L'Agenzia delle Entrate risponde ad un'istanza di interpello che ha per oggetto la costituzione del diritto di usufrutto e del diritto di servitù prediale su un terreno agricolo posseduto da più di cinque anni. Le risposte del caso sono rintracciabili all'interno del TUIR
Con la risposta n. 381 del 2023, l’Agenzia delle Entrate fornisce dei chiarimenti in merito alla tassazione applicabile ai fini dei redditi diversi agli atti aventi ad oggetto la costituzione del diritto di usufrutto e del diritto di servitù prediale.
La fattispecie si inserisce nel contesto dell’articolo 67 del TUIR ed è sviluppata con l’illustrazione dei chiarimenti di prassi forniti in passato dalla Amministrazione Finanziaria. I chiarimenti traggono spunto da alcuni quesiti presentati da un contribuente che intendeva costituire in favore di una società il diritto di usufrutto a tempo determinato ed il diritto di servitù di cavidotto per allacci a rete fissa elettrica e telefonica.
Il diritto di usufrutto
Nella fattispecie in esame il contribuente intende assumere “obbligazioni accessorie” che si estrinsecano nell’impegno a non realizzare su propri terreni o immobili adiacenti, anche appositamente acquistati, altri impianti, antenne ed apparati tecnologici, entro il raggio di cinque chilometri dall’impianto.
Il quesito formulato è finalizzato a sapere se i corrispettivi danno luogo ad una eventuale plusvalenza tassabile ai sensi dell’articolo 67 del TUIR.
Ai fini civilistici, come stabilito ai sensi dell’articolo 981 del codice civile, l’usufrutto attribuisce all’usufruttuario il diritto di godere e di usare la cosa, facendone però salva la destinazione economica (il cd. “ius utendi fruendi salva rerum substantia”).
Inoltre, ai sensi dell’articolo 980 del codice civile, l’usufruttuario può cedere il proprio diritto per un certo tempo o per tutta la sua durata, se ciò non è vietato dal titolo costitutivo.
Ai fini fiscali, l’articolo 67, comma 1, lett. h), del TUIR stabilisce che sono redditi diversi, se non costituiscono redditi di capitale ovvero se non sono conseguiti nell’esercizio di arti e professioni o di imprese commerciali o da società in nome collettivo e in accomandita semplice, né in relazione alla qualità di lavoratore dipendente, quelli “derivanti dalla concessione in usufrutto e dalla sublocazione di beni immobili”.
In relazione all’applicazione di tale norma, l’Agenzia delle Entrate, nel fornire una interpretazione di natura sostanziale, si è soffermata sulla irrilevanza della questione meramente nominalistica relativa all’utilizzo del termine concessione.
A tal proposito, con la risoluzione 12 gennaio 1993, n. 20, relativa al corretto trattamento fiscale da riservare alla concessione trentennale di un diritto di usufrutto su un immobile da parte di una persona fisica, è stato chiarito che l’uso del termine concessione è irrilevante in ragione del fatto che il presupposto impositivo, di cui all’attuale articolo 67, comma 1, lett. h) del TUIR, si realizza in capo al cedente del diritto reale di godimento.
A tal proposito, il termine “concessione” deve intendersi adoperato in senso “atecnico” con riferimento a tutti gli atti giuridici che determinano l’effetto di trasferire ad altri la potenzialità reddituale di un immobile.
Pertanto, in attuazione dell’articolo 67, comma 1, lett. h), del TUIR, il corrispettivo percepito dal proprietario persona fisica a fronte della costituzione del diritto di usufrutto costituisce reddito diverso da tassare ai sensi del successivo articolo 71 del medesimo TUIR, il quale ultimo stabilisce, al comma 2, che:
“I redditi di cui alle lettere h), i) e l) del comma 1 dell’art. 67 sono costituiti dalla differenza tra l’ammontare percepito nel periodo di imposta e le spese specificamente inerenti alla loro produzione.”
Il diritto di servitù prediale
Ai sensi dell’articolo 1027 del codice civile, la servitù, che può essere coattiva o volontaria, consiste:
“nel peso imposto sopra un fondo per l'utilità di un altro fondo appartenente a diverso proprietario.”
