Stipulare il patto per il lavoro è uno di principali obblighi da rispettare per i beneficiari del reddito di cittadinanza: la firma segna l'inizio di un percorso di inserimento professionale in cui Centri per l'Impiego e navigator hanno un ruolo centrale.
Sulla bilancia dei diritti e doveri del reddito di cittadinanza, il patto per il lavoro è al centro e rappresenta l’ambizione più alta della misura di sostegno: collocare, o ricollocare, i cittadini sul mercato del lavoro, e non solo sostenerli dal punto di vista economico. A regolarlo è l’articolo 4 del Decreto Legge numero 4 del 2019.
Con la firma del patto per il lavoro, per coloro che ricevono l’assegno di integrazione al reddito comincia il percorso verso nuove opportunità professionali che è fatto anche di obblighi: l’immediata disponibilità al lavoro e l’adesione ad un percorso personalizzato di accompagnamento all’inserimento lavorativo o al completamento degli studi.
Entro 30 giorni a partire dal riconoscimento del sussidio, i beneficiari che possiedono i requisiti richiesti dalla legge vengono contattati dal Centro per l’Impiego di riferimento per firmare il patto per il lavoro: si attiva, così, un meccanismo che chiama in causa anche le nuove figure professionali dei navigator, che fungono da raccordo tra i diversi attori in gioco.
Di seguito una panoramica sui patti per il lavoro: dalla sottoscrizione alle opportunità professionali:
Il patto per il lavoro del reddito di cittadinanza: cos’è e quando si stipula
Il Patto per il Lavoro è “un percorso personalizzato di accompagnamento all’inserimento lavorativo e prevede la redazione del bilancio delle competenze e attività finalizzate alla ricerca attiva di lavoro e alla formazione o riqualificazione professionale. Il Patto prevede anche attività di servizio alla comunità e l’obbligo di accettare almeno una di tre offerte di lavoro congrue (una in caso di rinnovo)”.
Così si legge nelle risposte alle domande frequenti pubblicate sul sito istituzionale dedicato al reddito di cittadinanza.
Il primo passo verso il percorso di reinserimento lavorativo per i beneficiari del reddito di cittadinanza si compie entro 30 giorni dal riconoscimento del sussidio, due sono le operazioni da effettuare, come è stato stabilito dall’articolo 4 del Decreto legge numero 4 del 2019:
- il richiedente e tutti coloro che compongono il nucleo familiare beneficiari del Rdc, che non sono esclusi dagli obblighi connessi alla fruizione del beneficio, sono tenuti a rendere dichiarazione di immediata disponibilità al lavoro di persona tramite l’apposita piattaforma digitale o tramite gli istituti di patronato convenzionati, ovvero presso centri per l’impiego;
- il richiedente e i componenti del nucleo familiare devono recarsi presso il Centro per l’Impiego, in seguito alla convocazione da parte della struttura di riferimento, per stipulare il patto per il lavoro.
Nel caso in cui la dichiarazione di immediata disponibilità al lavoro non sia stata già trasmessa, è possibile farlo al momento della convocazione.
Come si legge nella circolare ANPAL numero 3 del 15 novembre 2019, il limite dei 30 giorni dal riconoscimento del beneficio in alcuni casi può arrivare a 90 giorni dalla presentazione della DID.
Il patto per il lavoro del reddito di cittadinanza: per quali soggetti è obbligatorio e chi invece è escluso
Tutti i cittadini che beneficiano del reddito di cittadinanza vengono contattati dai Centri per l’Impiego per intraprendere il percorso verso l’inserimento professionale, e di conseguenza sono obbligati a sottoscrivere il Patto per il Lavoro, se nel nucleo familiare c’è almeno un componente che possiede una o più caratteristiche determinanti:
- assenza di occupazione da non più di due anni;
- essere beneficiario della NASpI o di altro ammortizzatore sociale per la disoccupazione involontaria o che ne abbia terminato la fruizione da non più di un anno;
- aver sottoscritto negli ultimi due anni un Patto di servizio in corso di validità presso i Centri per l’Impiego;
In particolare, sono tenuti alla stipula del patto per il lavoro anche le seguenti categorie di soggetti:
- beneficiari di età pari o inferiore a 29 anni;
- soggetti tenuti a rendere la DID;
- i componenti dei nuclei familiari convocati dai servizi competenti per il contrasto alla povertà dei comuni, per i quali, in esito alla valutazione preliminare dai medesimi svolta, siano risultati bisogni prevalentemente connessi alla situazione lavorativa.
Sono esclusi dall’obbligo, invece, i seguenti soggetti:
- minorenni;
- beneficiari occupati;
- beneficiari che frequentano un regolare corso di studi, ovvero:
- scuola secondaria superiore di secondo grado (licei, Istituti tecnici, Istituti professionali, Istituti d’arte, Istituti magistrali);
- un corso di istruzione e formazione
- professionale o istruzione e formazione tecnica superiore (IeFP, IFTS);
- corso di istruzione terziaria (laurea, ITS);
- iscrizione ad un corso di specializzazione o di dottorato;
- beneficiari della Pensione di cittadinanza;
- beneficiari del Reddito di cittadinanza pensionati o comunque di età pari o superiore a 65 anni;
- i componenti del nucleo familiare con disabilità, in particolare:
- le persone in età lavorativa affette da minorazioni fisiche, psichiche o sensoriali e ai portatori di handicap intellettivo, che comportino una riduzione della capacità lavorativa superiore al 45%, accertata dalle competenti commissioni per il riconoscimento dell’invalidità civile, e le persone che hanno diritto all’assegno ordinario di invalidità, ossia gli assicurati all’INAIL la cui capacità di lavoro, in occupazioni confacenti alle loro attitudini, sia ridotta in modo permanente a causa di infermità o difetto fisico o mentale a meno di un terzo;
- le persone invalide del lavoro con un grado di invalidità superiore al 33%, accertata dall’INAIL;
- le persone non vedenti o sordomute;
- le persone invalide di guerra, invalide civili di guerra e invalide per servizio con minorazioni ascritte dalla prima all’ottava categoria di cui alle tabelle annesse al testo unico delle norme in materia di pensioni di guerra, approvato con DPR n. 915/1978.
