Gli stati membri dell'UE e il Parlamento Europeo hanno raggiunto un accordo sulla direttiva relativa al salario minimo. Non si uniformano tutti i sistemi nazionali, ma si interviene sulla frequenza dell'aggiornamento della retribuzione minima e si rafforza la contrattazione collettiva. L'Italia è tra i Paesi europei in cui non è prevista per legge una retribuzione minima oraria. I dettagli nel comunicato stampa del 7 giugno 2022.
Salario minimo, l’Unione Europea ha raggiunto un accordo provvisorio sulla direttiva presentata nel 2020.
Lo ha reso noto la Commissione Europea tramite il comunicato stampa del 7 giugno 2022.
La direttiva individua le procedure per adeguare il salario minimo legale con frequenti aggiornamenti, rafforza la contrattazione collettiva (CCNL) per la determinazione del salario e facilita l’accesso effettivo alla protezione per quei lavoratori che hanno diritto a una retribuzione minima ai sensi del diritto nazionale.
L’accordo raggiunto è in attesa di essere approvato dal Comitato dei rappresentanti permanenti e poi votato al Consiglio e al Parlamento Europeo.
La direttiva entrerà in vigore dopo 20 giorni dalla pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale dell’UE e gli Stati membri avranno 2 anni di tempo per recepirla.
L’Italia fa parte dell’elenco dei Paesi europei dove non è prevista per legge una retribuzione minima oraria. Il salario più basso è stabilito tramite la contrattazione collettiva. Il dibattito su una eventuale introduzione della misura è molto acceso sulla scena politica.
Salario minimo: la direttiva UE rafforza la contrattazione collettiva
Il Parlamento Europeo e gli Stati membri dell’Unione hanno raggiunto un accordo sulla direttiva relativa al salario minimo adeguato.
La notizia arriva con il comunicato stampa della Commissione Europea del 7 giungo 2022.
La direttiva era stata proposta nell’ottobre del 2020. Questa istituisce un quadro per adeguare i salari minimi legali, promuove la contrattazione collettiva nel processo di determinazione dei salari e migliora le possibilità di accedere alla tutela da parte dei lavoratori.
La contrattazione collettiva (CCNL) è il processo attraverso il quale i lavoratori e i loro rappresentanti negoziano con datori di lavoro e le loro organizzazioni per determinare le loro condizioni di lavoro, tra cui le retribuzioni, gli orari e le ferie e le politiche in tema di salute e sicurezza.
Il provvedimento, dunque, non stabilisce un sistema uniforme per tutti i Paesi membri, né impone l’introduzione di un salario minimo. Il quadro rispetta le specificità dei singoli ordinamenti e favorisce il dialogo tra le parti sociali e punta a rafforzare la tutela garantita della retribuzione minima.
Il salario minimo è una retribuzione oraria minima corrisposta per legge ai lavoratori, sotto la quale non è possibile scendere.
Un salario minimo, spiega la Commissione, è importante per consolidare l’equità sociale e sostenere una ripresa economica sostenibile e inclusiva.
La tutela della retribuzione minima esiste in tutti gli stati membri UE sia attraverso salari minimi legali e contratti collettivi, sia solamente attraverso il CCNL. Quest’ultimo è il caso dell’Italia che insieme a Austria, Cipro, Danimarca, Finlandia e Svezia non ha regole sul salario minimo, ma si basa solamente sulla contrattazione.
Nell’Unione la retribuzione minima mensile varia da 332 euro nel caso della Bulgaria a 1.621 euro per la Germania, che ha da poco approvato l’aumento per la paga minima oraria fissandola a 12 euro, fino ai 2.2567 euro del Lussemburgo.
La questione della sola contrattazione collettiva risiede nella possibilità che si creino lacune nella tutela nei casi in cui non è applicata oppure possa risultare limitata.
L’obiettivo della direttiva, infatti, è affrontare il problema della limitata adeguatezza e/o lacune nella copertura della garanzia del salario minimo.
