Eliminare la detrazione per il coniuge a carico, freno all’occupazione femminile: un monito che arriva anche dall’OCSE

Rosy D’Elia - Dichiarazioni e adempimenti

Nella lista dei disincentivi all'occupazione femminile viene spesso menzionata anche la detrazione per il coniuge a carico: ma in che modo lo sconto IRPEF frena l'ingresso delle donne nel mondo del lavoro? Lo spiega la Banca d'Italia, lo conferma anche l'OCSE nei suoi ultimi studi economici sull'Italia

Eliminare la detrazione per il coniuge a carico, freno all'occupazione femminile: un monito che arriva anche dall'OCSE

Aumentare l’occupazione femminile è necessario. E non solo per fare qualche passo avanti nel percorso della parità di genere, ancora lungo per l’Italia che nell’ultimo anno è scesa dal 63esimo al 79esimo posto nel Global Gender Gap Report annuale del World Economic Forum.

L’esigenza è, prima di tutto, economica: portare le donne nel mercato del lavoro, e farle restare, è utile per la crescita del paese e per la sostenibilità dei conti pubblici.

Ma nel sistema di tassazione e agevolazioni italiano ci sono ancora una serie di freni sul lavoro femminile: uno di questi è la detrazione per il coniuge a carico.

Semplificando in maniera estrema si tratta di uno sconto IRPEF che si riceve tramite la dichiarazione dei redditi quando uno dei due coniugi non lavora o, comunque, ha delle entrare minime.

Questo bonus fiscale, in alcuni casi, può disincentivare l’offerta di lavoro delle donne.

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In che modo la detrazione per il coniuge a carico frena l’occupazione femminile

La questione occupazionale è un dato di fatto: il report Isat Noi Italia 2023 analizza l’andamento del tasso di occupazione negli anni dal 2018 al 2022, considerando la popolazione tra i 20 e i 64 anni.

Nonostante le variazioni che si sono registrate nel periodo analizzato a causa delle difficoltà economiche legate al Covid e alla crisi energetica, la distanza tra uomini e donne è costante con un divario che resta sempre sopra i 19 punti percentuali.

Sono queste le cifre che portano l’Italia ad essere l’ultima in Europa per occupazione femminile e che impongono degli interrogativi: come e dove agire per accorciare le distanze?

Premesso che non c’è una sola risposta e non è possibile considerare in maniera isolata gli elementi culturali, economici e sociali in campo, il punto di partenza può essere, senza dubbio, l’eliminazione di alcuni fattori freno presenti anche nel sistema di tassazione e agevolazioni.

“Sarebbe auspicabile anche la rimozione di quegli ostacoli impliciti nel nostro sistema di tassazione e trasferimenti, affinché la necessaria equità nel redistribuire le risorse non disincentivi l’offerta di lavoro, più spesso quella femminile. Trasferimenti che sono commisurati al reddito da lavoro familiare e decrescono bruscamente all’aumentare di questo possono indurre il secondo percettore di reddito, tipicamente la donna, a rinunciare alla ricerca di un impiego”, a sottolinearlo è Alessandra Perrazzelli, Vice Direttrice Generale della Banca d’Italia, durante i saluti di apertura dell’evento Le donne, il lavoro e la crescita economica che si è tenuto a Roma il 22 giugno 2023.

Uno degli ostacoli da rimuovere è proprio la detrazione per il coniuge a carico, regolata dall’articolo 12 del Testo Unico delle imposte sui redditi.

In caso di reddito complessivo annuale uguale o inferiore a 2.840,51 euro al lordo degli oneri deducibili di uno dei due coniugi, l’altro coniuge che presenta la dichiarazione dei redditi ha diritto a uno sconto IRPEF di un valore che cambia in base alle condizioni economiche.

