Ritenuta d’acconto, come correggere gli errori in fattura

Ritenuta d'acconto non operata dal sostituto d'imposta: ecco come correggere gli errori nelle fatture di contribuenti fuoriusciti dal regime forfettario

Ritenuta d'acconto, come correggere gli errori in fattura

Il caso che analizziamo oggi riguarda un contribuente che, ritenendo di avere i requisiti per accedere al regime forfettario, ha emesso fattura senza addebitare l’IVA e senza esporre la ritenuta d’acconto.

Dopo aver constatato il mancato possesso dei requisiti per l’applicazione del regime forfettario e per beneficiare delle semplificazioni ed agevolazioni fiscali previste, sono due strade possibili per la correzione degli errori e per l’esposizione della ritenuta d’acconto in fattura (così come dell’IVA).

Qui andremo a considerare non solo le soluzioni per correggere gli errori in fattura, ma anche per fronteggiare una situazione tutt’altro che poco frequente.

Cosa fare se il sostituto rifiuta le nuove fatture, e non versa la ritenuta d’acconto?

Ritenuta d’acconto, come correggere gli errori in fattura

La ritenuta d’acconto non si applica ai compensi percepiti dai titolari di partita IVA in regime forfettario.

Accanto alla possibilità di non esercitare la rivalsa IVA, è questa una delle agevolazioni previste per i contribuenti che accedono al regime dell’imposta sostitutiva Irpef del 5% o del 15%.

La possibilità di accedere al regime forfettario porta ad una serie di valutazioni iniziali:

  • possono accedere al regime forfettario sia i contribuenti che iniziano una nuova attività di impresa, arte o professione e presumono di conseguire ricavi o compensi non superiori a 85.000 euro;
  • coloro che già sono in attività e, nell’anno precedente all’applicazione del regime forfettario, hanno conseguito ricavi o compensi entro la soglia indicata.

Se, nel secondo caso è più semplice determinare, all’inizio del periodo d’imposta, il possesso dei requisiti per accedere al regime forfettario, la valutazione diventa più complessa per chi apre una nuova partita IVA.

Sono questi i casi in cui capita di ritenere erroneamente di poter accedere al regime forfettario, applicando le agevolazioni fiscali previste in maniera indebita.

Per evitare possibili contestazioni da parte dell’Agenzia delle Entrate, è possibile rettificare gli eventuali errori commessi nell’emissione delle fatture, e nello specifico in materia di IVA e di ritenuta d’acconto.

Un interessante documento di prassi, la risposta all’interpello n. 499/2019 propone due possibili vie per rettificare l’errore, soffermandosi nello specifico sulla mancata esposizione della ritenuta d’acconto e quindi sul mancato versamento da parte del sostituto d’imposta.

Il titolare di partita IVA passato dal regime forfettario al regime ordinario, può correggere l’errore:

  • emettendo, ai sensi dell’articolo 26, comma 1, del d.P.R. n. 633 del 1972, e trasmettendo al committente note di variazione in aumento, ad integrazione delle fatture originarie, addebitando a titolo di rivalsa l’Iva da versare all’erario ed esponendo la ritenuta d’acconto;
  • emettendo, ai sensi dell’articolo 26, comma 2, del d.P.R. n. 633 del 1972, e trasmettendo al committente note di variazione in diminuzione a storno delle fatture originarie ed emettendo nuove fatture, in sostituzione delle precedenti, addebitando a titolo di rivalsa l’Iva da versare all’erario ed esponendo la ritenuta d’acconto.

Cosa succede se il sostituto rifiuta le nuove fatture e, nello specifico, non versa la ritenuta d’acconto all’Erario? L’Agenzia delle Entrate si sofferma su tale aspetto, allineandosi ad un principio espresso più volte dalla Corte di Cassazione.

Come correggere la ritenuta d’acconto sbagliata in fattura
Interpello Agenzia delle Entrate numero 499/2019

Ritenuta d’acconto, il sostituto non può rifiutare la nuova fattura

Nel caso oggetto dell’interpello n. 499/2019, per la correzione dell’errore relativo alla mancata esposizione della ritenuta d’acconto in fattura il contribuente ha emesso note di variazione in diminuzione e nuove fatture elettroniche a storno ed in sostituzione delle precedenti.

Le nuove fatture sono state però rifiutate dal sostituto, che non ha quindi operato la ritenuta d’acconto sull’importo del corrispettivo dovuto e versato quanto dovuto all’Erario.

Per l’Agenzia delle Entrate si tratta di un comportamento che “non sembra trovare una giustificazione nella normativa tributaria.”

In merito alla ritenuta d’acconto, l’onere di versamento è a carico del sostituto d’imposta, secondo quanto previsto dall’articolo 64, primo comma, del dpr n. 600/1973.

Partendo da tale assunto, ed allineandosi alla sentenza della Corte di Cassazione n. 10378/2019, l’Agenzia delle Entrate “salva” il contribuente dall’inadempienza del sostituto:

“Nel caso in cui il sostituto ometta di versare le somme, per le quali ha però operato le ritenute d’acconto, il sostituito non è tenuto in solido in sede di riscossione, atteso che la responsabilità solidale prevista dall’art. 35 d.p.r. n. 602 cit. è espressamente condizionata alla circostanza che non siano state effettuate le ritenute.”

In presenza di omesso versamento della ritenuta da parte del sostituto d’imposta, è quindi esclusa la responsabilità solidale da parte del sostituito qualora sia documentato che questo l’abbia effettivamente subita.

Ritenuta d’acconto non operata dal sostituto, nessun credito in dichiarazione dei redditi

Il rifiuto delle nuove fatture da parte del sostituto d’imposta si ripercuote però negativamente sul contribuente che, nei fatti, pur essendosi premunito per correggere gli errori, non subisce l’applicazione della ritenuta sul corrispettivo addebitato al cliente.

L’Agenzia delle Entrate sottolinea che se il sostituto non ha operato la ritenuta, avendo rifiutato le note di variazione in diminuzione emesse a stono delle fatture originarie, nonché le nuove fatture su cui è esposta la ritenuta d’acconto:

“l’istante non può vantare alcun credito ai fini dell’imposta sul reddito.”

Si tratta di una constatazione ovvia per il caso oggetto dell’interpello n. 499, in quanto l’istante non ha subito le ritenute a titolo d’acconto da parte del sostituto d’imposta.

Un aspetto che è bene evidenziare è invece la conseguenza nel caso di ritenuta d’acconto subita ma non documentata dal sostituto. In tal caso, richiamando alla risoluzione n. 68/E/2009, l’Agenzia delle Entrate afferma che:

anche in assenza della certificazione rilasciata dal sostituto, il sostituito può scomputare dall’imposta sul reddito delle persone fisiche le ritenute subite sui redditi di lavoro autonomo o d’impresa, a condizione che sia in grado di documentare l’effettivo assoggettamento a ritenuta.

La posizione interpretativa dell’Agenzia delle Entrate trova conferma nella giurisprudenza di legittimità e nel seguente principio di diritto:

“In tema di imposte sui redditi, ai fini dello scomputo della ritenuta d’acconto, l’omessa esibizione del certificato del sostituto d’imposta attestante la ritenuta operata non preclude al contribuente sostituito di provare la ritenuta stessa con mezzi equipollenti, onde evitare un duplice prelievo (cfr. Cass., sentenze n. 14138 del 7 giugno 2017 e n. 18910 del 17 luglio 2018).”

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