Nuovi assunzioni nella Pubblica Amministrazione: uno studio della Cgil evidenzia nel periodo 2001-2016 una riduzione dei dipendenti e il loro progressivo invecchiamento. Ma le risorse previste dalla Legge di Bilancio 2019 sembrano davvero poche.
Un robusto piano di nuove assunzioni nel pubblico impiego non è una scelta politica del nuovo governo giallo-verde: è una necessità vitale del Paese. Qualche mese fa, la ministra per la Pubblica Amministrazione Giulia Bongiorno, aveva parlato di circa 450mila nuove assunzioni nel triennio 2019-2021, circa 147mila all’anno.
A dimostrare che quei numeri non erano citati a caso, ci sono i dati sulla progressiva diminuzione dei lavoratori pubblici italiani e sul loro crescente invecchiamento.
Uno studio recente della Cgil Funzione Pubblica del Lazio evidenzia una riduzione degli occupati dei comparti Aran (ministeri, Agenzie, Regioni, Servizio Sanitario Nazionale, ecc.) nel periodo 2001-2016 pari al 16,8 per cento in Italia che nel Lazio raggiunge quota 18,2 per cento.
Il dato locale è comunque significativo dato che si parla della regione che ospita la maggior parte delle sedi delle amministrazioni pubbliche centrali.
Per citare alcuni esempi specifici: nei ministeri i dipendenti sono calati del 23,3 per cento (25,6 nel Lazio) e nel comparto sanitario del 5,8 per cento (10,2 nel Lazio).
Dipendenti pubblici? Non solo di meno, ma anche più anziani
Anche l’età è uno dei fattori determinanti che spingerebbero qualsiasi governo a una politica di investimenti per nuove assunzioni nella Pubblica Amministrazione, pena il venir meno dell’efficienza minima della macchina statale.
Lo studio del sindacato riporta che nel 2016 i lavoratori della pubblica amministrazione tra i 55 e i 64 anni erano 2 su 5 (il 39,7 per cento, mentre nel Lazio si raggiungeva il 43,1 per cento). Pertanto, entro l’anno prossimo più di 500mila tra loro avranno un’età tra i 58 e i 67 anni (66mila nel Lazio), con conseguenze immaginabili sulla produttività del lavoro e sull’adattamento alle nuove tecnologie oppure su settori ad alta “fisicità” (vigilanza sul territorio, servizi sanitari, ecc.).
Al netto dell’abolizione della Legge Fornero lo studio prevede inoltre che con una tendenza annua di pensionamenti al 2 per cento, entro il 2019 ci saranno 300mila dipendenti in meno, ovvero uno su 5 (36mila in meno nel Lazio). Ovviamente, l’obiettivo politico dell’abolizione dell’attuale disciplina sui pensionamenti provocherebbe un aumento dell’esodo appena descritto.
Nuove assunzioni nella Pubblica Amministrazione: ci sono risorse sufficienti?
Al centro dell’attenzione pubblica non ci può essere quindi la polemica sull’opportunità di un investimento pubblico di questa portata: o al contrario sugli eventuali meriti dell’attuale esecutivo, bensì sulla adeguatezza delle risorse messe in campo.
Da questo punto di vista, la Legge di Bilancio 2019 non prevede di certo grandi cifre: 130 milioni di euro nel 2019, 320 nel 2020 e 420 nel 2021: per fare un esempio, l’anno prossimo ci sarebbero a disposizione poco più di 884 euro per ognuna delle 147mila nuove assunzioni ritenute necessarie dalla ministra Bongiorno.
È su questa proporzione che si gioca la partita del rafforzamento della Pubblica Amministrazione e anche quella della sua utilizzazione come leva dello sviluppo economico.
Articolo originale pubblicato su Informazione Fiscale qui: Nuove assunzioni nella PA: grandi necessità e poche risorse