I principali elementi del provvedimento sono:
- un quadro per la determinazione e l’aggiornamento dei salari minimi legali;
- la promozione e l’agevolazione della contrattazione collettiva sui salari;
- un miglior monitoraggio e una migliore applicazione della tutela garantita dal salario minimo.
Inoltre, sono previste una serie di misure per migliorare l’accesso effettivo dei lavoratori alla protezione del salario minimo, come attività di controllo da parte degli ispettorati del lavoro e il miglioramento della capacità da parte delle autorità di perseguire i datori di lavoro non conformi.
La direttiva UE sui salari minimi adeguati per i lavoratori
In accordo alla direttiva, gli Stati membri in cui è prevista la retribuzione minima legale saranno tenuti ad istituire un quadro tramite il quale sia possibile determinare e aggiornare i salari. Questo dovrà comprendere:
- criteri chiari per la determinazione dei salari minimi;
- l’utilizzo di valori di riferimento indicativi per orientare la valutazione dell’adeguatezza dei salari minimi;
- l’aggiornamento periodico e puntuale dei salari minimi, almeno ogni 2 anni oppure 4 per i paesi che utilizzano un meccanismo di indicizzazione automatica;
- il coinvolgimento concreto delle parti sociali nella determinazione e nell’aggiornamento dei salari minimi legali.
La direttiva, inoltre, promuove la contrattazione collettiva in tutti gli Stati membri e l’ampliamento della sua copertura nei diversi settori. Gli Stati con una copertura inferiore all’80 per cento saranno obbligati all’implementazione delle misure previste.
Infine, gli Stati dovranno prestare grande attenzione alla raccolta dei dati relativi alla copertura e all’adeguatezza dei salari minimi. In questo modo sarà più semplice garantire l’accesso alla tutela da parte dei lavoratori beneficiari.
Il Commissario europeo per il commercio, Valdis Dombrovskis, ha dichiarato che:
“il quadro sui salari minimi rappresenta un passo fondamentale verso la tutela dei lavoratori in tutta l’Unione, nel rispetto delle competenze nazionali e dell’autonomia delle parti sociali. I salari minimi dovrebbero garantire un tenore di vita dignitoso, promuovendo nel contempo l’innovazione e la produttività.”
L’accordo raggiunto il 7 giugno 2022 dovrà essere approvato dal Comitato dei rappresentanti permanenti (COREPER) per poi essere votato al Consiglio e al Parlamento Europeo.
La direttiva sarà in vigore dopo 20 giorni dalla pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale dell’UE e gli Stati membri avranno 2 anni di tempo per recepirla negli ordinamenti nazionali.
Salario minimo: sul tema l’Italia è divisa
In Italia non è prevista una retribuzione minima oraria, il salario più basso viene stabilito tramite la contrattazione collettiva.
Il nostro Paese non è obbligato dalla direttiva ad implementare un salario minimo, dato che non rientra tra i paesi con un tasso di copertura della contrattazione collettiva inferiore all’80 per cento, ma l’introduzione della retribuzione minima è da tempo oggetto di dibattito.
La discussione tra chi è a favore dell’introduzione di un salario minimo e chi invece assume una posizione contraria è molto accesa. Per alcuni la retribuzione minima è necessaria per garantire una maggiore qualità della vita per i lavoratori, per altri la misura ottiene solamente il risultato di aumentare il costo del lavoro per le imprese e di conseguenza la disoccupazione.
La divisione si ritrova ai vertici del Governo, in generale tra i partiti e tra le parti sociali. Per Confindustria il salario minimo non è un tema di sua competenza, in quanto un eventuale salario minimo di 9 euro, così come proposto in un disegno di legge fermo al Senato (DDL Catalfo), non riguarda i contratti di Confindustria perché tutti superiori. L’obiettivo secondo gli industriali è la riduzione del cuneo fiscale.
Anche i sindacati sono divisi, la CGIL approva appieno una eventuale introduzione del salario minimo, la UIL è a favore ma a condizione che non sostituisca i contratti, mentre per la CISL questo obiettivo andrebbe raggiunto tramite la contrattazione collettiva.
Articolo originale pubblicato su Informazione Fiscale qui: Salario minimo: la direttiva UE rafforza la contrattazione collettiva