L'IRAP è dovuta solo se se si accerta che i compensi erogati a terzi, anche se di ammontare elevato, siano stati corrisposti per attività strettamente connesse alla professione svolta. Ecco le ultime novità dalla Corte di Cassazione.
Secondo la Corte di Cassazione, si ravvisa il requisito dell’autonoma organizzazione e il conseguente assoggettamento a IRAP in capo al professionista solo se si accerta che i compensi erogati a terzi, anche se di ammontare elevato, siano serviti per corrispondere attività strettamente connesse all’attività professionale svolta dal contribuente, tali da potenziarne ed accrescerne l’attività produttiva.
Questo il contenuto dell’ordinanza n. 22473 del 9 settembre 2019.
- Corte di Cassazione - Ordinanza numero 22473 del 9 settembre 2019
- Compensi e costi elevati: non sempre l’IRAP è dovuta. A stabilirlo è la Corte di Cassazione con l’ordinanza numero 22473 del 9 settembre 2019.
La sentenza – Ancora una volta gli ermellini sono stati chiamati a dirimere una controversia riguardante il ricorso proposto da un professionista, questa volta un commercialista, avverso il silenzio-rifiuto opposto dall’Amministrazione finanziaria a fronte dell’istanza di rimborso dell’IRAP.
La CTP e la CTR hanno entrambe ritenuto infondati i motivi di ricorso del professionista affermando, questi ultimi, che i dati rivenienti dalle dichiarazione dei redditi relative agli anni d’imposta in contestazione, da cui emergevano le spese sostenute dal contribuente a fronte dell’impiego non occasionale di lavoro altrui, dimostravano la sussistenza del presupposto impositivo dell’autonoma organizzazione.
Avverso la sentenza d’appello il contribuente ha proposto ricorso per cassazione, deducendo violazione e falsa applicazione degli artt. 2 e 3 del d.lgs. n. 446/1997, in ordine alla esistenza di una attività autonoma organizzata.
La Corte di cassazione, a differenza dei collegi di merito, ha ritenuto fondata la tesi del ricorrente e cassato con rinvio la sentenza impugnata.
In tema di IRAP gli ermellini hanno ribadito in questa sede il principio per cui l’impiego non occasionale di lavoro altrui, quale requisito configurabile un’autonoma organizzazione, rileva solo se il professionista eroga elevati compensi a terzi per prestazioni afferenti specificamente l’esercizio della propria attività, indipendentemente dal mezzo giuridico utilizzato.
Se ne deduce, pertanto, che si realizza assoggettamento ad IRAP solo se, a seguito di un’analisi fattuale effettuata “caso per caso”, l’Ufficio finanziario accerti che i compensi erogati a terzi riguardino “attività strettamente connesse a quella oggetto della professione svolta dal contribuente, e comunque tale da potenziarne ed accrescerne l’attività produttiva”.
In buona sostanza il mero riscontro in valore assoluto dei costi e dei compensi del professionista, così come il loro rapporto percentuale, costituiscono elementi che, se non valorizzati, sono insufficienti a desumere il presupposto impositivo dell’autonoma organizzazione di un professionista. A parere della cassazione, infatti, “le spese consistenti possono derivare da costi strettamente afferenti all’aspetto personale, rappresentando, così, un mero elemento passivo dell’attività professionale, non funzionale allo sviluppo della produttività e non correlato all’implementazione dell’aspetto organizzativo”.
La cassazione della sentenza deriva, quindi, dall’errata applicazione di tali principi da parte della CTR, che ha mancato di operare un’analisi critica della consistenza di elementi idonei a comprovare l’utilizzo di una organizzazione autonoma, limitandosi a rilevare le spese sostenute dal contribuente.
Articolo originale pubblicato su Informazione Fiscale qui: Compensi e costi elevati: non sempre l’IRAP è dovuta