Nel contesto italiano, “fiscalmente a carico” sono più spesso le donne. In che modo incide sull’occupazione femminile questo tipo di agevolazione? Lo spiega la Banca d’Italia nel report diffuso lo scorso giugno Women, labour markets and economic growth:

“La disoccupazione (o la scarsa occupazione) del coniuge a carico abbassa le aliquote fiscali marginali sul coniuge che lavora, in modo tale che, per alcuni livelli di reddito, avere un reddito aggiuntivo in famiglia potrebbe non essere conveniente. Marino et al. (2016) e Colonna e Marcassa (2015) dimostrano questo punto”.

In particolare si dimostra che lasciando questa strada per un beneficio più neutrale, la partecipazione al lavoro delle donne potrebbe aumentare. Per le famiglie povere, tipicamente formate dall’uomo che lavora e dalla donna casalinga, sottolinea lo studio, resterebbe comunque necessario conservare dei sussidi dal momento “non ci sono opportunità nel mercato del lavoro per le donne poco qualificate”.

Detrazione per il coniuge a carico, freno all'occupazione femminile

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Dalla Banca d’Italia all’OCSE: eliminare la detrazione per il coniuge a carico per favorire l’occupazione femminile

Anche l’economista Carlo Cottarelli, direttore dell’Osservatorio sui Conti Pubblici Italiani dell’Università Cattolica di Milano ai microfoni di Informazione Fiscale ha individuato nella detrazione per il coniuge a carico una forza contraria allo sviluppo dell’occupazione femminile.

Intervistato sulla proposta della gender tax, l’idea di una tassazione differenziata per genere formulata dagli economisti Ichino e Alesina, indicava l’agevolazione come un vero e proprio disincentivo per le donne alla partecipazione al mondo del lavoro: “andrebbe tolto e utilizzato come fonte di compensazione per tagliare le tasse al secondo percettore di reddito in famiglia”.

Lo stesso suggerimento di eliminare la detrazione per il coniuge a carico arriva dall’OCSE, l’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico, negli studi sull’Italia pubblicati a gennaio 2024. Ponendo l’accento sul fatto che le stesse politiche in materia di famiglia e lavoro contribuiscono a dare la priorità al lavoro domestico non retribuito rispetto all’occupazione formale, il documento evidenzia:

“Se, da un lato, il calcolo delle imposte in base al reddito individuale anziché quello congiunto del nucleo familiare e la recente introduzione di un supplemento al sussidio per i genitori destinato al percettore secondario di reddito (Assegno Unico Universale) incentivano la partecipazione delle donne al mercato del lavoro, il sistema fiscale e previdenziale rimangono, in linea di massima, favorevoli alle famiglie monoreddito. Ciò rispecchia in larga misura le prestazioni sociali subordinate al reddito del nucleo familiare e il credito d’imposta del coniuge a carico, che dovrebbero essere gradualmente eliminate”.

Certamente non è lo sconto IRPEF l’unico elemento rilevante, ma uno dei fattori che possono fungere da freno.

La stessa analisi della Banca d’Italia, allargando lo sguardo, si sofferma sulla quota di guadagni che vengono tassati quando una persona accetta un lavoro a causa dell’aumento delle tasse o della rinuncia ai benefici, rilevando che per le donne il costo complessivo dell’ingresso nel mondo del lavoro risulta più ampio in termini di aumento di tassazione e perdita di agevolazioni.

In questa ottica, condivisa da più fronti, è lo stesso sistema di tassazione e agevolazioni, immerso in un contesto che vede ancora la donna responsabile primaria dei lavori domestici e di cura, a scoraggiare l’occupazione femminile e a confermare i radicati ruoli di genere, garanzia di equilibrio.

D’altronde senza un sistema di servizi per portare all’esterno i carichi di famiglia che derivano dall’assistenza alle persone anziane, ai bambini e alle bambine, o senza spinte per distribuirli più equamente all’interno delle stesse famiglie, resta ancora difficile rinunciare alla donna come principale “ammortizzatore sociale”.

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