Quale aliquota IVA si applica sulla ristorazione per ordini via app?
Ormai molti di noi sono abituati a ordinare pranzo e cena tramite APP e questo evidentemente ha comportato e comporta diverse dinamiche del moderno mercato della ristorazione.
A livello fiscale ci si pone, come di consueto, il tema del corretto trattamento fiscale.
Oggi ci soffermiamo sulla ristorazione gestita tramite app online e, in particolare, sulle aliquote IVA da applicare.
La domanda alla quale cercheremo di rispondere è la seguente:
Quale aliquota IVA occorre applicare in caso ristorazione per ordini via app?
Diciamo subito che l’aliquota al 10% può essere applicata solo se ci sono tutti i presupposti per stabilire che si tratta di una somministrazione, altrimenti è necessario applicare l’aliquota ordinaria del 22% o comunque specifica del prodotto per la vendita di cibi e bevande.
IVA ristorazione, aliquota del 10% per ordini via app? Solo se c’è somministrazione
In questo periodo storico è normale utilizzare app online per la gestione dei tempi di attesa in coda da remoto e l’effettuazione degli ordini.
L’app funziona normalmente come segue:
- il cliente sceglie uno dei ristoranti tra quelli disponibili;
- dopodiché indica i prodotti alimentari e le bevande da ordinare, con eventuale personalizzazione;
- sceglie, poi, la modalità di ritiro dei prodotti selezionati:
- consegna alla cassa del ristorante;
- servizio al tavolo del ristorante;
- procede con il pagamento dell’ordine mediante strumenti di pagamento elettronici.
Alla luce di questa situazione, ormai consuetudinaria occorre verificare se all’ordine tramite app può essere applicata l’aliquota del 10% prevista per la somministrazione dei cibi e bevande o bisogna considerare l’aliquota ordinaria del 22% o comunque specifica del prodotto.
Dipende:
“Nei casi di consumo dei prodotti presso i locali dell’Istante a seguito dell’ordine effettuato tramite l’Applicazione, si ritiene che l’operazione possa essere qualificata come una somministrazione di alimenti e bevande con applicazione dell’aliquota ridotta del 10 per cento prevista dal n. 121), della Tabella A, parte III, allegata al DPR n. 633/1972.
Diversamente, nei casi di asporto dei prodotti, qualora il consumo non avvenga presso i locali dell’Istante, le cessioni degli alimenti e delle bevande devono essere valutate separatamente dal punto di vista dell’applicazione dell’IVA e assoggettate ciascuna all’aliquota propria (ridotta o ordinaria), dovendosi altresì escludere che una delle cessioni di beni inserite nella confezione configuri un’operazione principale, agli effetti dell’IVA, rispetto alle altre cessioni”.
IVA ristorazione, aliquota del 10% per ordini via app? Differenza tra somministrazione e vendita
Si tocca un punto controverso della normativa IVA: in alcuni casi il confine tra somministrazione e vendita è sottile e, come sottolinea la risposta all’interpello dell’Agenzia delle Entrate numero 581/2020:
“nell’ordinamento fiscale nazionale non esiste una compiuta definizione di somministrazione di alimenti e bevande che consente di individuare incontrovertibilmente tale tipologia di prestazioni di servizi”
Sul punto l’Agenzia delle Entrate si era espressa anche mediante il principio di diritto numero 9/2019 per sottolineare la differenza tra cessione e somministrazione, che in linea generale presuppone la presenza dell’utilizzatore finale e uno spazio per il consumo di ciò che si acquista.
Alcune indicazioni sono recentemente arrivate anche dalla Corte di Giustizia UE:
In particolare, la Corte ha giudicato l’operazione di ristorazione come una prestazione di servizi solo se caratterizzata da una serie di elementi e di atti, dei quali la cessione di cibi rappresenta soltanto una parte e nel cui ambito risultano predominanti ampiamente i servizi, diversamente dal caso di un’operazione di mera cessione avente ad oggetto “alimenti da asportare non accompagnata da servizi volti a rendere più piacevole il consumo in loco in un ambiente adeguato”.
Di seguito alcuni elementi che possono essere determinanti per stabilire che si tratta di una somministrazione di cibi e bevande e non di una semplice cessione:
- cottura dei cibi;
- consegna materiale su un sostegno;
- infrastruttura che comprende tanto una sala di ristoro con servizi annessi (come, ad esempio, quello di guardaroba) quanto arredi e stoviglie;
- eventuale presenza di personale addetto ad apparecchiare i tavoli a consigliare il cliente, a fornirgli spiegazioni sulle vivande o sulle bevande proposte, a servire a tavola tali prodotti e infine a sparecchiare dopo il consumo.
Al contrario elementi basilari, come semplici banchi per il consumo, non sono determinanti per stabilire che si tratta di una somministrazione e che è possibile applicare un’IVA ridotta del 10% nell’ambito dei servizi di ristorazione. Ci sono elementi che vanno considerati come “prestazioni accessorie minime e non sono tali da modificare il carattere predominante della prestazione principale, cioè quello di una cessione”.
In sintesi, l’Agenzia delle Entrate evidenzia che:
“Si rileva, pertanto, che al fine di qualificare un’operazione come un servizio di ristorazione, secondo il citato regolamento di esecuzione, deve essere preponderante la componente relativa ai servizi di supporto che consentono al consumatore finale il consumo immediato.
In base a quanto esposto, la sola fornitura di cibi e bevande nell’ambito dei servizi di ristorazione è considerata dal diritto comunitario, così come dalla prassi interna dell’Amministrazione finanziaria, una cessione di beni”.
Articolo originale pubblicato su Informazione Fiscale qui: Aliquota IVA ristorazione per ordini via app