Il decreto Coesione ha introdotto un nuovo bonus per l’assunzione di donne svantaggiate che si aggiunge a quello già in vigore. Quale conviene di più?
I datori di lavoro hanno a disposizione due diverse agevolazioni per l’assunzione di donne in particolari condizioni svantaggiate.
All’esonero contributivo previsto dalla legge Fornero del 2012 si aggiunge la novità introdotta dal decreto Coesione e che sarà operativa dal 1° settembre.
Le categorie di lavoratrici agevolate sono le stesse, ma alcuni aspetti di differenza potrebbero rendere più conveniente la scelta di un bonus piuttosto che l’altro.
Assunzioni donne: quale agevolazione conviene di più?
Come noto il decreto Coesione ha introdotto un ricco pacchetto di agevolazioni per favorire l’occupazione di diverse categorie di lavoratori e lavoratrici.
Tra le novità anche un nuovo bonus per l’assunzione di donne in particolari condizioni svantaggiate, operativo dal prossimo 1° settembre e fino alla fine del 2025.
Un incentivo che fa il paio con quello già in vigore, previsto all’articolo 4, commi da 8 a 11, della Legge Fornero (n. 92/2012) e che ha un ambito di applicazione molto simile.
Entrambe le agevolazioni sono dedicate ai datori di lavoro che assumono donne in particolari condizioni svantaggiate. Gli unici requisiti per poter beneficiare dell’agevolazione sono i seguenti:
- assenza di un impiego regolarmente retribuito da almeno 6 mesi e residenza nelle regioni della ZES Unica ammissibili ai finanziamenti nell’ambito dei fondi strutturali dell’Unione Europea;
- assenza di un impiego regolarmente retribuito da almeno 2 anni senza limiti di residenza;
- assenza di un impiego regolarmente retribuito da almeno 6 mesi e attività lavorativa in settori economici caratterizzati da un’accentuata disparità occupazionale di genere (individuato dal decreto del Ministero del Lavoro n. 365/2023).
L’esonero contributivo della Legge Fornero è pari al 50 per cento della contribuzione a carico del datore di lavoro (senza limiti di importo) e ha una durata di:
- 18 mesi per le assunzioni a tempo indeterminato o trasformazione da determinato;
- 12 mesi per le assunzioni a tempo determinato.
La nuova agevolazione introdotta dal decreto Coesione, invece, vale solo per le assunzioni a tempo indeterminato effettuate, come anticipato, tra il 1° settembre 2024 e il 31 dicembre 2025. Consiste però in un esonero totale dal pagamento della contribuzione previdenziale a carico del datore di lavoro per massimo 2 anni e nel limite mensile di 650 euro.
Bonus assunzione donne, le differenze
Qual è dunque l’agevolazione più conveniente per i datori di lavoro?
Non c’è una risposta esatta, in quanto le valutazioni da fare sono diverse, in particolar modo in relazione:
- all’importo dell’imponibile previdenziale della lavoratrice assunta;
- la durata delle agevolazioni.
Come detto, l’esonero previsto dalla Legge Fornero non ha limiti di importo in quanto è pari al 50 per cento della contribuzione a carico del datore di lavoro, mentre il nuovo esonero contributivo non può superare la soglia mensile di 650 euro. Ne consegue, pertanto, che per oneri contributivi superiori a tale cifra l’esonero si bloccherà all’importo massimo, mentre nel primo caso coprirà il 50 per cento dell’importo.
Da considerare, poi, anche la durata massima dell’agevolazione. Per un contratto a tempo indeterminato l’esonero della legge n. 92/2012 dura al massimo 18 mesi, mentre quello del decreto Coesione fino a 24.
Va considerato però che il primo vale anche per le assunzioni a tempo determinato e soprattutto per le trasformazioni da tempo determinato a tempo indeterminato. A fare la possibile differenza, inoltre, è la cumulabilità con altri benefici contributivi ed economici, espressamente vietata nell’esonero del decreto Coesione (con la sola esclusione della maxi deduzione fino al 130 per cento) e permessa nell’altro, ad esclusione delle agevolazioni che non la permettono.
In linea generale, secondo le stime elaborate dal Sole24Ore, il nuovo esonero sembra essere più vantaggioso rispetto a quello strutturale, soprattutto per i redditi più bassi. Fanno invece eccezione i casi con imponibili contributivi di importo elevato, per i quali sembra essere più conveniente il vecchio esonero, anche se vanno sempre considerati gli altri aspetti evidenziati, come la flessibilità e la cumulabilità con altre agevolazioni.
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