L'impresa sociale disciplinata dal decreto legislativo 112/2017 è per natura un ente commerciale, seppur facente parte del terzo settore, da tale assunto nascono però interrogativi circa l'applicabilità delle normative fiscali e delle relative agevolazioni. Con la risposta all'interpello numero 475 del 2021, l'Agenzia delle Entrate ha sciolto i dubbi sull'IVA.
La riforma del terzo settore nata dai decreti legislativi 117/2017 e 112/2017 e plasmata dai numerosi decreti ministeriali, oltre che da svariate pronunce del legislatore in senso interpretativo, desta ancora molti interrogativi.
Uno dei più frequenti riguarda l’applicabilità della disciplina agevolativa per la tassazione dei proventi e per l’IVA alle diverse categorie di enti che compongono il panorama del terzo settore.
Una Fondazione ha sollevato una problematica all’Agenzia delle Entrate circa la possibilità di applicare l’esenzione IVA prevista dall’art. 10 comma 1 n. 27-ter del D.P.R. 633/72, dopo avere assunto la qualifica di impresa sociale.
Il contrasto è ovvio e non trascurabile in quanto la fondazione, pur svolgendo un’attività tra quelle previste dall’art. 5 del d. lgs. 117/2017, e quindi considerabile di natura non commerciale, andrà ad assumere le vesti di un’impresa.
Il dubbio sorge quindi per la tipologia di attività che l’ente andrà a svolgere, per la quale la disciplina iva potrebbe prevedere una soluzione ideale.
Esenzione IVA: le modifiche apportate dalla riforma
La riforma del terzo settore ha profondamente modificato l’inquadramento fiscale e giuridico degli enti non commerciali, causando diversi disallineamenti con le discipline previgenti e facendo quindi nascere numerosi dubbi.
Quello che andremo ad analizzare riguarda l’applicabilità dell’esenzione IVA, nel caso specifico di una fondazione ETS, che svolge attività di tipo assistenziale, sotto forma di impresa sociale come da d.lgs. 112/2017.
Per compiere tale analisi dovremo prima partire dalla disciplina IVA prevista dal D.P.R 633/72 e da come essa sia stata modificata dal d.lgs. 117/2017.
L’art. 10 primo comma ai numeri 15,19,20,27 del D.P.R. 633/72 elenca una serie di attività a carattere socio-assistenziale che se svolte da una ONLUS possono essere oggetto di esenzione da IVA, il codice del terzo settore, in particolare all’art. 89 comma 7 lett. b) del d.lgs 117/2017, ha poi previsto la sostituzione della parola ONLUS con il seguente assunto “enti aventi finalità di assistenza sociale e da enti del Terzo settore di natura non commerciale”.
Tale modifica seppur apparentemente insignificante, racchiude in sé, il volere del legislatore e l’obiettivo che esso ha voluto raggiungere attraverso l’approvazione del nuovo codice del terzo settore.
Difatti le condizioni per ottenere la qualifica fiscale di ONLUS, prima dell’avvento della riforma erano diverse rispetto a quanto richiesto per poter definire un ente “del terzo settore di natura non commerciale” o “avente finalità di assistenza sociale”, ma tale casistica si complica maggiormente nel caso oggetto di analisi, avendo preso infatti come soggetto una fondazione, con qualifica di impresa sociale avente però “finalità di assistenza sociale”.
Fondazione impresa sociale con finalità assistenziali: il caso
Al fine di poter meglio comprendere la complessità della casistica analizzata si ripropone di seguito il quesito posto all’Agenzia delle Entrate, al quale il competente ufficio ha dato risoluzione con la risposta n. 475/2021.
“L’istante Fondazione è in attesa di qualificazione ai sensi del Codice del Terzo settore (CTS), per le caratteristiche e modalità di gestione delle attività, la Fondazione ritiene di avere i requisiti per assumere la qualifica di impresa sociale ai sensi del d.lgs. n. 112 del 2017.
Ai sensi dell’art. 2 del vigente Statuto, la Fondazione persegue in via esclusiva finalità di solidarietà sociale, prestando attenzione esclusiva ai soggetti svantaggiati in ragione di condizioni fisiche, psichiche, economiche, sociali, famigliari o di qualsiasi
altro genere.Tale scopo si attua tramite la promozione e lo svolgimento, diretto o attraverso altre istituzioni senza scopo di lucro, delle attività, rivolte a soggetti in stato di svantaggio ai sensi del comma 2, dell’art. 10 del d.lgs. n. 460 del 1997, nei seguenti settori: assistenza sociale e sociosanitaria; beneficenza; formazione. L’istante chiede se, in caso di assunzione della qualifica di impresa sociale ai sensi del d.lgs. n. 112 del 2017, possa ricondursi tra gli enti aventi finalità di assistenza sociali di cui all’articolo 10, comma 1, n. 27-ter), del d.P.R. n. 633 del 1972 e beneficiare della relativa esenzione IVA al verificarsi degli altri presupposti previsti dalla norma”.