Mentre chi si occupa di minori fino a tre anni di età o di componenti del nucleo familiare che hanno disabilità grave o che non sono autosufficienti, chi frequenta corsi di formazione, o chi rientra tra gli occupati a basso reddito può chiedere di essere esonerato dalla sottoscrizione del patto per il lavoro al momento della convocazione da parte del CpI.
Il patto per il lavoro del reddito di cittadinanza: gli obblighi per i beneficiari
Con la sottoscrizione del patto per il lavoro, i beneficiari si impegnano ad osservare una serie di obblighi connessi al percorso di reinserimento professionale.
La lista dei doveri prevede diverse attività:
- collaborare con l’operatore addetto alla redazione del bilancio delle competenze, ai fini della definizione del patto per il lavoro;
- registrarsi sulla piattaforma digitale dedicata e consultarla periodicamente come supporto nella ricerca del lavoro;
- svolgere ricerca attiva del lavoro, secondo le modalità definire nel patto per il lavoro, che individua il diario delle attività che devono essere svolte di settimana in settimana;
- accettare di essere avviato a corsi di formazione o riqualificazione professionale, progetti per favorire l’autoimprenditorialità, tenuto conto del bilancio delle competenze, delle inclinazioni professionali o di eventuali specifiche propensioni;
- sostenere i colloqui psicoattitudinali ed eventuali prove selettive finalizzate all’assunzione, su indicazione dei servizi competenti e in linea con le competenze certificate;
- accettare almeno una di tre offerte di lavoro congrue, con la consapevolezza che il rifiuto comporta la perdita dell’assegno.
Si tratta di obblighi che il beneficiario del reddito di cittadinanza deve e può rispettare anche grazie al supporto dei Centri per l’Impiego e dei navigator: il patto per il lavoro dovrebbe creare una comunicazione virtuosa tra le tre parti coinvolte.
Il patto per il lavoro del reddito di cittadinanza: la congruità dell’offerta
Da un lato, infatti, trovare nuove opportunità professionali è un dovere per i Centri per l’Impiego, dall’altro accettare un’offerta di lavoro congrua è un obbligo per i beneficiari, il primo in ordine di priorità.
Ma chi stabilisce se una proposta di lavoro può considerarsi adeguata, oppure no?
I criteri sono fissati dall’articolo 25 del decreto legislativo numero 150 del 2015 e si basano su tre principi:
- coerenza tra l’offerta di lavoro e le esperienze e competenze maturate;
- distanza del luogo di lavoro dal domicilio e tempi di trasferimento mediante mezzi di trasporto pubblico;
- durata dello stato di disoccupazione;
- retribuzione superiore di almeno il 10% del beneficio massimo fruibile da un solo
individuo, inclusivo della componente ad integrazione del reddito dei nuclei residenti in abitazione in locazione.
Per quanto riguarda la distanza dal luogo di lavoro, i fattori determinanti sono la durata di fruizione del beneficio e il numero di offerte già ricevute.
Periodo di fruizione del beneficio | Distanza dalla residenza- PRIMA OFFERTA | Distanza dalla residenza- SECONDA OFFERTA | Distanza dalla residenza- TERZA OFFERTA |
---|---|---|---|
Entro i primi 12 mesi | Entro 100 km o 100 minuti con i mezzi pubblici | entro 250 km | Ovunque in Italia |
Dopo i primi 12 mesi | Entro 250 km | Entro 250 km | Ovunque in Italia |
In caso di rinnovo del beneficio | Ovunque in Italia | Ovunque in Italia | Ovunque in Italia |
Così come stabilisce le regole, il DL numero 4 del 2019 prevede anche delle eccezioni: se nel nucleo familiare sono presenti persone con disabilità, la distanza non può superare i 100 chilometri dalla residenza, sia per la terza offerta di lavoro che nel caso di rinnovo del beneficio.
Nel caso in cui sono presenti figli minori, anche con genitori legalmente separati, esclusivamente nei primi 24 mesi dall’inizio della fruizione del beneficio, anche in caso di rinnovo dello stesso, un’offerta di lavoro è congrua nei seguenti casi:
- la prima offerta deve essere relativa ad una sede di lavoro collocata entro 100 km di distanza dalla residenza o comunque raggiungibile in 100 minuti con i mezzi pubblici;
- la seconda e la terza offerta devono essere relative ad una sede di lavoro collocata entro 250 km di distanza dalla residenza.
Un’offerta di lavoro, inoltre, per essere congrua deve riguardare un rapporto di lavoro a tempo indeterminato oppure determinato o di somministrazione di durata non inferiore a tre mesi con un tempo pieno o con un orario di lavoro non inferiore all’80% di quello dell’ultimo contratto di lavoro.
Articolo originale pubblicato su Informazione Fiscale qui: Il patto per il lavoro legato al reddito di cittadinanza: cos’è e chi lo sottoscrive