Solo con l’accettazione dell’eredità l’erede risponde dei debiti fiscali del de cuius

Emiliano Marvulli - Imposta sulle successioni e sulle donazioni

Se non si accetta l'eredità, non si deve rispondere dei debiti del de cuius. Lo ha precisato la Corte di Cassazione

Solo con l'accettazione dell'eredità l'erede risponde dei debiti fiscali del de cuius

In materia tributaria, l’assunzione delle obbligazioni del de cuius richiede l’accettazione dell’eredità, essendo insufficiente la partecipazione alla denuncia di successione, sicché l’assenza della pregressa accettazione esclude la legittimazione passiva per i debiti ereditari.

Questo in estrema sintesi il principio espresso dalla Corte di Cassazione con l’Ordinanza n. 2940/2024.

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Solo con l’accettazione dell’eredità l’erede risponde dei debiti fiscali del de cuius, un caso pratico

Il procedimento consegue alla notifica di un avviso di liquidazione con cui l’Agenzia delle Entrate aveva richiesto ad un contribuente il pagamento dell’imposta di registro con riferimento ad una sentenza. Il soggetto ha proposto ricorso eccependo, tra l’altro, la mancanza della sua qualità di erede.

Il ricorso è stato rigettato dalla CTP e la stessa sorte è toccata in sede di appello, in cui la CTR ha respinto l’impugnazione del contribuente affermando, per quanto qui ancora rileva, che il medesimo non aveva dimostrato di non aver accettato l’eredità.

Avverso tale sentenza è stato proposto ricorso per Cassazione, per aver la CTR ritenuto che il ricorrente, per il solo fatto di essere il figlio del defunto padre, dovesse essere considerato suo erede anche in difetto di accettazione, sia pure tacita, dell’eredità. Il soggetto lamenta l’erroneità della sentenza anche su un altro punto, per aver ritenuto i giudici d’appello che l’onere di dimostrare la sua qualità di erede accettante fosse a suo carico, anziché gravare sulla creditrice Agenzia delle Entrate.

Nel ritenere fondati i motivi di ricorso, la Corte di Cassazione ha cassato la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, ha accolto il ricorso originario del contribuente.

Dando seguito all’orientamento prevalente sul tema, la Corte di legittimità ha affermato che, nell’ipotesi del giudizio instaurato nei confronti del preteso” erede per il pagamento dei debiti del de cuius, incombe su chi agisce, in applicazione del principio generale contenuto nell’articolo 2697 del codice civile, l’onere di provare l’assunzione da parte del convenuto della qualità di erede.

Lo status di erede, infatti, non può inferirsi dalla mera chiamata alla eredità, non essendo prevista alcuna presunzione in tal senso, ma consegue solo all’accettazione dell’eredità, espressa o tacita, la cui ricorrenza rappresenta un elemento costitutivo del diritto azionato nei confronti del soggetto evocato in giudizio nella sua qualità di erede.

Pertanto, colui che deduce l’avvenuta accettazione dell’eredità come presupposto della domanda azionata, facendo valere un credito contro un chiamato all’eredità del debitore, quale erede ope legis ai sensi dell’art. 485 c.c., ha l’onere di provare, in applicazione del generale principio di cui all’art. 2697 c.c., la verificazione di tutti gli elementi di quella fattispecie, ed in particolare del possesso dei beni ereditari da parte del detto chiamato, senza possibilità di invocare al riguardo presunzione di sorta.

Se non si accetta l’eredità non c’è assunzione di responsabilità per i debiti del de cuius

Sulla base di tale principio, in ipotesi di giudizio instaurato dall’Amministrazione finanziaria nei confronti del preteso erede per i debiti fiscali del de cuius, incombe sull’attore l’onere di provare l’assunzione da parte del convenuto della qualità di erede, la quale non può desumersi dalla mera chiamata all’eredità, non essendo prevista alcuna presunzione in tal senso, ma consegue solo all’accettazione dell’eredità, espressa o tacita, la cui ricorrenza rappresenta, quindi, un elemento costitutivo del diritto azionato nei confronti del soggetto evocato in giudizio nella predetta qualità.

Diretta conseguenza è che il chiamato rinunciante non risponde dei debiti fiscali del de cuius, ancorché questi ultimi siano portati da un avviso di accertamento notificato dopo l’apertura della successione e divenuto definitivo per mancata impugnazione.

In tale ipotesi, dunque, il rinunciante può legittimamente far valere, in sede di opposizione all’atto impositivo, la propria mancata assunzione di responsabilità per i debiti suddetti.

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