Riepilogando quindi, la Fondazione in attesa di qualifica come ente del terzo settore, in particolare impresa sociale ai sensi del d.lgs 112/2017, svolge attività di tipo assistenziale, ed in funzione a tale fattispecie chiede parere all’Agenzia delle entrate in merito alla possibilità di poter beneficiare dell’esenzione IVA.
Dopo una prima lettura si avverte subito il contrasto, tra la natura dell’impresa sociale e dell’attività esercitata dalla Fondazione, ponendosi da un lato la codificazione di ente commerciale e dall’altro la possibilità di beneficiare dell’esenzione IVA prevista dall’art. 10 comma primo n. 27-ter del D.P.R 633/72, modificato dall’art. 89 del d.lgs 117/2017.
Esenzione IVA nelle imprese sociali: la risposta all’interpello dell’Agenzia delle Entrate
Il contrasto, come abbiamo sopra analizzato, nasce dalla natura di ente commerciale dell’impresa sociale, contrapposta alla tipologia di attività esercitata dalla fondazione “avente finalità di tipo assistenziale”, che come possiamo leggere dall’art. 10 comma 1 numero 27-ter del D.P.R. 633/72 sembra rientrare tra quelle oggetto di esenzione.
“Le prestazioni socio-sanitarie, di assistenza domiciliare o ambulatoriale, in comunità e simili, in favore degli anziani ed inabili adulti, di tossicodipendenti e di malati di AIDS, degli handicappati psicofisici, dei minori anche coinvolti in situazioni di disadattamento e di devianza, di persone migranti, senza fissa dimora, richiedenti asilo, di persone detenute, di donne vittime di tratta a scopo sessuale e lavorativo, rese da organismi di diritto pubblico, da istituzioni sanitarie riconosciute che erogano assistenza pubblica, previste dall’articolo 41 della legge 23 dicembre 1978, n. 833, o da enti aventi finalità di assistenza sociale e da enti del Terzo settore di natura non commerciale”.
A tale proposito l’AdE si è pronunciata esordendo nell’analisi della casistica con la citazione dell’art. 79 del d.lgs 117/2017, comma 1.
Il legislatore chiarisce che “agli enti del Terzo settore, diversi dalle imprese sociali, si applicano le disposizioni di cui al presente titolo nonché le norme del titolo II del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, in quanto compatibili”.
Tutto ciò poi ulteriormente sottolineato dal comma 5 che prevede che vengano considerati “non commerciali gli enti del Terzo settore che svolgono in via esclusiva o prevalente le attività di cui all’articolo 5 in conformità ai criteri indicati nei commi 2 e 3 del presente articolo. Indipendentemente dalle previsioni statutarie gli enti del Terzo settore assumono fiscalmente la qualifica di enti commerciali qualora i proventi delle attività di cui all’articolo 5, svolte in forma d’impresa”.
Questo a dimostrazione del fatto che le imprese sociali sono considerate enti del terzo settore di natura però commerciale, a prescindere dall’attività esercitata. Per questo l’AdE si è pronunciata in risposta al quesito posto dalla Fondazione in tale senso:
Il citato articolo 89, comma 7, lettera b) del CTS, sostituendo la parola ONLUS con “enti del Terzo settore di natura non commerciale” ha evidenziato la volontà del legislatore di escludere dal novero dei soggetti che possono applicare la disposizione contenuta nell’art. 10, comma 1, n. 27-ter) del d.P.R. n. 633 del 1972, tutti gli enti che hanno natura commerciale e di conseguenza anche le imprese sociali che per definizione sono enti di carattere commerciale.
Per le suesposte considerazioni si ritiene che la fondazione istante non possa fruire dell’esenzione IVA di cui all’art 10, comma 1, n. 27-ter del d.P.R. n. 633 del 1972, nell’ipotesi in cui dovesse assumere la qualifica di impresa sociale.
Nonostante, quindi, la tipologia di attività esercitata dalla Fondazione, nel caso in cui essa ottenga la qualifica di impresa sociale non potrà più beneficiare dell’esenzione iva, in quanto sarà sempre preponderante la natura commerciale dell’ente assunta con la qualifica di impresa ai sensi del d.lgs 112/2017.
Articolo originale pubblicato su Informazione Fiscale qui: Impresa sociale ai fini assistenziali: si applica l’esenzione IVA?