Il nuovo codice del terzo settore ha previsto nuovi regimi forfettari per gli enti che entreranno a far parte del nuovo mondo no profit in sostituzione di quanto previsto dalla legge 398/1991 e dall'art. 145 del TUIR.
Gli enti che entreranno a far parte del nuovo Registro Unico Nazionale del terzo settore potranno usufruire del regime forfettario ai fini della determinazione delle imposte sul reddito e dell’imposizione ai fini iva, previsto dall’art. 80 del d.lgs 117/2017.
Precedentemente alla riforma del terzo settore, le associazioni appartenenti al mondo del no profit potevano usufruire del regime agevolato disciplinato dalla legge 398/1991 o in alternativa del regime forfettario contenuto all’interno dell’art. 145 del D.P.R 917/1986.
In seguito all’approvazione del d.lgs 117/2017, si sono verificati dei cambiamenti radicali da questo punto di vista ed i regimi precedentemente in vigore sono stati sostituiti da sistemi rinnovati e specificatamente formulati per le nuove categorie di ETS.
Gli Enti del Terzo Settore non commerciali
L’art. 80 del d.lgs 117/2017 parla di regime forfettario per gli enti del terzo settore non commerciali, riferendosi alle entità descritte all’interno dell’art. 79 comma 5:
Si considerano non commerciali gli enti del Terzo settore di cui al comma 1 che svolgono in via esclusiva o prevalente le attività di cui all’articolo 5 in conformità ai criteri indicati nei commi 2 e 3 del presente articolo.
Indipendentemente dalle previsioni statutarie gli enti del Terzo settore assumono fiscalmente la qualifica di enti commerciali qualora i proventi delle attività di cui all’articolo 5, svolte in forma d’impresa non in conformità ai criteri indicati nei commi 2 e 3 del presente articolo, nonché le attività di cui all’articolo 6, fatta eccezione per le attività di sponsorizzazione svolte nel rispetto dei criteri di cui al decreto previsto all’articolo 6, superano, nel medesimo periodo d’imposta, le entrate derivanti da attività non commerciali.
Al rispetto quindi delle condizioni imposte dall’art. 79 del CTS è possibile parlare di ente non commerciale del terzo settore ed applicare allo stesso il regime forfettario previsto dall’art. 80, ad eccezione delle APS e delle ODV per le quali il legislatore ha optato per un’ulteriore specifica contenuta nell’art. 86 del d.lgs 117/2017.
Regime forfettario per gli ETS
Il comma 1 dell’art. 80 del d.lgs 117/2017 prevede che “gli enti del Terzo settore non commerciali di cui all’articolo 79, comma 5, possono optare per la determinazione forfetaria del reddito d’impresa”.
La determinazione forfettaria del reddito d’impresa si poggia su alcuni elementi fondamentali che sono:
- esercizio dell’opzione;
- determinazione dell’importo lordo dei redditi imponibili;
- valutazione della tipologia di attività esercitata dall’ente;
- scelta del coefficiente di redditività in base ai parametri stabiliti dalla norma.
La validità di tale regime ha durata minima di un triennio dal momento in cui è stata esercitata, o comunque fino al momento in cui non viene revocata.
L’opzione per il regime forfettario dovrà essere fatta attraverso la dichiarazione annuale dei redditi ed avrà effetto, come specificato al comma 3 dell’art. 80 del CTS, “dall’inizio del periodo d’imposta nel corso del quale è esercitata”.
L’eventuale revoca dovrà quindi sempre esser fatta in occasione della dichiarazione annuale dei redditi ed avrà effetto dal periodo d’imposta della presentazione della dichiarazione stessa.
I coefficienti di redditività
I coefficienti di redditività previsti dal legislatore come percentuale di abbattimento della base imponibile ai fini dell’applicazione delle imposte sui redditi sono contenuti all’interno dell’art. 80 del d.lgs 117/2017 al comma 1 e suddivisi in base ai ricavi percepiti dall’ente.
