicare l’aliquota ordinaria al 22 per cento.
Lo spiega la risposta all’interpello numero 34 del 20 gennaio 2022 dell’Agenzia delle Entrate.
I test diagnostici in vitro, che si utilizzano per rilevare l’assunzione di sostanze stupefacenti e psicotrope, non rientrano tra i beni con finalità di contrasto alla diffusione del coronavirus.
Di conseguenza non si può applicare l’aliquota ridotta al 5 per cento, secondo quanto previsto dal decreto Ristori, ma deve essere applicata l’aliquota ordinaria.
IVA test antidroga, si applica l’aliquota ordinaria al 22 per cento
L’IVA applicabile alle cessioni dei test antidroga è quella con aliquota ordinaria al 22 per cento.
Questa è la sintesi della risposta all’interpello numero 34 del 20 gennaio 2022 dell’Agenzia delle Entrate.
- Agenzia delle Entrate - Risposta all’interpello numero 34 del 19 gennaio 2022
- I test diagnostici in vitro che effettuano controlli a campione relativi all’assunzione di sostanze stupefacenti e psicotrope non sono finalizzati al contrasto del Covid-19, dunque, le relative cessioni prevedendo la corresponsione dell’aliquota IVA al 22 per cento.
Il documento di prassi si esprime sull’eventuale riduzione prevista dal decreto Rilancio per i beni con finalità diretta a contrastare la diffusione del Covid-19.
I chiarimenti dell’Amministrazione finanziaria nascono dallo spunto fornito dall’istante, un ente pubblico che ha acquistato tali beni da un fornitore che ha applicato l’aliquota ridotta al 5 per cento.
L’istante chiede chiarimenti all’Agenzia delle Entrate sulla corretta tassazione da applicare.
L’Amministrazione finanziaria sposa la tesi proposta dall’ente pubblico che ha acquistato i beni in questione.
I dispositivi non sono considerati strumenti anti-Covid 19 e non possono beneficiare della tassazione agevolata.
L’elenco dei beni che possono beneficiare dell’agevolazione è tassativo.
Beni anti-Covid, in quali casi è prevista la tassazione agevolata
La tassazione agevolata, prevista dall’articolo 124 del decreto Rilancio, può essere applicata esclusivamente ai dispositivi e ai beni che rientrano nell’elenco presente nella normativa.
Il decreto Rilancio ha introdotto un’esenzione dall’IVA per alcuni prodotti fino al 31 dicembre 2020.
Dal 2021, invece, per tali beni l’IVA è prevista al 5 per cento.
Il provvedimento emergenziale ha modificato il decreto IVA, in particolare la Tabella A, parte II-bis, allegata al Dpr n. 633/1972.
Dopo il numero 1-ter, è stato aggiunto il seguente 1-ter.1, che individua nel dettaglio i prodotti agevolabili.
A riguardo l’Agenzia delle Entrate sottolinea quanto segue:
“Considerata la formulazione della norma e l’eccezionalità della stessa, l’elenco di cui al comma 1 dell’articolo 124 ha natura tassativa e non esemplificativa. Pertanto, solo i beni ivi indicati possono essere ceduti sino al 31 dicembre 2020 in esenzione da IVA e con applicazione dell’aliquota IVA del 5 per cento a decorrere dal 1° gennaio 2021.”
I test diagnostici in vitro, oggetto del documento di prassi, non rientrano nell’elenco dell’articolo 124 del decreto Rilancio e non possono beneficiare dell’agevolazione.
L’unica deroga era stata prevista dalla Legge di Bilancio 2021, nello specifico dall’articolo 1, comma 452, legge n. 178/2020.
La norma prevede l’esenzione dall’IVA, con diritto alla detrazione d’imposta, per le cessioni degli strumenti utilizzati per diagnosticare il Covid-19 con determinati requisiti stabiliti dall’UE.
I beni in questione, tuttavia, non rientrano neanche nell’esenzione prevista dalla Legge di Bilancio 2021, in quanto non hanno come finalità quella di contrastare la pandemia.
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