La Corte di Cassazione ha affrontato il tema della non cumulabilità delle sanzioni per infedele dichiarazione e indebita detrazione dell’IVA
In materia di IVA, la sanzione che colpisce la presentazione di una dichiarazione con esposizione di un’imposta inferiore a quella dovuta, non consuma né ricomprende anche quella relativa all’illegittimo computo in detrazione dell’imposta.
Si tratta, infatti, di illeciti materialmente e giuridicamente distinti per condotta, struttura, tempi e modi di consumazione e per bene giuridico tutelato.
È questo il principio affermato dalla Corte di Cassazione con l’Ordinanza n. 32262/2024 sulla non cumulabilità delle sanzioni per infedele dichiarazione e indebita detrazione dell’IVA.
La sentenza in commento interviene sul regime sanzionatorio precedente all’introduzione del Dlgs n. 87/2024 che ha integrato il comma 6 dell’art. 6 del Dlgs n. 471/97, con l’effetto che, per le violazioni commesse dal 1° settembre 2024, nel caso in cui l’indebita detrazione viene recepita in dichiarazione non saranno previste più due sanzioni differenti, una per indebita detrazione e l’altra per dichiarazione infedele, ma solo quella relativa alla dichiarazione infedele, che assorbirà l’altra.
Le sanzioni per infedele dichiarazione e indebita detrazione dell’IVA non sono cumulabili
Nell’ambito di una controversia in materia di IVA la società contribuente aveva impugnato l’avviso di accertamento in relazione, tra l’altro, all’irrogazione delle sanzioni, censurando che nel calcolo della sanzione sarebbe stato violato il principio di consunzione o di assorbimento perché le sanzioni per indebita detrazione erano state cumulate a quelle per infedele dichiarazione.
La CTR ha respinto le doglianze della società, affermando che la stessa avesse realizzato due comportamenti illeciti, commessi in tempi e fasi diversi: il primo riguardante la registrazione della fattura con IVA a credito, sanzionato ex art. 6 comma 6 del Dlgs. n. 471/97, e il secondo attinente all’inserimento dell’imposta in dichiarazione annuale, sanzionato ex art. 5 comma 4 e 4-bis del Dlgs n. 471/97. Di conseguenza la sanzione “doppia” è legittima.
Nel ricorso in Cassazione la società ha contestato il punto, lamentando violazione e/o falsa applicazione degli artt. 6, comma 6, del Dlgs n. 471/97, vigente al momento dei fatti, e dell’art. 5, comma 4-bis, del Dlgs. n. 471/97, avendo errato i Giudici di secondo grado nella mancata applicazione del principio di consunzione o assorbimento.
A parere della ricorrente è evidente che la sanzione relativa alle violazioni in materia di dichiarazione, di cui all’art. 5, comma 4-bis, Dlgs n. 471/97, comprenda e contenga necessariamente in sé anche quella inerente alla violazione dell’illegittima detrazione dell’imposta di cui all’art. 6, comma 6, del Dlgs n. 471/97.
Ed infatti, se si ritiene che il contribuente abbia violato più obblighi inerenti alla contestata illegittima operazione di detrazione dell’IVA, tale condotta esplica necessariamente i propri effetti anche ai fini della dichiarazione, in quanto implica automaticamente che il contribuente abbia presentato una dichiarazione con imposta inferiore a quella dovuta.
La Corte di Cassazione ha ritenuto infondato il motivo di doglianza e ha rigettato il ricorso.
I due illeciti sono materialmente e giuridicamente distinti
A parere del Collegio di legittimità, l’illecito di cui all’art. 5, comma 4-bis del Dlgs n. 471 del 1997, che colpisce la presentazione di una dichiarazione con esposizione di un’imposta inferiore a quella dovuta, non consuma né ricomprende anche quello di cui all’art. 6, comma 6, del Dlgs n. 471/1997, che colpisce l’illegittimo computo in detrazione dell’imposta.
Per tale motivo, non può ritenersi che il disvalore dell’indebita detrazione si annulli in quello della dichiarazione infedele in applicazione del meccanismo dell’assorbimento.
Infatti, si tratta di illeciti materialmente e giuridicamente distinti per condotta, struttura, tempi e modi di consumazione e per bene giuridico tutelato.
Di conseguenza, la circostanza che l’illegittimo computo in detrazione dell’imposta dovrebbe implicare automaticamente la presentazione di una dichiarazione infedele costituisce in realtà una “consecutio” meramente fattuale, priva di alcuna rispondenza ad una necessità logico-giuridica.
Peraltro, in via di fatto, nulla esclude che, a fronte di un’illegittima detrazione, la dichiarazione possa non essere presentata affatto oppure possa esserlo, diversamente, per le più svariate ragioni, con appostazioni corrette. Da qui il rigetto del ricorso.
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