Smart working, il bonus ai dipendenti corrisposto dall'azienda come rimborso dei consumi e stabilito in maniera forfettaria costituisce reddito di lavoro dipendente. Per l'esenzione c'è bisogno di una norma ad hoc o di un calcolo basato su un criterio analitico. A chiarirlo è l'Agenzia delle Entrate.
Smart working, il bonus erogato ai dipendenti come rimborso spese forfettario per i consumi di riscaldamento, elettricità e internet rientra tra i redditi di lavoro. Lo stabilisce l’Agenzia delle Entrate con una risposta all’interpello non ancora resa pubblica, ma messa a disposizione dal quotidiano ItaliaOggi il 21 aprile.
L’esenzione è applicabile in presenza di una specifica norma o di un calcolo effettuato su un criterio analitico.
Smart working, il bonus ai dipendenti come rimborso dei consumi costituisce reddito di lavoro
Come di consueto, lo spunto per fare luce della questione arriva dall’analisi di un caso pratico.
Protagonista è una società di consulenza che da marzo 2020 ha previsto per i suoi 50 dipendenti lo svolgimento delle attività in smart working semplificato. E ha intenzione di pattuire, tramite accordi individuali, il rimborso del 30 per cento, considerando le 24 ore e le 8 ore lavorative, dei costi sostenuti dal lavoratore o dal coniuge convivente per la connessione internet, la corrente elettrica, l’aria condizionata e il riscaldamento.
Le somme sarebbero di “natura risarcitoria e non computabili ai fini degli altri istituti contrattuali e di legge compreso il trattamento di fine rapporto”, si legge nella premessa.
Come l’azienda dovrà considerare questi importi? Costituiscono reddito di lavoro dipendente in linea con quanto stabilito dall’articolo 51, comma 1, del TUIR?
A chiarire come procedere è l’Agenzia delle Entrate in una risposta all’interpello non ancora pubblicata e resa disponibile dal quotidiano Italia Oggi il 21 aprile 2021.
Nel testo si legge:
“Si ritiene che le somme rimborsate dalla società istante ai propri dipendenti che svolgono la loro attività lavorativa in smart working sulla base di un criterio forfetario, non supportato da elementi e parametri oggettivi, non possano essere escluse, in assenza di una precisa disposizione di legge al riguardo, dalla determinazione del reddito di lavoro dipendente”.
L’unica soluzione per non far concorrere il rimborso spese alla determinazione del reddito di lavoro sarebbe quella di adottare un criterio analitico per determinare, per ogni tipologia di spesa, i costi risparmiati dall’azienda e sostenuti dal dipendente in modo da garantire la stessa quota di costi rimborsati a tutti i dipendenti.
Smart working, nessuna esenzione sul bonus ai dipendenti per rimborso spese
Nel motivare la sua posizione l’Agenzia delle Entrate riporta il riferimento normativo al centro del quesito, l’articolo 51 del TUIR, riferendosi in particolare al principio di onnicomprensività:
“Tutte le somme e i valori in genere, a qualunque titolo percepiti nel periodo d’imposta, anche sotto forma di erogazioni liberali, in relazione al rapporto di lavoro. Si considerano percepiti nel periodo d’imposta anche le somme e i valori in genere, corrisposti dai datori di lavoro entro il giorno 12 del mese di gennaio del periodo d’imposta successivo a quello cui si riferiscono”.
Tutte le somme che il datore di lavoro corrisponde al dipendente rientrano nei redditi di lavoro percepiti, anche i rimborsi. Questa è la regola generale.
Fanno eccezione, però, gli importi che un’azienda corrisponde al dipendente, se quest’ultimo ha anticipato delle spese di competenza del datore di lavoro. Come specificato dalla risoluzione numero 178 del 2003, inoltre, restano escluse dai redditi di lavoro le somme che non rappresentano un arricchimento per il lavoratore e che non sono fiscalmente rilevanti quelle cifre corrisposte per un esclusivo interesse del datore di lavoro.
Il bonus erogato ai dipendenti per i costi dei consumi sostenuti durante il periodo di smart working in linea generale sembra avere le carte in regola per rientrare nel perimetro di esenzione, manca un elemento fondamentale.
Come sottolinea l’Agenzia delle Entrate, le spese rimborsate in modo forfettario al lavoratore sono escluse dalla base imponibile se c’è una norma che stabilisce un criterio per determinare la quota che può essere esclusa dall’imposizione in quanto utilizzata dal lavoratore nell’interesse del datore di lavoro.
Se la norma non esiste, è necessario adottare “elementi oggettivi, documentalmente accertabili”, per poter escludere le cifre dalla determinazione del reddito di lavoro dipendente.
Articolo originale pubblicato su Informazione Fiscale qui: Smart working, il bonus ai dipendenti per il rimborso dei consumi costituisce reddito di lavoro