Comunione ereditaria di azioni: ok all’esenzione se il controllo è esercitato dal rappresentante comune

Emiliano Marvulli - Imposta sulle successioni e sulle donazioni

Esenzione dall'imposta sulle successione per i patti di famiglia se, in caso di più discendenti, i diritti dei comproprietari sono esercitati da un rappresentante comune. Analisi della sentenza della Corte di Cassazione n. 18732/2024

Comunione ereditaria di azioni: ok all'esenzione se il controllo è esercitato dal rappresentante comune

L’esenzione dall’imposta sulle successioni per i patti di famiglia aventi ad oggetto il trasferimento di partecipazioni sociali a favore dei discendenti spetta - al verificarsi delle condizioni previste dalla legge - anche nel caso in cui, in presenza di più discendenti, i diritti dei comproprietari vengano esercitati da un rappresentante comune che disponga della maggioranza dei voti esercitabile nell’assemblea ordinaria, essendo così realizzato l’effettivo passaggio generazionale dell’impresa mediante il totale trasferimento del controllo di diritto dai disponenti ai discendenti.

Questo il principio contenuto nell’Ordinanza n. 18732 del 9 luglio 2024 della Corte di Cassazione in tema di esenzione dall’imposta sulle successioni

Comunione ereditaria di azioni: ok all’esenzione se il controllo è esercitato dal rappresentante comune

La pronuncia trae origine dal ricorso proposto dei contribuenti avverso un avviso di liquidazione, con cui l’Agenzia delle Entrate aveva negato l’esenzione dall’imposta di successione prevista dall’art. 3 comma 4-ter del d. lgs. n. 346 del 1990.

La norma prevede, per quanto di interesse, che sono esenti dall’imposta sulle successioni e donazioni “i trasferimenti effettuati anche tramite i patti di famiglia di cui all’art. 768-bis e seguenti del codice civile a favore dei discendenti, di aziende o rami di esse, di quote sociali e di azioni”, limitatamente alle partecipazioni con cui è “acquisito o integrato” il controllo di diritto della società partecipata.

La controversia giungeva sin in Cassazione a seguito del ricorso proposto dall’Agenzia delle entrate, che ha impugnato la decisione d’appello con cui il giudice ha ritenuto configurata l’esenzione prevista dalla norma.

A parere del Collegio di merito, la ratio dell’art. 3, comma 4-ter, d. lgs. n. 346 del 1990 è quella di far beneficiare dell’esenzione dall’imposta sulle successioni e donazioni quando, per effetto del trasferimento delle quote sociali, sia “acquisito o integrato” il controllo della società ai sensi dell’art. 2359, primo comma, cod. civ.

L’integrazione del controllo può, conseguentemente, avvenire anche quando i beneficiari detenevano parte delle quote sociali, che sommate a quelle trasferite conferiscono il controllo della società.

Esenzione per i patti di famiglia in caso di prosecuzione dell’attività

Nel dichiarare infondato il ricorso dell’Amministrazione finanziaria, la Corte di Cassazione ha richiamato il principio per cui, in tema di imposta sulle donazioni, l’esenzione prevista dall’art. 3, comma 4- ter, del d.lgs. n. 346 del 1990 per i patti di famiglia aventi ad oggetto il trasferimento di partecipazioni sociali a favore dei discendenti, va riconosciuta ai soli casi in cui esso consente agli aventi causa l’acquisizione o l’integrazione del controllo della società e a condizione che quest’ultimi si impegnino, per un periodo non inferiore a cinque anni dalla data del trasferimento, a proseguire l’esercizio dell’attività.

Di conseguenza, nel caso di trasferimento a più discendenti in comproprietà, il beneficio deve essere riconosciuto a condizione che i diritti dei comproprietari vengano esercitati da un rappresentante comune che disponga della maggioranza dei voti esercitabile nell’assemblea ordinaria, essendo così realizzato l’effettivo passaggio generazionale dell’impresa mediante il totale trasferimento del controllo di diritto dai disponenti ai discendenti.

La presenza di una comunione ereditaria di azioni non impedisce certamente il controllo della società, da parte dei detentori delle quote.

La norma non distingue, infatti, il tipo di comunione e non richiede una corrispondenza soggettiva perfetta (comunione ereditaria di azioni e singoli soci, nel caso in giudizio) per il controllo della società, come adeguatamente rilevato dai giudici di merito.

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