Imposta di registro proporzionale anche per la «risoluzione per mutuo consenso». L'Agenzia delle Entrate nega la possibilità di versarla in misura fissa nella risposta all'interpello numero 439 del 28 ottobre 2019. E, a sostegno della sua posizione, richiama la giurisprudenza in materia.
Anche per la “risoluzione per mutuo consenso” è dovuta l’imposta di registro proporzionale pari al 9%. E non è possibile versarla in misura fissa. A stabilirlo è l’Agenzia delle Entrate con la risposta all’interpello numero 439 del 28 ottobre 2019.
Come di consueto, lo spunto per fare luce sulla questione arriva dall’analisi di un caso pratico. Protagonisti sono due contribuenti che hanno deciso di procedere alla stipula di un contratto di risoluzione per “mutuo consenso”, senza corrispettivo, di un precedente contratto di compravendita.
- Agenzia delle Entrate - Risposta all’interpello numero 439 del 28 ottobre 2019
- Tassazione ai fini dell’imposta di registro dell’atto di risoluzione per ’mutuo consenso’ della compravendita immobiliare.
Imposta di registro proporzionale anche per la «risoluzione per mutuo consenso»
Il proprietario dell’immobile si rivolge all’amministrazione finanziaria per chiedere chiarimenti sulla corretta tassazione, ai fini dell’imposta di registro, applicabile all’atto di risoluzione per “mutuo consenso”.
Richiamando la risoluzione numero 20/E del 14 febbraio 2014, il contribuente ipotizza di poter applicare al contratto di risoluzione l’imposta di registro.
- Agenzia delle Entrate - Risoluzione numero 20 del 14 febbraio 2014
- Tassazione applicabile agli atti di risoluzione per mutuo consenso di un precedente atto di donazione – articolo 28 del DPR 26 aprile 1986, n. 131 e articoli 67 e 68 del DPR 22 dicembre 1986, n. 917.
L’Agenzia delle Entrate, con la risposta all’interpello numero 439 del 29 ottobre 2019, nega questa possibilità e chiarisce:
“Diversamente da quanto sostenuto dall’istante, si ritiene che l’atto di risoluzione per mutuo consenso, oggetto del presente interpello, rientri nell’ambito di applicazione del citato comma 2, dell’articolo 28 del d.P.R. n. 131 del 1986, con la conseguente applicazione dell’imposta di registro in misura proporzionale del 9 per cento, ai sensi dell’articolo 1 della Tariffa, Parte Prima allegata al TUR e delle imposte ipotecaria e catastale nella misura di euro 50 ciascuna.
Da ultimo, si precisa che per la fattispecie in esame non trovano applicazione le conclusioni contenute nella risoluzione 14 febbraio 2014, n. 20/E relativa ad una diversa fattispecie”.
Il documento richiamato dal contribuente a sostegno della sua tesi, infatti, riguarda una donazione immobiliare e segue logiche diverse.
“Risoluzione per mutuo consenso” e imposta di registro proporzionale: la posizione della giurisprudenza
Nel motivare la sua risposta, l’Agenzia delle Entrate riprende in primis le regole previste dal codice civile sull’efficacia del contratto.
L’articolo 1372 del Codice civile stabilisce che:
“Il contratto ha forza di legge tra le parti. Non può essere sciolto che per mutuo consenso o per cause ammesse dalla legge”
Lo scioglimento di un contratto per “mutuo consenso” rientra tra i casi più comuni: rappresenta l’espressione dell’autonomia negoziale dei privati, liberi di regolare gli effetti prodotti da un precedente negozio e, quindi, di sciogliere il vincolo contrattuale.
A sostegno dei chiarimenti forniti, poi, in base a quanto stabilito dall’articolo 28 del DPR numero 131 del 1986, ai fini fiscali si distinguono due situazioni:
- in caso di clausola risolutiva espressa, contestuale al contratto originario o entro il secondo giorno dalla stipula del contratto, si applica l’imposta proporzionale solo se per la risoluzione è previsto un corrispettivo e solo sull’ammontare di quest’ultimo, altrimenti si applica l’imposta in misura fissa;
- in caso di autonoma espressione negoziale si applica la tassazione in misura proporzionale alle prestazioni che derivano dalla risoluzione; lo stesso trattamento si applicherà anche all’eventuale corrispettivo della risoluzione.
Il caso analizzato rientra nella seconda ipotesi. La necessità di versare un’imposta di registro proporzionale per quanto riguarda un contratto di risoluzione per “mutuo consenso” è confermata anche da due ordinanze della Corte di Cassazione che, ai fini dell’imposta di registro, ritiene rilevante la presenza o meno della clausola risolutiva espressa nell’accordo originario:
- l’ordinanza numero 5745 del 9 marzo 2018;
- l’ordinanza numero 24506 del 5 ottobre 2018.
Entrambe inducono ad affermare che, nei casi come quello analizzato:
“La retrocessione della proprietà del bene oggetto del precedente atto di compravendita, quale prestazione patrimoniale del contratto di mutuo consenso, rientra nell’ambito applicativo del comma 2 del citato articolo 28 e, pertanto, deve essere tassata autonomamente ai fini dell’imposta registro con applicazione dell’aliquota in misura proporzionale prevista per i trasferimenti immobiliari dall’articolo 1 della Tariffa, Parte Prima allegata al TUR”.
Articolo originale pubblicato su Informazione Fiscale qui: Imposta di registro proporzionale anche per la «risoluzione per mutuo consenso»