Lavoro intermittente: con la circolare numero 1 dell'8 febbraio 2021, l'Inl ha chiarito che i Contratti Collettivi Nazionali di lavoro (CCNL) possono disciplinarlo, individuando i motivi che ne giustificano il ricorso, ma non sono legittimati a vietarne l'impiego. La circolare dell'Ispettorato prende le mosse dalla sentenza della Cassazione n. 29423 del 13 novembre 2019.
Lavoro intermittente: i CCNL possono disciplinarlo ma non vietarlo.
A fornire chiarimenti è l’Ispettorato Nazionale del Lavoro (Inl), con la circolare numero 1 dell’8 febbraio 2021. I contratti collettivi, sebbene abbiano il compito di disciplinare tale forma contrattuale, non possono vietarne il ricorso.
Per lavoro intermittente si intende il contratto, sia a tempo indeterminato che a tempo determinato, per mezzo del quale un lavoratore si mette a disposizione di un datore di lavoro che ne può utilizzare la prestazione lavorativa in modo discontinuo o intermittente.
Ecco, quindi, che il datore di lavoro si rivolge al lavoratore soltanto nei momenti in cui ha la necessità che questa attività venga svolta.
Il documento di prassi, nel fornire le regole del caso, prende le mosse da una sentenza della Corte di Cassazione (n. 29423 del 13 novembre 2019) che ha di fatto sovvertito la pratica condivisa di molti contratti collettivi di porre il veto sul lavoro intermittente.
Un divieto che tuttavia non può essere previsto dai CCNL, giacché il legislatore attribuisce loro solo il compito di individuare le esigenze che ne giustificano l’impiego.
L’Ispettorato, quindi, chiede i agli stessi ispettori del lavoro, in ordine alla loro attività di vigilanza, di segnalare le eventuali clausole presenti nei contratti collettivi che dovessero escludere il ricorso al lavoro intermittente.
Lavoro intermittente: il CCNL può disciplinarlo ma non vietarlo. La circolare dell’Inl
Con la circolare numero 1 dell’8 febbraio 2021 l’Inl vuole ricordare ai propri ispettori di verificare se l’utilizzo del lavoro intermittente risulti ammissibile in ossequio alle ipotesi ammesse dalla norma.
- INL- Circolare numero 1 dell’8 febbraio 2021- lavoro intermittente – campo di applicazione – ruolo della contrattazione collettiva
- Scarica la Circolare INL numero 1 dell’8 febbraio 2021- lavoro intermittente – campo di applicazione – ruolo della contrattazione collettiva
Il lavoro intermittente, infatti, per il suo carattere di “discontinuità” e in un’ottica di tutela del lavoratore, è ammesso soltanto per determinate professioni e all’interno di specifici limiti anagrafici.
L’articolo 13 del Decreto legislativo del 15 giugno 2015 numero 81, in questo senso, stabilisce che il ruolo della contrattazione collettiva è quello di individuare le esigenze che giustificano il ricorso a tale tipologia contrattuale.
La sentenza della Suprema Corte n. 29423 del 13 novembre 2019 citata dalla circolare, sebbene con riferimento all’analoga disciplina dell’istituto contenuta nel d.lgs. n. 276/2003, si era espressa in questi termini.
La normativa in materia di lavoro intermittente:
“Si limita, infatti, a demandare alla contrattazione collettiva la individuazione delle esigenze per le quali è consentita la stipula di un contratto a prestazioni discontinue, senza riconoscere esplicitamente alle parti sociali alcun potere di interdizione in ordine alla possibilità di utilizzo di tale tipologia contrattuale”.
La disciplina collettiva, quindi, può intervenire esclusivamente su questo particolare aspetto dal momento che, nell’ottica del legislatore, le parti sociali sono quelle maggiormente in grado di individuare le situazioni che giustificano il ricorso a tale tipologia di lavoro perché in prossimità al settore oggetto di regolazione.
Tali esigenze sono, fra l’altro, per quanto riguarda le cosiddette “situazioni oggettive”, previste dalla tabella allegata al regio decreto n. 2657 del 1923 che individua le attività per cui è legittimato l’impiego del lavoro a chiamata.
Con riferimento a quelle “soggettive”, invece, il citato articolo 13 del DL 81/2015, dispone che il lavoro intermittente può essere impiegato per individui rispondenti alle seguenti caratteristiche :
- soggetti con meno di 24 anni di età, purché le prestazioni lavorative siano svolte entro il venticinquesimo anno;
- soggetti e con più di 55 anni;
Lavoro intermittente: il caso particolare dell’autotrasporto
Dopo aver fornito, come abbiamo visto, le rilevanti istruzioni agli ispettori, l’Ispettorato Nazionale del Lavoro si sofferma sul caso specifico del settore dell’autotrasporto per cui, ad oggi, la relativa contrattazione collettiva non dà indicazioni riguardo alle esigenze che giustificano il lavoro intermittente.
In questa ipotesi, fermo restando le indicazioni di carattere soggettivo di cui sopra, l’Ispettorato riprende la regola generale già richiamata dalla Corte di Cassazione: il lavoro intermittente nell’autotrasporto è comunque ammesso per le attività indicate nella tabella allegata al regio decreto n. 2657 del 1923.
In particolare, al punto 8 della tabella è stabilito è ricompreso il personale addetto ai trasporti di persone e di merci, ovvero:
“Personale addetto ai lavori di carico e scarico, esclusi quelli che a giudizio dell’Ispettorato dell’industria e del lavoro non abbiano carattere di discontinuità”.
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