Il Governo punta ad introdurre il salario minimo in Italia attraverso la contrattazione collettiva. I minimi cambieranno a seconda del settore in riferimento al trattamento economico complessivo dei contratti più diffusi. I CCNL vanno estesi a tutti i lavoratori che non rientrano nelle categorie tutt'ora coperte e bisogna rinnovare e adeguare tutti quelli scaduti.
Salario minimo, il Governo ha intenzione di puntare sui contratti collettivi per affrontare la questione del lavoro povero.
La proposta del Ministro Orlando, illustrata nella conferenza stampa del 12 luglio 2022, prevede l’ipotesi di salario minimo tenuto conto del trattamento economico complessivo previsto dalle contrattazioni più diffuse. In questo modo i salari minimi cambieranno a seconda del settore, garantendo guadagni migliori.
La contrattazione collettiva può assicurare un salario adeguato a tutte le categorie di lavoratori.
Sono quasi 3 milioni le persone che non sono coperte da un CCNL. Per molti altri, invece, il contratto è da anni in attesa di un rinnovo. Il tutto comporta condizioni di vita all’insegna di incertezza e vulnerabilità.
La direttiva UE approvata recentemente si muove proprio in questa direzione, promuovendo il rafforzamento della contrattazione collettiva, senza l’obbligo di implementare una retribuzione minima oraria.
Salario minimo: si punta sui contratti collettivi, cosa cambia per i lavoratori
Il Governo potrebbe introdurre il salario minimo in Italia attraverso la contrattazione collettiva. Si punta inoltre a rinnovare e adeguare i CCNL scaduti e ad estenderli a tutte le categorie di lavoratori non coperti.
Il lavoro povero è un fenomeno sempre più dilagante nel Paese e il Governo si sta muovendo per affrontare la questione della precarietà e dei salari, troppo bassi per garantire una vita dignitosa ai lavoratori.
Dalla conferenza stampa del Presidente del Consiglio e del Ministro del Lavoro, tenuta il 12 luglio 2022, sono emerse le intenzioni del Governo di puntare sulla contrattazione collettiva.
Nel suo intervento, il Ministro del Lavoro, ha illustrato la proposta per cui il salario minimo sarebbe introdotto senza stabilire un’unica soglia valida a livello nazionale, come ad esempio i 9 euro l’ora previsti dal DDL Catalfo, ma sulla base del trattamento economico complessivo (TEC) del contratto di categoria.
Il TEC comprende il TEM, il trattamento economico minimo, cioè i minimi tabellari, e tutti quei trattamenti economici comuni a tutti i lavoratori di un determinato settore. Ad esempio tredicesima e quattordicesima, aumenti periodici di anzianità, cassa maternità/paternità e incremento aggiuntivo di retribuzione.
Al centro del progetto ci sono quindi i contratti collettivi. Il salario minimo cambierebbe a seconda della categoria e sarebbe legato alla contrattazione più diffusa o ai contratti firmati dalle associazioni rappresentative.
In questo modo i lavoratori con un guadagno inferiore al minimo otterrebbero un rafforzamento di posizione e, come specificato dal Ministro, si innescherebbe un meccanismo di aumento della media dei salari.
Salario minimo: è necessario rinnovare e adeguare i contratti collettivi
Sono quasi 3 milioni i lavoratori poveri a cui l’estensione della contrattazione collettiva garantirebbe un guadagno migliore.
I numeri del XXI Rapporto annuale dell’INPS forniscono un quadro molto chiaro della situazione salariale italiana e del fenomeno della povertà lavorativa, un contesto che potrebbe continuare a peggiorare a causa dell’inflazione.
La base della proposta del Ministro Orlando è la direttiva europea su cui il Parlamento Europeo e gli Stati membri dell’Unione hanno raggiunto un accordo lo scorso 7 giugno 2022.
Questa non impone una soglia minima di retribuzione sotto la quale non è possibile scendere, ma promuove la contrattazione collettiva e l’ampliamento della sua copertura. Gli Stati avranno due anni di tempo per recepirla.
Bisogna, infatti, estendere i contratti collettivi a tutte le categorie di lavoratori non coperti, i quali vivono in condizioni di incertezza e vulnerabilità.
La proposta sembrerebbe aver raccolto l’approvazione delle confederazioni sindacali, le quali saranno impegnate anche nell’altra questione fondamentale, cioè quella del rinnovo dei CCNL.
I lavoratori di alcuni settori si sono visti rinnovare il proprio contratto negli ultimi mesi. Sono ancora molti però i CCNL scaduti che vanno rinnovati al più presto, come ad esempio quelli del settore del commercio e dei servizi. Il contratto collettivo, infatti, ha una durata di 3 anni, sia per la parte normativa, sia per quella economica.
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