Esente da imposta di registro il trasferimento della casa all'ex coniuge, effettuato in adempimento di accordi omologati dal tribunale in sede di regolamento dei rapporti patrimoniali di separazione consensuale. A chiarirlo è la Corte di Cassazione con l'Ordinanza numero 4144 del 17 febbraio 2021.
L’atto di acquisto della casa familiare dall’ex coniuge, effettuato in adempimento di accordi omologati dal tribunale in sede di regolamento dei rapporti patrimoniali di separazione consensuale tra i coniugi, è esente da imposta di registro e ipo-catastale.
È questo il principio di diritto ribadito dalla Corte di Cassazione con l’Ordinanza numero 4144 depositata il 17 febbraio 2021.
- Corte di Cassazione - Ordinanza numero 4144 del 17 febbraio 2021
- Il testo integrale dell’Ordinanza della Corte di Cassazione numero 4144 del 17 febbraio 2021.
La sentenza – La Commissione Regionale, a conferma della decisione della CTP, ha ritenuto legittimo il diniego opposto dall’agenzia delle entrate all’istanza di rimborso presentata dal contribuente di quanto pagato per imposta di registro ed ipo-catastale sull’atto con il quale aveva acquistato dalla ex moglie la casa coniugale ed il relativo box, acquisto avvenuto in adempimento di accordi di separazione consensuale tra i coniugi.
I giudici d’appello ritenuto che nel caso de qua non fosse applicabile la norma esonerativa di cui all’art.19 della legge 74 del 1987, poiché l’imposta era stata pagata su un atto traslativo concernente un bene di esclusiva proprietà della moglie separata, e per ragioni autonome rispetto alla separazione.
Di contro la norma agevolativa concerne esclusivamente gli atti, i documenti ed i provvedimenti “relativi” al procedimento di scioglimento del matrimonio o di cessazione dei suoi effetti civili realizzati sotto il controllo del giudice e nell’ambito del pertinente procedimento.
Avverso tale decisione il contribuente ha proposto ricorso per cassazione, deducendo l’erroneità della sentenza per violazione e falsa applicazione del citato art. 19, nella parte in cui i giudici hanno erroneamente omesso di considerare che l’acquisto in oggetto era stato effettuato in adempimento di accordi omologati dal tribunale in sede di regolamento de rapporti patrimoniali di separazione consensuale tra i coniugi.
I giudici della Corte di cassazione hanno ritenuto fondato il motivo di doglianza e hanno accolto il ricorso originario del contribuente, chiudendo definitivamente il caso.
L’art. 19 della L. 87/1974 al centro della controversia prevede che “Tutti gli atti, i documenti ed i provvedimenti relativi al procedimento di scioglimento del matrimonio o di cessazione degli effetti civili del matrimonio nonché ai procedimenti anche esecutivi e cautelari diretti ad ottenere la corresponsione o la revisione degli assegni di cui alla L. 1 dicembre 1970, n. 898, artt. 5 e 6, sono esenti dall’imposta di bollo, di registro e da ogni altra tassa”.
Sul tema la Corte Costituzionale, con le sentenze n. 176 del 1992 e n. 154 del 1999, ha precisato che l’esenzione si estende “a tutti gli atti, i documenti ed i provvedimenti relativi al procedimento di separazione personale dei coniugi”, in modo da garantire l’adempimento delle obbligazioni che i coniugi separati hanno assunto per conferire un nuovo assetto ai loro interessi economici.
A riguardo, la Corte di cassazione ha affermato che l’agevolazione in parola “spetta per gli atti esecutivi degli accordi intervenuti tra i coniugi in esito alla separazione personale o allo scioglimento del matrimonio”.
Il fulcro di tale principio va dunque individuato nella centralità dell’accordo tra le parti nella definizione della crisi coniugale, con riguardo tanto agli atti separativi di contenuto “necessario”, quali ad esempio l’affidamento dei figli, quanto a quelli di contenuto “eventuale”, compresi gli accordi patrimoniali del tutto autonomi conclusi dai coniugi per l’instaurazione del regime di vita separata.
La CTR non ha dato corretta applicazione a tali principi, non essendo ostativo all’esenzione ex art.19 cit. né che l’accordo in questione non avesse contenuto separativo necessario, né che la proprietà iniziale del bene non fosse comune ma esclusiva di uno dei due coniugi contraenti.
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