Legittimità della cessione del terreno ad un valore inferiore a quello periziato

Non è ravvisabile alcun aggancio normativo da cui poter desumere l'esistenza di un obbligo del contribuente di allegazione del valore normale minimo di riferimento periziato e/o di fissazione del corrispettivo nel medesimo valore.

Legittimità della cessione del terreno ad un valore inferiore a quello periziato

Una datata Circolare dell’Agenzia delle Entrate, la numero 1/21, al punto 3 in particolare, tratta un tema risolto dalle Sezioni Unite (Sentenze nn. 2321 e 2322 del 2020), che hanno stabilito che non è ravvisabile alcun aggancio normativo da cui poter desumere l’esistenza di un obbligo del contribuente di allegazione del valore normale minimo di riferimento periziato e/o di fissazione del corrispettivo nel medesimo valore.

Per comprendere la questione bisogna riassumere termini ed evoluzione della relativa disciplina.

Gli articoli 5 e 7 della legge 28 dicembre 2001, n. 448 hanno introdotto la possibilità per i contribuenti che detenevano alla data del 1° gennaio 2002 titoli, quote o diritti, non negoziati in mercati regolamentati, nonché terreni edificabili e con destinazione agricola, di rideterminare il loro costo o valore di acquisto alla predetta data.

Agenzia delle Entrate - Circolare numero 1 del 22 gennaio 2021
Rideterminazione del valore di partecipazioni non negoziate in mercati regolamentati e di terreni edificabili e con destinazione agricola - Articolo 1, commi 693 e 694, della legge 27 dicembre 2019, n. 160, Articolo 137 del decreto legge 19 maggio 2020, n. 34 convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77 e Articolo 1, commi 1122 e 1123, della legge 30 dicembre 2020, n. 178 – Ulteriori chiarimenti e recepimento dell’indirizzo espresso dalle Sezioni Unite della Cassazione con le sentenze nn. 2321 e 2322 del 2020.

La circolare numero 1/21 dell’Agenzia delle Entrate: rivalutazione di partecipazioni e terreni

Sulla base di tale previsione, pertanto, le persone fisiche, le società semplici, gli enti non commerciali e i soggetti non residenti privi di stabile organizzazione in Italia possono fare riferimento al valore fiscalmente riconosciuto del costo di acquisto di detti beni posseduti al di fuori del regime d’impresa, così come rideterminato secondo le modalità contenute nelle predette disposizioni, ai fini del calcolo dei redditi diversi di cui all’articolo 67, comma 1, lettere a), b), c) e c-bis), del Tuir.

Per poter utilizzare il valore rivalutato, in luogo del costo storico, il contribuente è però tenuto al versamento di un’imposta sostitutiva, parametrata al valore risultante da un’apposita perizia giurata di stima redatta da professionisti abilitati.

Disposizioni successive hanno poi modificato la data a cui fare riferimento per il possesso dei beni, la misura dell’aliquota dell’imposta sostitutiva dovuta ed i termini per l’effettuazione degli adempimenti.

Nel periodo d’imposta 2020, è stata prevista la possibilità di rideterminare il valore di acquisto dei suddetti beni detenuti alla data del:

  • 1° gennaio 2020, effettuando i relativi adempimenti entro il 30 giugno 2020;
  • 1° luglio 2020, effettuando i relativi adempimenti entro il 15 novembre 2021 (l’articolo 137 del decreto legge 19 maggio 2020, n. 34 prevedeva inizialmente il termine del 30 settembre 2020 per effettuare gli adempimenti, ma poi in sede di conversione tale termine è stato prorogato al 15 novembre 2020).

Nel periodo d’imposta 2021 è stata prevista, da ultimo (articolo 1, commi 1122 e 1123, della legge 30 dicembre 2020, n. 178), la possibilità di rideterminare il costo o il valore di acquisto delle partecipazioni e terreni detenuti alla data del 1° gennaio 2021, effettuando i relativi adempimenti entro il 30 giugno 2021.

Si ricorda che i soggetti abilitati alla redazione delle perizie con riferimento ai terreni edificabili e con destinazione agricola sono gli iscritti agli albi degli ingegneri, degli architetti, dei geometri, dei dottori agronomi, degli agrotecnici, dei periti agrari e dei periti industriali edili.

Tra i soggetti abilitati alla redazione della perizia giurata (sia per le partecipazioni che per i terreni) sono inclusi anche i periti regolarmente iscritti alle Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura.

