Rientro dei cervelli, le agevolazioni non valgono per i funzionari UE perché la loro residenza resta fissata in Italia. L'iscrizione all'AIRE non basta per beneficiare del regime agevolato. A chiarirlo è l'Agenzia delle Entrate con la risposta all'interpello numero 475 del 2019.
Rientro dei cervelli, non ci sono agevolazioni per i funzionari UE che decidono di tornare in Italia, dal momento che risultano fiscalmente residenti in Italia anche durante l’attività svolta in altri Stati membri. E l’iscrizione all’AIRE non basta per beneficiare del regime agevolato. A chiarirlo è l’Agenzia delle Entrate con la risposta all’interpello numero 475 dell’8 novembre 2019.
Come di consueto, lo spunto arriva dall’analisi di un caso pratico che vede come protagonista un contribuente che dal 2017 vive e lavora presso la Banca Europea degli Investimenti in Lussemburgo.
- Agenzia delle Entrate - Risposta numero 475 dell’8 novembre 2019
- Articolo 11, comma 1, lettera a), legge 27 luglio 2000, n. 212 -Il regime speciale per i lavoratori impatriati (Articolo 16 del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 147) - Agenti UE soggetti all’articolo 13 del Protocollo sui privilegi e sulle immunità dell’Unione Europea.
Rientro dei cervelli, le agevolazioni non valgono per i funzionari UE
Nel 2018 si è iscritto all’AIRE e sta progettando di ritornare in Italia, all’Agenzia delle Entrate si rivolge per verificare la possibilità di accedere alle agevolazioni fiscali previste per il rientro dei cervelli.
Regole di accesso e benefici sono stati rivisti e resi, in alcuni punti, ancora più favorevoli dagli interventi recenti del Decreto Crescita.
Le novità si applicano dal periodo di imposta 2020 e prevedono un’esenzione dalla tassazione del 70% del reddito di lavoro autonomo o dipendente prodotto per i 5 anni dall’acquisizione della residenza fiscale in Italia.
Per accedere all’agevolazione, però, tra gli altri requisiti richiesti, è necessario avere avuto la residenza fiscale all’estero per almeno due anni.
Nonostante nel caso analizzato ci siano apparentemente tutte le condizioni per ottenere i benefici, l’Agenzia delle Entrate, con la risposta all’interpello numero 475 dell’8 novembre 2019, nega al contribuente la possibilità di accedere al regime agevolato.
Quest’ultimo appartiene, infatti, alla categoria dei funzionari dell’Unione Europea, e viene considerato fiscalmente residente in Italia anche nei periodi di imposta 2018 e 2019.
Ai funzionari UE si applica l’articolo 13 del Protocollo sui privilegi e sulle immunità dell’Unione Europea:
“Ai fini dell’applicazione delle imposte sul reddito e sul patrimonio, dei diritti di successione, nonché delle convenzioni concluse fra gli Stati membri dell’Unione al fine di evitare le doppie imposizioni, i funzionari e gli altri agenti dell’Unione, i quali, in ragione esclusivamente dell’esercizio delle loro funzioni al servizio dell’Unione, stabiliscono la loro residenza sul territorio di uno Stato membro diverso dal paese ove avevano il domicilio fiscale al momento dell’entrata in servizio presso l’Unione, sono considerati, sia nello Stato di residenza che nello Stato del domicilio fiscale, come tuttora domiciliati in quest’ultimo Stato qualora esso sia membro dell’Unione. Tale disposizione si applica ugualmente al coniuge, sempreché non eserciti una propria attività professionale, nonché ai figli ed ai minori a carico delle persone indicate nel presente articolo e in loro custodia”.
Rientro dei cervelli, niente agevolazioni per i funzionari UE: la residenza fiscale resta in Italia
L’Agenzia delle Entrate sottolinea che, dallo stesso quadro delineato dal contribuente che chiede chiarimenti sulle agevolazioni previste per il rientro dei cervelli, è possibile dedurre che il trasferimento in Lussemburgo sia collegato esclusivamente all’ “esercizio delle funzioni a servizio dell’Unione”.
L’articolo 13 riportato è pienamente applicabile. E ovviamente in assenza del requisito della residenza fiscale fuori dall’Italia per almeno due anni, da sola l’iscrizione all’AIRE, Anagrafe degli Italiani Residenti all’Estero non può garantire l’accesso ai benefici fiscali.
Secondo la normativa in vigore, si considerano residenti in Italia le persone fisiche che per almeno 183 giorni (o 184 giorni in caso di anno bisestile) sono iscritte nelle anagrafi della popolazione residente o hanno nel territorio dello Stato il domicilio o la residenza ai sensi del codice civile.
Si tratta di due condizioni alternative fra loro: basta anche una sola delle due per determinare la residenza in Italia.
Articolo originale pubblicato su Informazione Fiscale qui: Rientro dei cervelli, agevolazioni inaccessibili per i funzionari UE