Visto di conformità e dichiarazioni fiscali, dall'Agenzia delle Entrate chiarimenti per gli studi associati e per i professionisti che ne fanno parte su invio telematico e utilizzo della partita IVA per le abilitazioni
Visto di conformità e invio delle dichiarazioni fiscali: quali sono le regole da seguire per gli studi associati e per i professionisti che ne fanno parte?
Le risposte, dall’utilizzo della partita IVA a quello della polizza assicurativa, vanno individuate, come sempre, nelle norme.
In linea generale, l’articolo 3, comma 3, del decreto del Presidente della Repubblica 22 luglio 1998, n. 322 individua quali sono i soggetti che possono essere abilitati alla presentazione delle dichiarazioni in via telematica.
Tra questi, in particolare, gli iscritti negli albi dei dottori commercialisti, dei ragionieri e dei periti commerciali e dei consulenti del lavoro e i soggetti iscritti alla data del 30 settembre 1993 nei ruoli di periti ed esperti tenuti dalle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura per la subcategoria tributi, in possesso di diploma di laurea in giurisprudenza o in economia e commercio o equipollenti o diploma di ragioneria possono rilasciare, su richiesta del contribuente, il visto di conformità dei dati delle dichiarazioni, che hanno predisposto che sono state predisposte dal contribuente o da una società di servizi di cui uno o più professionisti possiede la maggioranza del capitale sociale, sotto il diretto controllo e la responsabilità del professionista.
Per essere abilitati al rilascio del visto di conformità, in ogni caso i professionisti devono preventivamente inviare una comunicazione all’Agenzia delle entrate, allegando anche una copia della polizza assicurativa, per la verificare dei requisiti e l’iscrizione del professionista nell’elenco informatizzato.
Visto di conformità e invio delle dichiarazioni fiscali, chiarimenti AdE per gli studi associati
Regole specifiche sono previste per l’invio telematico delle dichiarazioni fiscali e l’apposizione del visto di conformità nel caso in cui il professionista operi nell’ambito di un’associazione professionale.
Interessante a questo proposito un documento di prassi non più recente ma comunque attuale che analizza un caso pratico.
Oggetto del tema un’associazione, composta da 70 avvocati e 33 commercialisti iscritti presso i rispettivi albi professionali, iscritta come studio associato presso l’Ordine degli Avvocati e quello dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili.
Lo studio tra le varie attività svolge assistenza e consulenza fiscale sia per predisporre che per inviare telematicamente le dichiarazioni fiscali dei propri clienti e il rilascio del visto di conformità.
In particolare, il servizio di trasmissione telematica è eseguito da una società di servizi contabili, con un capitale sociale interamente posseduto dai propri associati iscritti nell’albo dei dottori commercialisti.
Le attività che riguardano il rilascio del visto di conformità dei dati riportati nelle dichiarazioni sono svolte da commercialisti associati abilitati individualmente a svolgere tali attività.
L’associazione si rivolge all’Agenzia delle Entrate per verificare alcuni punti:
- la possibilità di essere inclusa tra i soggetti incaricati all’invio telematico delle dichiarazioni;
- in caso affermativo, la possibilità per i commercialisti associati, abilitati individualmente al rilascio del visto di conformità, di utilizzare sia la partita IVA che l’abilitazione alla trasmissione telematica dell’associazione di cui fanno parte;
- in caso negativo, la possibilità per i commercialisti di utilizzare l’abilitazione alla trasmissione telematica della società di servizi, di cui detengono la maggioranza del capitale sociale, e la partita IVA dell’istante senza, dunque, la necessità di acquisirne una propria.
Con la risposta all’interpello numero 245/2021, in particolare, l’Agenzia delle Entrate chiarisce dal punto di vista operativo le regole da seguire.
L’associazione di professionisti che, per il servizio di trasmissione telematica delle dichiarazioni fiscali, utilizza una società di servizi contabili con capitale sociale interamente posseduto dai propri associati iscritti all’albo dei dottori commercialisti, può richiedere l’abilitazione all’invio telematico, a prescindere dalla composizione interna.
Diverso è il caso dell’apposizione del visto di conformità e della trasmissione di dichiarazioni vistate, su cui c’è il veto dell’Agenzia delle Entrate “mancando il requisito del controllo da parte dei soggetti indicati all’articolo 3, comma 3, lettere a) e b), del DPR n. 322 del 1998”.
Visto di conformità e invio delle dichiarazioni fiscali: le regole per i professionisti degli studi associati
Il punto di vista, poi, si sposta dall’associazione ai singoli. L’Agenzia delle Entrate, infatti, mette in luce come possono procedere i professionisti che fanno parte dell’associazione professionale.
In generale, possono essere abilitati qualora i requisiti del possesso di partita IVA dell’abilitazione alla trasmissione telematica sussistano in capo all’associazione professionale.
Ma solo il singolo professionista risulta abilitato al rilascio del visto di conformità e quindi ogni altro professionista appartenente all’associazione che non sia personalmente abilitato non è autorizzato ad apporre il visto di conformità.
L’Agenzia delle Entrate specifica:
“Qualora il professionista si avvalga di una società di servizi di cui possegga la maggioranza assoluta del capitale sociale, può essere abilitato se il requisito del possesso dell’abilitazione alla trasmissione telematica sussiste in capo alla società di servizi, fermo restando che il professionista deve essere titolare di autonoma partita IVA”.
Nel caso analizzato, quindi, i commercialisti hanno la possibilità di non richiedere una propria partita IVA e utilizzare quella dell’associazione per esercitare la professione ma, non avendo il controllo della stessa, non possono utilizzarla per le attività connesse al visto di conformità (tenuta della contabilità e trasmissione telematica della dichiarazione vistata).
Al contrario, però, non c’è alcun veto sull’utilizzo della società di servizi le cui quote sono possedute dai commercialisti stessi.
Ulteriori chiarimenti riguardano la garanzia dell’associazione o della società di servizi.
Come specificato nella circolare numero 28 del 2014, chi svolge un’attività in uno studio associato può avvalersi della polizza assicurativa stipulata dallo studio medesimo per i rischi professionali, purché la stessa preveda un’autonoma copertura a garanzia dell’attività prestata dai singoli professionisti e rispetti le condizioni solitamente previste.
Requisito fondamentale, inoltre, è l’indicazione delle “generalità dei singoli professionisti che intendano avvalersene, ferme restando le valutazioni circa l’inerenza del costo ai fini della deducibilità dal reddito d’impresa della società”.
Tutti i dettagli nel testo integrale della risposta all’interpello numero 245 del 13 aprile 2021.
Articolo originale pubblicato su Informazione Fiscale qui: Il visto di conformità per gli studi associati