Il reiterato inadempimento delle pubbliche amministrazioni debitrici che determina la crisi di liquidità dell'impresa non determina la forza maggiore richiesta dalle norme tributarie per la mancata applicazione delle saznioni. Lo stabilisce la Corte di Cassazione con la Sentenza n. 11111 del 6 aprile 2022.
Con la sentenza n. 11111 del 6 aprile 2022 la Corte di Cassazione ha chiarito che la crisi di liquidità dell’impresa derivante dal reiterato, seppur grave, inadempimento di pubbliche amministrazioni debitrici non ravvisa la nozione di “forza maggiore” richiesta dalle norme tributarie per la mancata applicazione delle sanzioni.
La Sentenza – Il giudizio verte sull’impugnazione di un atto di contestazione, emesso dall’Agenzia delle dogane e dei Monopoli per l’omesso pagamento della rata di acconto relativo alle accise dovute dalla società operante nel settore della distribuzione di energia elettrica.
La contribuente ha impugnato l’atto deducendo violazione dell’art. 6, comma 5, d. lgs. 18 dicembre 1997, n. 472 per essere il ritardato pagamento delle imposte dovuto a forza maggiore, derivante dal ritardo nei pagamenti da parte della cliente Pubblica Amministrazione.
La società ha ottenuto l’annullamento dell’atto dalla Commissione tributaria provinciale di Vicenza e la CTR ha rigettato l’appello proposto dall’Agenzia delle dogane. Il giudice d’appello ha ritenuto in particolare che il fenomeno dei ritardati pagamenti delle pubbliche amministrazioni rientri in tale nozione e che quindi non sono dovute le sanzioni.
Avverso questa decisione l’Agenzia delle dogane ha proposto ricorso per cassazione, lamentando violazione e falsa applicazione dell’art. 6, co. 5, d. lgs. n. 472/1997 e dell’art. 8 del DLgs. 31 dicembre 1992, n. 546 nell’avere la CTR ritenuto integrata la forza maggiore nel ritardato pagamento delle imposte, valevole ai fini dell’applicazione delle sanzioni, a causa imputabile alla Pubblica Amministrazione nel pagamento dei propri debiti nei confronti della contribuente.
La Corte di Cassazione ha ritenuto fondato il ricorso e, decidendo nel merito, ha rigettato l’originario ricorso proposto dalla società.
La sentenza in commento è rilevante perché, sul tema della rilevanza della “forza maggiore” quale esimente delle sanzioni tributarie, si discosta da quell’orientamento giurisprudenziale che mutua la definizione fornita dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia, secondo cui l’ipotesi della forza maggiore ricorre qualora la causa esterna invocata abbia conseguenze ineluttabili e inevitabili, fermo restando l’obbligo dell’interessato di premunirsi contro le conseguenze dell’evento anormale, adottando misure appropriate senza incorrere in sacrifici eccessivi.
In questa sede la Corte abbraccia l’accezione penalistica della forza maggiore, che si riferisce a un avvenimento imponderabile che annulla la signoria del soggetto sui propri comportamenti, impedendo di configurare un’azione penalmente rilevante per difetto del generale requisito della coscienza e volontarietà della condotta previsto dal primo comma dell’art. 42 c.p.
L’esimente prefigura allora la situazione di un soggetto assolutamente privo della possibilità di sottrarsi a una forza per lui irresistibile, come emerge, da un lato, dall’art. 46 c.p., il quale enuclea un’ipotesi speciale di forza maggiore disciplinando il costringimento fisico ed esplicitandone i caratteri e, dall’altro, dall’art. 54 c.p., il quale regola l’ipotesi diversa in cui la volontà dell’autore sia coartata in modo non assoluto bensì relativo, residuando in capo al soggetto un margine di scelta.
In questo contesto, la situazione di carenza di liquidità derivante dai ritardi, anche notevoli, dei pagamenti delle pubbliche amministrazioni non riesce ad assurgere alla nozione di forza maggiore.
Ne è derivata la cassazione della sentenza impugnata e, insieme al rigetto del ricorso originariamente proposto, la Corte di Cassazione ha enunciato il seguente principio di diritto: “In tema di sanzioni tributarie, posto che il diritto sanzionatorio ha natura punitiva, la forza maggiore va intesa secondo la sua accezione penalistica, e va quindi riferita a un avvenimento imponderabile che annulla la signoria del soggetto sui propri comportamenti, elidendo il requisito della coscienza e volontarietà della condotta; con la conseguenza che la crisi di liquidità derivante dal reiterato, per quando grave, inadempimento di pubbliche amministrazioni debitrici, perdipiù prevedibile, non risponde a tale nozione”.
Articolo originale pubblicato su Informazione Fiscale qui: In caso di crisi di liquidità le sanzioni tributarie sono sempre dovute