La procedura di rideterminazione del costo o valore di acquisto è condizionata al versamento di un’imposta sostitutiva nella misura dell’11 per cento del valore risultante dalla perizia.

Il versamento dell’imposta sostitutiva, il cui termine è stato fissato al 30 giugno 2021, può essere rateizzato fino ad un massimo di tre rate annuali di pari importo, a decorrere dalla medesima data (in luogo del versamento in un’unica soluzione).

Sull’importo delle rate successive alla prima sono dovuti gli interessi nella misura del 3 per cento annuo da calcolare a decorrere dal 1° luglio 2021 e da versare contestualmente a ciascuna rata (30 giugno 2022 e 30 giugno 2023).

Nel caso di versamento dell’intero importo o della prima rata oltre il predetto termine del 30 giugno 2021, la rivalutazione non può considerarsi perfezionata e il contribuente non può utilizzare il valore rideterminato al fine di determinare l’eventuale plusvalenza, fermo restando la possibilità di poter chiedere a rimborso quanto versato.

Si ricorda che il contribuente, qualora lo ritenga opportuno, può rideterminare il valore (delle partecipazioni e) dei terreni nell’ipotesi in cui abbia già in precedenza usufruito di analoghe disposizioni agevolative, anche nel caso in cui l’ultima perizia giurata di stima riporti un valore inferiore a quello risultante dalla perizia precedente.

Nel caso in cui sia stata effettuata una nuova perizia dei beni detenuti alla data del 1° gennaio 2021, è possibile scomputare dall’imposta sostitutiva dovuta l’imposta sostitutiva eventualmente già versata in occasione di precedenti procedure di rideterminazione effettuate con riferimento ai medesimi beni.

In alternativa allo scomputo dell’imposta già versata, il contribuente può presentare istanza di rimborso dell’imposta sostitutiva pagata in passato.

Legittimità della cessione del terreno ad un valore inferiore a quello periziato

Tanto premesso, la Circolare, come accennato, recepisce ora l’indirizzo espresso dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione con le sentenze nn. 2321 e 2322 del 31 gennaio 2020, secondo cui l’indicazione nell’atto di cessione di un corrispettivo inferiore al valore rideterminato con la perizia giurata non determina la decadenza dal beneficio di cui al citato articolo 7 della legge n. 448 del 2001.

La questione, in questo caso, è la seguente.

Ai sensi del comma 6 dell’articolo 7 della legge n. 448 del 2001, il valore rideterminato dei terreni edificabili e con destinazione agricola costituisce “valore normale minimo di riferimento ai fini delle imposte sui redditi, dell’imposta di registro e dell’imposta ipotecaria e catastale”.

Con le Circolari 1° febbraio 2002, n. 15/E e 15 febbraio 2013, n. 1/E era stato chiarito che, qualora nell’atto di cessione del terreno venisse indicato un valore inferiore a quello rivalutato, per il calcolo delle plusvalenze si applicavano le regole ordinarie dettate dall’articolo 68 del TUIR, per cui il valore iniziale di riferimento era dato dal costo o valore di acquisto del terreno, non potendosi tenere conto degli effetti della rivalutazione del bene.

Con la Risoluzione 27 maggio 2015, n. 53/E era poi stato aggiunto che, ai fini del calcolo delle plusvalenze, si poteva comunque fare riferimento al valore rivalutato qualora, pur essendo stato indicato nell’atto di cessione un valore inferiore, lo scostamento fosse “poco significativo e tale da doversi imputare ad un mero errore”, oppure quando, anche in presenza di un corrispettivo dichiarato sensibilmente inferiore a quello periziato, fosse stata fatta comunque menzione in atto della intervenuta rideterminazione del valore del terreno.