Ai fini della tassazione, la risoluzione 10 ottobre 2008, n. 379/E ha chiarito che, nel caso della costituzione di tale diritto, si applica quanto previsto dall’articolo 9, comma 5, del TUIR, che stabilisce che:
“ai fini delle imposte sui redditi le disposizioni relative alle cessioni a titolo oneroso valgono anche per gli atti a titolo oneroso che importano costituzione o trasferimento di diritti reali di godimento e per i conferimenti in società.”
Nella stessa risoluzione è stato precisato che “Sulla base della disposizione citata, la costituzione di una servitù va ricondotta all’art. 67, comma 1, lettera b), primo periodo, del Tuir, concernente le plusvalenze realizzate a seguito di cessioni a titolo oneroso di beni immobili”.
Ai sensi dell’articolo 67, comma 1, lett. b) del TUIR sono redditi diversi, se non costituiscono redditi di capitale ovvero se non sono conseguiti nell’esercizio di arti e professioni o di imprese commerciali o da società in nome collettivo e in accomandita semplice, né in relazione alla qualità di lavoratore dipendente:
“le plusvalenze realizzate mediante cessione a titolo oneroso di beni immobili acquistati o costruiti da non più di cinque anni, esclusi quelli acquisiti per successione e le unità immobiliari urbane che per la maggior parte del periodo intercorso tra l’acquisto o la costruzione e la cessione sono state adibite ad abitazione principale del cedente o dei suoi familiari, nonché, in ogni caso, le plusvalenze realizzate a seguito di cessioni a titolo oneroso di terreni suscettibili di utilizzazione edificatoria secondo gli strumenti urbanistici vigenti al momento della cessione. In caso di cessione a titolo oneroso di immobili ricevuti per donazione, il predetto periodo di cinque anni decorre dalla data di acquisto da parte del donante.”
In base al successivo articolo 68, comma 1, la plusvalenza è costituita dalla differenza tra i “corrispettivi percepiti nel periodo di imposta e il prezzo di acquisto o il costo di costruzione del bene ceduto, aumentato di ogni altro costo inerente al bene medesimo”.
Nella fattispecie esaminata nella risposta in commento, il corrispettivo percepito dal contribuente per la parte riferita alla costituzione del diritto di usufrutto genera reddito diverso di cui al citato articolo 67, comma 1, lett. h), del TUIR, costituito, ai sensi del successivo articolo 71, comma 2, dalla differenza tra l’ammontare percepito nel periodo di imposta e le spese specificamente inerenti alla loro produzione.
Per quanto riguarda la costituzione del diritto di servitù di cavidotto e di passaggio sulla porzione di terreno agricolo, occorre tener conto del fatto che tale terreno è posseduto da oltre 5 anni.
Pertanto, non emergono plusvalenze tassabili ai sensi del citato articolo 67, comma 1, lett. b), in quanto la costituzione di tale diritto interviene, dopo cinque anni dall’acquisto del terreno, mentre sulla base di tale norma sono redditi diversi “le plusvalenze realizzate mediante cessione a titolo oneroso di beni immobili acquistati o costruiti da non più di cinque anni”.
Da ultimo, la risposta n. 381 del 2023 si sofferma sul corrispettivo percepito per le “obbligazioni accessorie” a carico del contribuente che si concretizzano nell’impegno a non realizzare su propri terreni o immobili adiacenti altri impianti, antenne ed apparati tecnologici, entro il raggio di cinque chilometri dall’impianto.
Al riguardo, tale corrispettivo rientra tra i redditi diversi di cui al citato articolo 67, comma 1, lett. l), del TUIR, in quanto derivante “dalla assunzione di obblighi di fare, non fare o permettere”.
Ai fini della determinazione della relativa base imponibile, per tali redditi trova applicazione il citato articolo 71, comma 2, del TUIR che, come già precisato stabilisce che:
“I redditi di cui alle lettere h), i) e l) del comma 1 dell’art. 67 sono costituiti dalla differenza tra l’ammontare percepito nel periodo di imposta e le spese specificamente inerenti alla loro produzione.”
Articolo originale pubblicato su Informazione Fiscale qui: Usufrutto e servitù prediale ai fini dei redditi diversi