Extraprofitti: chi ha guadagnato dal caro energia e dovrebbe funzionare la tassazione? Un approfondimento sul tema con uno sguardo all'Europa e all'Italia.
L’innalzamento dei prezzi del gas dal TTF (il mercato fisico olandese), come noto, si è esteso ai mercati regolamentati ed over the counter. Ciò ha generato l’innalzamento anche dei prezzi dell’energia elettrica, che spesso è condizionata dal prezzo del gas, laddove molti contratti di cessione tra grossisti e con consumatori finali sono indicizzati ai prezzi di mercato.
Ai mercati sono comunque connessi anche i prezzi dettati dall’ARERA per la cessione ai clienti che non hanno ancora scelto di passare al mercato libero.
L’incremento del prezzo di energia elettrica e gas si è, quindi, riversato sui prezzi al consumo e sulle bollette.
Il fenomeno non ha invece, per ora, riguardato quei consumatori con contratti di fornitura a prezzo fisso, che però subiranno gli effetti al momento del rinnovo del contratto, bloccato comunque fino a fine aprile 2023 (ex art. 3, Dl. n. 115/2022).
In tutto questo qualcuno ci ha evidentemente guadagnato.
Caro energia, chi ci ha guadagnato con li extraprofitti?
Il problema è riuscire ad individuare esattamente chi e quanto, soprattutto al fine di individuare la corretta base imponibile e programmare una efficace tassazione degli extraprofitti.
E in tale prospettiva non sembra che la norma sugli extraprofitti (art. 37 del Dl 21/22) colga nel segno.
Tale norma prevede infatti che ai soggetti che esercitano in Italia l’attività di produzione e/o rivendita di energia elettrica, di gas metano o di estrazione di gas naturale, nonché i soggetti che esercitano l’attività di produzione, distribuzione e commercio di prodotti petroliferi è stato infatti applicato un contributo a titolo di prelievo solidaristico straordinario sugli extra-profitti generati nel 2022, laddove gli extra-profitti sono stati identificati nell’incremento del saldo tra le operazioni attive e le operazioni passive, riferito al periodo dal 1° ottobre 2021 al 30 aprile 2022, rispetto al saldo del periodo dal 1° ottobre 2020 al 30 aprile 2021, a condizione che sia presente uno scostamento pari o superiore al 10% e superiore a 5.000.000 di euro.
Prima di intervenire in sede nazionale bisogna comunque anche tenere conto di come si sta muovendo l’Unione Europea, laddove la Commissione europea, il 14 settembre 2022, ha emanato una proposta di regolamento (COM(2022)473), finalizzata ad introdurre un pacchetto di misure per attenuare l’impatto dei rincari dell’energia elettrica e tutelare i consumatori.
In tale documento, sono previste in particolare due misure complementari:
- un tetto ai ricavi dei produttori di energia elettrica;
- e un contributo di solidarietà sugli utili delle imprese attive nei settori del petrolio, del gas, del carbone e della raffinazione, che hanno registrato una forte crescita rispetto agli anni precedenti.
Entrambe le misure sono però comunque carenti delle modalità applicative e richiederanno quindi uno specifico recepimento in sede nazionale.
Caro energia, come agire sugli extraprofitti?
È prevista un’aliquota minima del 33 per cento che gli Stati membri possono aumentare se lo ritengono necessario e anche la base imponibile - pari all’utile imponibile, determinato in base alla normativa fiscale nazionale, del periodo d’imposta 2022 (o dei periodi successivi) eccedente il 20 per cento degli utili imponibili medi dei tre periodi di imposta che iniziano il 1° gennaio 2019 (o successivamente) - necessita di previsioni di maggior dettaglio.
Inoltre, è espressamente previsto che “gli Stati membri provvedono a che le misure nazionali esistenti o previste che condividono obiettivi analoghi a quelli del contributo di solidarietà temporaneo a norma del presente regolamento siano conformi o integrino le norme che disciplinano il contributo di solidarietà temporaneo istituito dal presente regolamento”, non escludendosi quindi che le misure, nazionali e comunitarie, possano convivere.
È dunque fondamentale il quadro normativo interno.
Caro energia ed extraprofitti: uno sguardo all’Italia
Anche perché nel frattempo, proprio sul fronte interno, è stato impugnato il provvedimento 221978 dell’Agenzia delle Entrate del 17 giugno scorso, che stabilisce come si paga il “contributo solidaristico straordinario contro il caro bollette”, sin dal citato decreto 21, quando era al 10per cento (poi alzata al 25 per cento con il decreto 50/22).
Nell’udienza del 19 luglio scorso, il Tribunale di Roma ha deciso il rinvio all’8 novembre, a pochi giorni peraltro dalla scadenza del saldo della tassa (il 30 novembre).
E lo scenario più probabile è che i giudici sospendano l’efficacia della norma e dispongano un rinvio alla Consulta, con la conseguenza che se viene disposta la sospensione, il saldo di novembre non si pagherà fino a quando la Corte Costituzionale non si sarà pronunciata.
In sostanza il rischio è però che finisca come per la Robin Tax del 2008-2014, dichiarata incostituzionale nel 2015, con il principio dell’ex nunc: in sostanza, niente rimborsi di quanto versato prima della sentenza (e probabilmente anche per questo le imprese non stanno pagando).
In conclusione, la soluzione migliore sembra quella di introdurre una semplice addizionale all’IRES, superando così una “irrazionale” tassazione sul “saldo tra operazioni attive e passive” contenute nella dichiarazione IVA, comprensiva di costi, ricavi, operazioni straordinarie, accise.
Al fine di una efficace (e giusta) tassazione degli utili delle compagnie petrolifere si dovrebbero dunque prendere in considerazione solo i casi di determinazione del prezzo fuori mercato, poi scaricato sui consumatori (e da qui la tassazione con addizionale dell’extraprofitto).
In realtà, quello che è evidentemente poco credibile e inaffidabile è proprio il valore attribuito al “margine industriale lordo”, che rappresenta solo una parte del margine che i petrolieri riservano a se stessi.
Insomma, si dovrebbe riuscire ad intercettare tutti i fenomeni di eventuale arbitraggio dei prezzi (superiore al valore normale o inferiore con ricarico su altri passaggi della filiera) rispetto ad un comune ed oggettivo valore normale di riferimento, distinto per prodotto, mercato e fase di commercializzazione.
Quanto al possibile gettito, la Robin Tax originaria prevedeva l’applicazione dell’IRES, con una addizionale del 6,5per cento, a carico degli operatori economici del settore energetico con volume di ricavi superiore a 3 milioni di euro e reddito imponibile superiore a 300.000,00 euro.
Per ottenere la misura dell’extraprofitto da sottoporre a tassazione bisognerebbe quindi calcolare la differenza di prezzo, per ciascuno dei prodotti, che offra la misura dell’extraprofitto per ogni litro, moltiplicando poi il dato differenziale per i quantitativi di carburante immessi in consumo.
Articolo originale pubblicato su Informazione Fiscale qui: Una nuova robin tax sugli extraprofitti energetici