L’interpretazione dell’Amministrazione finanziaria ha trovato conferma in una parte della giurisprudenza di legittimità (Cfr. ordinanza n. 24136 del 13 ottobre 2017, con la quale è stato affermato che “qualora ai fini dell’imposta sui redditi venga dichiarato nell’atto di vendita un valore inferiore a quello asseverato, tale inferiorità rende nulla la rivalutazione effettuata, con la conseguenza che, per il calcolo della plusvalenza, si deve assumere, quale valore iniziale di riferimento, il valore di acquisto storico del terreno”, nonché ordinanza n. 9748 del 18 aprile 2017, secondo cui “l’odierno intimato ha dichiarato nell’atto di vendita un prezzo inferiore a quello oggetto dell’indicata perizia di stima, sicché l’aver versato l’imposta sostitutiva non può essere considerato preclusivo dell’esercizio del potere di accertamento dell’Ufficio, accertamento che, in mancanza del riferimento del prezzo al valore periziato, legittimamente assume ai fini della quantificazione della plusvalenza il criterio ordinario di cui all’art. 68 in relazione all’art. 67, comma 1 TUIR”), alla quale si era però contrapposto un indirizzo maggioritario di segno contrario (Cfr. ordinanza n. 7037 del 21 marzo 2018, la quale afferma che “la giurisprudenza di legittimità ha negli ultimi anni ripetutamente ribadito che … la scelta del contribuente di calcolare il valore del bene ex art. 7 della L. n. 448 del 2001, in deroga al sistema ordinario, …, non determina alcun vincolo nella successiva vendita e non limita, pertanto, la facoltà di alienare il bene ad un prezzo inferiore, sicché, anche in tale ipotesi, deve escludersi la decadenza del contribuente dal beneficio e la possibilità per l’Amministrazione finanziaria di accertare la plusvalenza secondo gli ordinari criteri (Cass., Sez. 6-5, ord. n. 24310/2016; ord. n. 19242/2016; ord. n. 25721/2014”), (cfr. anche: Cass., n. 2894 del 31 gennaio 2019; Cass., n. 11044 del 19 aprile 2019).

Legittimità della cessione del terreno ad un valore inferiore a quello periziato: la soluzione al contrasto giurisprudenziale

Il contrasto giurisprudenziale, come detto, è stato infine risolto dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione con le citate sentenze nn. 2321 e 2322 del 31 gennaio 2020, che hanno dato continuità all’indirizzo sfavorevole all’Amministrazione, affermando il seguente principio di diritto:

“l’indicazione nell’atto di vendita dell’immobile, di un corrispettivo inferiore rispetto al valore del cespite in precedenza rideterminato dal contribuente sulla base di perizia giurata a norma dell’art. 7 della legge n. 448 del 2001 non determina la decadenza del contribuente dal beneficio correlato al pregresso versamento dell’imposta sostitutiva, né la possibilità per l’Amministrazione finanziaria di accertare la plusvalenza secondo il valore storico del bene”.

Secondo i giudici, in particolare, la possibilità di avvalersi del meccanismo agevolativo di cui al citato articolo 7, comma 1, della legge n. 448 del 2001 va intesa nel senso che, una volta verificatisi i presupposti di legge per fruire dell’imposta sostitutiva, “tale meccanismo impedisce di recuperare, ai fini del computo della plusvalenza, il valore storico del bene anteriore a quello di perizia, ancorché detto valore non sia indicato nell’atto o sia indicato un valore commerciale inferiore a quello periziato, come tale inidoneo a determinare l’insorgenza di un reddito tassabile rispetto al valore periziato maggiore”.

A fondamento della decisione, le Sezioni Unite pongono inoltre la circostanza che non è ravvisabile alcun aggancio normativo da cui poter desumere l’esistenza di un obbligo del contribuente di allegazione del valore normale minimo di riferimento periziato e/o di fissazione del corrispettivo nel medesimo valore.

Infine, i giudici rilevano come l’interpretazione sia pienamente coerente con la posizione che la stessa Cassazione ha assunto - sul presupposto dell’assenza di limitazioni poste dalla legge - in merito al riconoscimento del beneficio di cui all’articolo 7 della legge n. 448 del 2001 nei casi in cui la perizia sia stata asseverata successivamente alla stipula dell’atto di vendita (posizione già recepita dall’Amministrazione con la Risoluzione n. 53/E del 2015).

In capo all’Amministrazione permane naturalmente il potere di compiere le opportune verifiche per evitare l’occultamento della base imponibile, come hanno avuto modo di evidenziare anche le stesse Sezioni Unite, secondo cui “Deve (…) ammettersi senz’altro che l’Amministrazione possa richiedere alle parti contraenti (…) il pagamento delle imposte di trasferimento rettificando il prezzo di vendita inferiore indicato nell’atto di trasferimento e contestando il pagamento delle imposte d’atto sulla base del valore a suo tempo periziato – alla stregua dell’art. 7, comma 6, della l. n. 448/2001”.

Sulla base di tale indirizzo, come detto, la Circolare in commento supera quindi ora le indicazioni già precedentemente fornite sul punto con i sopra richiamati documenti di prassi.

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