In caso di operazioni soggettivamente inesistenti, è possibile dedurre i costi non direttamente utilizzati per commettere il reato, anche in caso di consapevolezza rispetto al carattere fraudolento delle operazioni. Lo chiarisce la Corte di Cassazione
L’acquirente dei beni può dedurre i costi relativi ad operazioni soggettivamente inesistenti, non utilizzati direttamente per commettere il reato, anche per l’ipotesi in cui sia consapevole del carattere fraudolento delle operazioni.
Condizione per la deducibilità del costo è che il medesimo sia effettivo, inerente, competente e certo, secondo i canoni stabiliti dal Testo Unico sui Redditi.
Questo il contenuto dell’Ordinanza della Corte di Cassazione n. 5396 del 2024.
Operazioni fraudolente e deducibilità dei costi: i chiarimenti della Corte di Cassazione
L’Agenzia delle Entrate ha notificato ad una società un avviso di accertamento, relativo ad IRES, Iva ed IRAP con riferimento all’anno 2013 in relazione a transazioni commerciali dichiarate dalla società come concluse con una società cd. “cartiera”, che l’Ente impositore riteneva essere relative ad operazioni soggettivamente inesistenti.
Il ricorso proposto dalla società è stato accolto dalla CTP che, reputando non provata la consapevolezza della società di essere partecipe di una frode fiscale, accoglieva il suo ricorso ed annullava l’atto impositivo.
Giunta la controversia in appello, la CTR ha accolto l’impugnazione proposta dall’Agenzia delle entrate e riaffermava la piena validità ed efficacia dell’avviso di accertamento.
La società ha proposto ricorso per cassazione, lamentando violazione dell’art. 14, comma 4 bis, della legge n. 537 del 1993 (come mod. dall’art. 8, comma 1, del Dl n. 16 del 2012), avendo la CTR erroneamente ritenuto legittima la negazione della deduzione dei costi sostenuti dalla società in relazione ad operazioni contestate come soggettivamente inesistenti.
Riguardo al tema del riconoscimento dei costi riferiti a fatture relative a operazioni soggettivamente inesistenti, la Corte di cassazione ha ribadito che, a norma dell’art. 14, comma 4-bis, della l. n. 537 del 1993, nella formulazione introdotta con l’art. 8, comma 1, del d.l. n. 16 del 2012, l’acquirente dei beni può dedurre i costi relativi ad operazioni soggettivamente inesistenti, non utilizzati direttamente per commettere il reato, anche per l’ipotesi in cui sia consapevole del carattere fraudolento delle operazioni.
Condizione per la deducibilità del costo è che il medesimo sia effettivo, inerente, competente e certo, secondo i canoni previsti dal Testo Unico sui Redditi.
Se ne deduce, pertanto, che non può essere contestata la deducibilità del costo solo perché riferito a operazioni soggettivamente inesistenti non rilevando, al fine della deducibilità, neppure la consapevolezza dell’acquirente che la transazione commerciale conclusa abbia natura di operazione fraudolenta, essendo piuttosto necessario valutare che non si tratti di costi utilizzati per commettere il reato e che, superato tale preliminare vaglio, non siano costi in contrasto con i principi posti dall’art. 109 del TUIR.
Questione diversa riguarda la quantificazione del dei costi deducibili, fermo restando che grava sul contribuente l’onere di assicurare la prova che i costi dei quali invoca la deducibilità non si pongano in contrasto con i principi di effettività, inerenza, competenza, certezza, determinatezza o determinabilità, e questo accertamento deve essere compiuto dal giudice del merito.
Sulla base di tali argomentazioni, il motivo di ricorso è stato accolto con conseguente cassazione della sentenza impugnata, per questo rinviata innanzi alla corte di giustizia tributaria di secondo grado, in diversa composizione.
Articolo originale pubblicato su Informazione Fiscale qui: Il costo effettivo è deducibile anche nelle operazioni fraudolente