Smart working a tutela della salute emotiva del lavoratore: la Cassazione, con sentenza n. 27913 del 4 dicembre 2020, ritiene ingiustificato il diniego del datore di lavoro all'uso della formula agile quando richiesto dal lavoratore e quando le esigenze lavorative lo permettono.
La formula dello smart working a difesa della salute emotiva del lavoratore: la Cassazione, con la sentenza n. 27913 del 4 dicembre 2020, riconduce l’utilizzo del lavoro agile agli obblighi del datore di lavoro quando questo sia a tutela del benessere psichico del dipendente.
Garantire l’accesso a questa modalità, quando necessario e qualora la prestazione lavorativa lo consenta, per il datore di lavoro è uno degli obblighi previsti a tutela della salute in ambiente lavorativo, anche solo emotiva, secondo quanto stabilito dagli Ermellini.
Smart working e salute emotiva: il datore di lavoro ha l’obbligo di applicarlo se possibile
La pronuncia si riferisce al caso di un dipendente che ha agito in risarcimento del danno nei confronti del proprio datore di lavoro.
Quest’ultimo, infatti, non gli aveva accordato lo smart working, seppur conscio del disagio che gli causava il lavoro a causa delle condotte vessatorie dei colleghi.
Il riferimento normativo principale, ma non l’unico, è l’art. 2087 del Codice Civile, che stabilisce:
“L’imprenditore è tenuto ad adottare nell’esercizio dell’impresa le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro”.
Il citato articolo 2087, tuttavia, non è altro che una norma di chiusura di un complesso sistema di fonti a tutela dell’integrità del lavoratore.
In questo insieme di fonti rilevano, prime fra tutte, le norme costituzionali che sanciscono la difesa del diritto alla salute (32 Cost.) o il rispetto della sicurezza, della libertà e dignità umana nell’esplicazione dell’iniziativa economica (41 Cost.).
Il dettato costituzionale, peraltro, si riferisce alla salute con un’accezione che svincola da un criterio medico-legale e che si estende, tanto da riferirsi all’integrità generale dell’individuo e da coincidere con il valore della persona nel suo complesso.
Secondo i principi fondamentali del nostro ordinamento, artt. 2 e 3 della Costituzione, la persona viene considerata e tutelata nel suo modo di esistere, di essere e, quindi, in tutte le attività nelle quali si determina la sua personalità.
Smart working e salute emotiva: la normativa antinfortunistica di riferimento
L’art. 2087 del Codice Civile, inoltre, costituisce norma di chiusura del sistema anche in quanto clausola generale con effetti soprattutto sotto il profilo risarcitorio.
È su questa norma, infatti, che si fonda l’obbligo del datore di lavoro di risarcire tutti i danni patrimoniali e non patrimoniali subiti dal lavoratore a causa di una condotta colpevole o anche di una omissione nel rispetto degli obblighi previsti dalla normativa antinfortunistica.
Normativa che attualmente comprende:
- DPR del 30 giugno 1965 n. 1124 in materia di infortuni sul lavoro;
- Il Testo Unico in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro (Decreto legislativo 9 aprile 2008 n. 81) che ha abrogato la maggior parte dei testi normativi precedenti e riordinato il settore.
- Decreto Legislativo 23 aprile 2004, n. 124, sulla riorganizzazione delle funzioni ispettive.
Smart working e salute emotiva: la tutela dell’integrità psico-fisica del lavoratore
Pertanto, con la sentenza n. 27913 del 4 dicembre 2020 la Cassazione ha ribadito un principio ormai acclarato nella giurisprudenza di legittimità: la salute dell’individuo, intesa come valore della persona, è un diritto indefettibile e non comprimibile.
In ambito lavorativo, questo principio si traduce nell’obbligo in capo al datore di lavoro di adottare tutte le misure necessarie a tutelare tale salute, misure tra le quali rientra anche lo smart working.
Pertanto, l’uso del lavoro agile, quando richiesta, quando indispensabile a proteggere l’integrità emotiva del dipendente e quando compatibile con la tipologia di mansioni svolte da lui svolte, è un obbligo che rientra tra quelli previsti dall’art. 2807 del Codice Civile.
Sul punto si richiama il testo della sentenza:
“(...) la mancata predisposizione di tutti i dispositivi atti a tutelare la salute dei lavoratori sul luogo di lavoro viola l’art. 32 della Costituzione che garantisce il diritto alla salute come primario ed originario dell’individuo, ed altresì l’art. 2087 c.c. che, imponendo la tutela dell’integrità psico-fisica del lavoratore da parte del datore di lavoro prevede un obbligo, da parte di quest’ultimo, che non si esaurisce «nell’adozione e nel mantenimento perfettamente funzionale di misure di tipo igienico-sanitarie o antinfortunistico», ma attiene anche - e soprattutto - alla predisposizione "di misure atte a preservare i lavoratori dalla lesione di quella integrità nell’ambiente o in costanza di lavoro anche in relazione ad eventi, pur se allo stesso non collegati direttamente ed alla probabilità di concretizzazione del conseguente rischio”
Di seguito il testo integrale della Sentenza della Corte di Cassazione numero 27913 del 4 dicembre 2020.
Articolo originale pubblicato su Informazione Fiscale qui: Smart working e salute del lavoratore: il datore di lavoro ha l’obbligo di applicarlo