Interessante intervento della Corte di Cassazione in materia di imposta di registro sulle servitù agricole (che però in sostanza conferma quanto già noto)
La questione oggetto della controversia in esame, all’attenzione della Corte di Cassazione, riguarda la tassazione applicabile, ai fini dell’imposta di registro, agli atti costitutivi di servitù su terreni agricoli.
In particolare, la Suprema Corte è stata chiamata a pronunciarsi sulla applicazione della aliquota del 9 ovvero del 15 per cento, previo esame del testo dell’articolo 1 della Tariffa, Parte prima, allegata al Testo Unico dell’imposta di registro approvato con dPR n. 131 del 1986 (cd. TUR).
Con particolare riferimento alla vicenda processuale che ha preceduto il giudizio in Cassazione, si fa presente che la Commissione tributaria regionale del Molise ha rigettato l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate contro la sentenza della competente Commissione tributaria provinciale, assumendo, in linea con quanto già precisato dai giudici di primo grado, che l’articolo 1 della tariffa opera una distinzione solo per tipi di atti e non più per tipi di beni che ne formino oggetto, risultando il discrimine tra atti traslativi a titolo oneroso della proprietà di beni immobili ed atti traslativi di diritti reali di godimento, da un lato, ed atti costitutivi di diritti reali immobiliari di godimento, dall’altro.
Per i giudici di secondo grado, pertanto, il termine trasferimento contenuto nell’ articolo 1 della Tariffa allegata al TUR non poteva riferirsi al diritto di servitù, trattandosi di diritto oggetto di costituzione, risultando la norma chiara nello stabilire la misura percentuale dell’8% per gli atti di costituzione di servitù e, la misura del 15% per gli atti di trasferimento di terreni agricoli a favore di soggetti diversi dagli imprenditori agricoli.
Successivamente, nel giudizio incardinato presso la Corte di Cassazione, l’Agenzia delle Entrate ha eccepito la violazione e falsa applicazione dell’articolo 1 della Tariffa, Parte prima, allegata al TUR, dichiarando che, in base al principio generale stabilito per l’applicazione dell’imposta di registro, si deve aver riguardo alla intrinseca natura e agli effetti giuridici degli atti presentati alla registrazione e che nel caso concreto con gli atti pubblici è stato costituito un diritto reale (di servitù), in relazione al quale deve aversi riguardo alla natura del terreno piuttosto che a quello della servitù, per cui, essendo il fondo servente su cui è stata costruita la servitù un terreno agricolo, l’imposta di registro andrebbe applicata nella misura del 15% stabilita dall’articolo 1 della Tariffa.
L’Agenzia ha inoltre ritenuto che l’interpretazione letterale fornita dalla precedente sentenza della Corte di Cassazione (la n. 16495 del 2003) fosse rimasta isolata e scontasse il limite di non aver fornito un’interpretazione sistematica del richiamato articolo 1 della Tariffa, mentre il legislatore con il primo periodo dell’articolo 1 della Tariffa aveva inteso raggruppare tutte le ipotesi di atti e nei successivi periodi, invece di ripeterne l’elenco, si sarebbe limitato a usare il termine trasferimento in un’accezione più ampia, che ricomprende, tra l’altro, tutti gli atti avente ad oggetto i terreni agricoli.
Le valutazioni della Cassazione: focus sulle tipologie di atti relativi alla servitù agricola e soggetti a imposta di registro
Ciò premesso, la Corte di Cassazione ha precisato che l’articolo 1 della Tariffa allegata al TUR nella versione vigente ‘ratione temporis’ prevedeva:
a) l’applicazione dell’aliquota dell’8% per gli “atti traslativi a titolo oneroso della proprietà di beni immobili in genere e atti traslativi o costitutivi di diritti reali immobiliari di godimento, compresi la rinuncia pura e semplice agli stessi, i provvedimenti di espropriazione per pubblica utilità e i trasferimenti coattivi”; (si fa presente che a decorrere dal 1° gennaio 2014 ai predetti atti si applica l’imposta di registro nella misura del 9%);
b) l’applicazione dell’imposta di registro nella misura del 15% per i “trasferimenti aventi per oggetto terreni agricoli e relative pertinenze a favore di soggetti diversi dai coltivatori diretti e dagli imprenditori agricoli professionali”, iscritti nella relativa gestione previdenziale ed assistenziale.
La Corte evidenzia, coerentemente con alcune pronunce già rese sul tema (cfr. ‘ex plurimis’ Cass. 5 settembre 2019, n. 22201), la distinzione introdotta dal primo periodo della Tariffa solo per i tipi di atti e non più, come nel sistema precedente, per i tipi di beni che ne formano oggetto; pertanto, la distinzione ora intercorre tra atti traslativi a titolo oneroso della proprietà di beni immobili (terreni, fabbricati) e atti traslativi di diritti reali di godimento (superficie, enfiteusi, usufrutto, servitù, uso, abitazione), da una parte, e atti costitutivi di diritti reali immobiliari di godimento dall’altra.
La Corte evidenzia, inoltre, che il termine “trasferimento” è stato usato dal legislatore per
indicare tutti gli atti che prevedono il passaggio da un soggetto ad un altro della proprietà di beni immobili o della titolarità di diritti reali immobiliari di godimento
Pertanto, precisa la Cassazione, tale termine non può essere riferito agli atti che costituiscono diritti reali di godimento come la servitù, che non comporta trasferimento di diritti o facoltà del proprietario del fondo servente ma una compressione del diritto di proprietà di questi a vantaggio di un determinato fondo (dominante).
La servitù pertanto si costituisce e non si trasferisce, nel senso che non è autonomamente alienabile, non potendo essere trasferita separatamente dalla proprietà del fondo dominante, né essendo ammissibile una concessione separata del godimento della servitù.
La Corte ritiene, pertanto, non possa trovare accoglimento la tesi per cui agli atti costitutivi di servitù sui terreni agricoli si applichi l’imposta di registro nella misura del 15% anziché dell’8%.
Il legislatore ha infatti utilizzato i termini costituzione e trasferimento in ragione della natura giuridica degli atti negoziali che le parti hanno posto in essere; pertanto, il termine trasferimento non può essere concepito in un’accezione più ampia.
Invece, il termine trasferimento contenuto nell’articolo 1, della Tariffa, parte prima, allegata al TUR è stato usato dal legislatore per indicare gli atti che prevedono il passaggio da un soggetto ad un altro della proprietà di beni immobili o della titolarità di diritti reali immobiliari di godimento e non può essere riferito agli atti che costituiscono diritti reali di godimento come la servitù, che non comporta trasferimento di diritti o facoltà del proprietario del fondo servente ma una compressione del diritto di proprietà di questi a vantaggio di un determinato fondo (dominante).
Da ultimo, si fa presente che già in via interpretativa, l’Agenzia delle entrate, con risoluzione n. 4/E/2021, aveva precisato che, coerentemente con l’orientamento giurisprudenziale della Cassazione, agli atti costitutivi di servitù su terreni agricoli non si applica l’aliquota del 15% ma quella del 9%.
Articolo originale pubblicato su Informazione Fiscale qui: Servitù agricola con imposta di registro più bassa