Smart working e rimborso spese ai dipendenti: quando non si applica l'Irpef? Le somme corrisposte al lavoratore per i costi dei consumi sostenuti per il lavoro da casa non sono imponibili, in quanto non si possono considerare redditi di lavoro, solo quando vengono erogate sulla base di specifici criteri. Lo chiarisce l'Agenzia delle Entrate nella risposta all'interpello numero 314 del 30 aprile 2021.
Smart working e rimborso spese ai dipendenti: quando non si applica l’Irpef? È determinante la modalità con cui il datore di lavoro stabilisce le somme da erogare al lavoratore che svolge la sua attività da casa.
Le cifre corrisposte in relazione ai costi dei consumi sostenuti non sono imponibili quando vengono stabilite sulla base di specifici criteri, che permettono di individuare le voci di spesa risparmiate dalla società e di cui si è fatto carico il dipendente nell’interesse del datore di lavoro. In questo caso, infatti, non si considerano redditi di lavoro.
Diversamente accade in assenza di parametri certi.
Lo chiarisce l’Agenzia delle Entrate nella risposta all’interpello numero 314 del 30 aprile 2021, che si aggiunge a un precedente intervento sul tema.
Smart working e rimborso spese ai dipendenti: quando non si applica l’Irpef?
Come di consueto, lo spunto per fare luce sulle regole per individuare la giusta tassazione del rimborso spese ai dipendenti in smart working arriva dall’analisi di un caso pratico.
Protagonista è una società che ha intenzione di riconoscere ai suoi dipendenti una somma per le spese sostenute per poter svolgere le loro attività lavorative in modalità agile.
Si ritiene adeguata l’erogazione di 50 centesimi di euro per ogni giorno di smart working.
La cifra è emersa da specifici calcoli: per ogni tipologia di spesa presa in considerazione, come luce, acqua, materiali di consumo, è indicato il risparmio giornaliero per la società e il costo giornaliero per il dipendente in smart working.
Il risparmio stimato per la società è pari a 0,5105 euro. Evidenziando le modalità di calcolo, la società si rivolge all’Agenzia delle Entrate per verificare la possibilità di escludere dall’Irpef il rimborso spese riconosciuto ai dipendenti.
Con la risposta all’interpello numero 314 del 30 aprile 2021, arriva un via libera:
“Nell’ipotesi prospettata, l’Istante rappresenta che il criterio per determinare la quota dei costi da rimborsare ai dipendenti in smart working, in sostanza, si basa su parametri diretti ad individuare costi risparmiati dalla Società che, invece, sono stati sostenuti dal dipendente. Sulla base di tale considerazione, si ritiene corretto che la quota di costi rimborsati al dipendente, possa considerarsi riferibile a consumi sostenuti nell’interesse esclusivo del datore di lavoro”.
Smart working e rimborso spese ai dipendenti: le regole per la giusta tassazione
Ma non sempre le somme corrisposte al dipendente in relazione ai costi dei consumi sostenuti per lo smart working sono escluse dal campo di applicazione dell’Irpef.
Con dei chiarimenti non ancora pubblicati ufficialmente, ma resi noti dal quotidiano ItaliaOggi lo scorso 21 aprile, infatti, l’Agenzia delle Entrate ha affrontato un caso simile, ma ha stabilito la necessità di considerare le cifre tra i redditi di lavoro.
Qual è, allora, l’elemento che fa la differenza? La modalità di calcolo con cui viene stabilito il valore del rimborso spese per i dipendenti.
L’Amministrazione finanziaria, infatti, prendendo in esame un caso simile a quello analizzato nella risposta all’interpello numero 314 del 2021 ha posto il suo vero perché le cifre venivano corrisposte sulla base di un criterio forfetario, non supportato da elementi e parametri oggettivi.
Le due diverse risposte, che confermano la stessa regola, partono entrambe dal principio di onnicomprensività contenuto nell’articolo 51 del TUIR:
“Tutte le somme e i valori in genere, a qualunque titolo percepiti nel periodo d’imposta, anche sotto forma di erogazioni liberali, in relazione al rapporto di lavoro. Si considerano percepiti nel periodo d’imposta anche le somme e i valori in genere, corrisposti dai datori di lavoro entro il giorno 12 del mese di gennaio del periodo d’imposta successivo a quello cui si riferiscono”.
In linea generale tutte le somme che il datore di lavoro corrisponde al dipendente rientrano nei redditi di lavoro percepiti, anche i rimborsi.
Rappresentano delle eccezioni le spese di competenza del datore di lavoro anticipate dal lavoratore e rimborsate, poi, dall’azienda. Come si legge nella risoluzione numero 178 del 2003, inoltre, restano escluse dai redditi di lavoro le somme che non si possono considerare un arricchimento per il lavoratore e che non sono fiscalmente rilevanti quelle cifre corrisposte per un esclusivo interesse del datore di lavoro.
Il rimborso spese per i dipendenti in smart working ha tutte le caratteristiche per essere escluso dai redditi di lavoro, ma nella pratica questo trattamento fiscale non può essere garantito sempre:
- le spese sostenute dal lavoratore e rimborsate in modo forfetario si devono escludere dalla base imponibile solo nel caso in cui il legislatore abbia previsto un criterio finalizzato a determinarne la quota che, riferibile all’uso nell’interesse del datore di lavoro, può essere esclusa dall’imposizione;
- se non c’è una norma e il legislatore non è intervenuto, come per le spese relative ai periodi di lavoro agile, “i costi sostenuti dal dipendente nell’esclusivo interesse del datore di lavoro, devono essere individuati sulla base di elementi oggettivi, documentalmente accertabili”.
Se vengono meno questi criteri, viene meno anche la non imponibilità ai fini IRPEF e il rimborso rientra nei redditi di lavoro.
Articolo originale pubblicato su Informazione Fiscale qui: Smart working e rimborso spese ai dipendenti: quando non si applica l’Irpef?