La base imponibile lorda di tassazione è calcolata sommando i ricavi conseguiti nell’esercizio delle attività di interesse generale, come da articolo 5 del CTS, e delle attività ad esse connesse e strumentali, disciplinate dall’art. 6 del CTS, svolte però con “modalità commerciali”, applicando a tale importo il coefficiente di redditività previsto ed aggiungendo inoltre l’ammontare dei seguenti componenti positivi di reddito:
- plusvalenze patrimoniali;
- sopravvenienze attive;
- dividendi ed interessi;
- proventi immobiliari.
Le modalità di svolgimento di attività che per natura sono considerabili istituzionali, e quindi dotate della possibilità di essere decommercializzate ai fini delle imposte sui redditi, possono cambiare la loro natura insita e causare, in casi estremi, la perdita della qualifica di ente non commerciale se esasperate nel tempo e di margine maggiore rispetto a quanto previsto dal legislatore.
I coefficienti di redditività per gli ETS sono stabiliti in base all’ammontare dei ricavi conseguiti e differentemente in base all’attività esercitata, discorso diverso invece deve esser fatto per le ODV e le APS, che hanno una disciplina ad hoc per la determinazione del reddito in regime forfettario, come da art. 86 del d.lgs 117/2017.
Gli ETS che non sono ODV ed APS seguono la seguente scaletta al fine di determinare il coefficiente da utilizzare:
- se svolgono attività di prestazioni di servizi seguono la seguente suddivisione:
- 7% per ricavi fino a 130.000,00 euro;
- 10 % per ricavi compresi tra 130.001,00 euro e 300.000,00 euro;
- 17% per ricavi oltre i 300.001,00 euro.
- se svolgono altre tipologie di attività, avremo i seguenti coefficienti:
- 5% ricavi fino a 130.000,00 euro;
- 7% ricavi compresi tra 130.001,00 euro e 300.000,00 euro;
- 14% ricavi oltre 300.001,00 euro.
Nel caso in cui vi siano enti che svolgono più di un’attività, cioè che possono rientrare in entrambe le casistiche, il coefficiente dovrà essere determinato prendendo in considerazione quanto previsto per l’attività esercitata in maniera prevalente ed in mancanza “della distinta annotazione dei ricavi, si considerano prevalenti le attività di prestazione di servizi”, come specificato al comma 2 dell’art. 80 del CTS.
Transizione da regime ordinario a forfettario
Uno dei quesiti più frequenti che gli utilizzatori si pongono quando è necessario fare un passaggio da una tipologia di tassazione ad un’altra è relativo alle operazioni da effettuare ai fini di compiere un’ottimale armonizzazione dei conti ai fini reddituali e fiscali.
L’art. 80 al comma 5 del d.lgs 117/2017 prevede che “i componenti positivi e negativi di reddito riferiti ad anni precedenti a quello da cui ha effetto il regime forfetario, la cui tassazione o deduzione è stata rinviata, che dispongono o consentono il rinvio, partecipano per le quote residue alla formazione del reddito dell’esercizio precedente a quello di efficacia del predetto regime”.
Mentre per quanto riguarda le perdite fiscali che si sono generate nei periodi fiscali precedenti a quello in cui ha effetto il regime forfettario, “possono essere computate in diminuzione del reddito determinato ai sensi dei commi 1 e 2 secondo le regole ordinarie stabilite dal testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917”.
Adempimenti esclusi nel regime forfettario
Tra le agevolazioni che il legislatore ha previsto per gli enti che usufruiscono del regime forfettario come da art. 80 del CTS vi è anche l’esclusione dagli studi di settore.
L’art. 80 al comma 7 del d.lgs 117/2017 riporta infatti che “gli Enti che optano per la determinazione forfetaria del reddito di impresa ai sensi del presente articolo sono esclusi dall’applicazione degli studi di settore di cui all’articolo 62-bis del decreto-legge 30 agosto 1993, n. 331, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1993, n. 427 e dei parametri di cui all’articolo 3, comma 184, della legge 28 dicembre 1995, n. 549, nonché degli indici sintetici di affidabilità di cui all’articolo 9-bis del decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50 convertito, con modificazioni, dalla legge 21 giugno 2017, n. 96”.
Articolo originale pubblicato su Informazione Fiscale qui: Regime forfettario per gli ETS non commerciali