La plusvalenza da cessione di immobile o di azienda non può essere accertata in via induttiva solo sulla base del valore dichiarato, accertato o definito ai fini dell'imposta di registro: ulteriori indizi, gravi, precisi e concordanti devono essere individuati dall'Ufficio. Lo chiarisce la Cassazione
Con l’Ordinanza n. 8386 del 28 marzo 2024 la giurisprudenza della Cassazione rafforza l’orientamento oramai unanime e consolidato per cui, dopo l’introduzione del D.Lgs. 147 del 2015, la plusvalenza da cessione di immobile o di azienda non può essere accertata in via induttiva solo sulla base del valore dichiarato, accertato o definito ai fini dell’imposta di registro.
È onere dell’Ufficio individuare ulteriori indizi, gravi, precisi e concordanti, che supportino l’accertamento del maggior corrispettivo rispetto a quanto dichiarato dal contribuente, su cui grava la prova contraria.
Plusvalenza immobiliare e plurimi indizi di evasione: è l’Ufficio a individuarli
Con avviso di accertamento l’Agenzia delle entrate aveva proceduto ad accertare induttivamente in capo al cedente la plusvalenza realizzata con la vendita di un immobile, utilizzando come elemento indiziario solo il valore definito dal compratore ai fini dell’imposta di registro.
A seguito del ricorso proposto dal contribuente la CTR, in riforma della sentenza di primo grado favorevole al soggetto accertato, ha ritenuto legittimo l’atto impositivo, rilevando che il contribuente, sul quale gravava il relativo onere, non aveva fornito idonea prova contraria.
La decisione della CTR è stata impugnata dal contribuente per la violazione di legge perpetrata dall’Agenzia delle Entrate, che ha ritenuto applicabile per la determinazione della plusvalenza il diverso valore del terreno, come determinato dall’acquirente ai fini dell’imposta di registro, e malgrado fosse intervenuto, in materia, l’art. 5, comma terzo, del D.Lgs. n. 147 del 2015, che costituisce norma di interpretazione autentica, la quale ha statuito che l’esistenza di un maggior corrispettivo non può presumersi sulla base del solo valore dichiarato accertato o definito ai fini dell’imposta di registro.
La Corte di Cassazione ha ritenuto fondato il motivo di doglianza e ha cassato con rinvio la sentenza impugnata.
Le conclusione della Corte di Cassazione
Prima dell’introduzione del D.Lgs. n. 147 del 2015 la giurisprudenza di legittimità era concorde nell’affermare che, nella fase di accertamento di una plusvalenza patrimoniale realizzata a seguito di cessione di titolo oneroso di terreni suscettibili di utilizzazione edificatoria, l’Amministrazione finanziaria era legittimata a procedere, in via presuntiva, sulla base dell’accertamento di valore effettuato in sede di applicazione dell’imposta di registro. Era a carico del contribuente l’onere di superare la presunzione di corrispondenza del prezzo incassato col valore di mercato accertato in via definitiva in sede di applicazione dell’imposta di registro, dimostrando di aver in concreto venduto ad un prezzo inferiore.
Successivamente è intervenuto l’art. 5, comma 3 del citato decreto del 2015 che ha previsto che gli articoli 58, 68, 85 e 86 del TUIR si interpretano nel senso che per le cessioni di immobili e di aziende, nonché per la costituzione e il trasferimento di diritti reali sugli stessi, l’esistenza di un maggior corrispettivo non è presumibile soltanto sulla base del valore, anche se dichiarato, accertato o definito ai fini dell’imposta di registro.
A seguito dell’intervento legislativo, la cui norma costituisce interpretazione autentica della previgente disciplina con efficacia retroattiva, la Corte di legittimità ha affermato che, in tema di imposte sui redditi, la norma di interpretazione autentica di cui all’art. 5, comma 3, del d.lgs. n. 147 del 2015, avente efficacia retroattiva, esclude che l’Amministrazione finanziaria possa determinare, in via induttiva, la plusvalenza realizzata dalla cessione di immobili e di aziende solo sulla base del valore dichiarato, accertato o definito ai fini dell’imposta di registro, ipotecaria o catastale.
È onere dell’Ufficio individuare ulteriori indizi, gravi, precisi e concordanti, che supportino l’accertamento del maggior corrispettivo rispetto a quanto dichiarato dal contribuente, su cui grava la prova contraria.
La sentenza impugnata non si è attenuta a questi principi quando ha affermato la legittimità dell’accertamento della plusvalenza non dichiarata ai fini dell’IRPEF, ritenendo che fosse onere della parte fornire prova contraria.
Articolo originale pubblicato su Informazione Fiscale qui: Plusvalenza immobiliare: spetta all’Ufficio individuare i plurimi indizi di evasione