Contratto di somministrazione a termine, con le nuove regole introdotte dal Decreto Dignità si rischia l'aumento dei contenziosi. Più tempo per impugnare il contratto al lavoratore.
Somministrazione a termine ad altro rischio di contenziosi: con le nuove regole introdotte dal Decreto Dignità aumentano le possibilità di impugnazione del contratto da parte dei lavoratori.
È questa una delle tematiche affrontate nel corso del Forum Tutto Lavoro 2018, organizzato da Ipsoa e seguito in diretta anche da Informazionefiscale.it, in parallelo alle nuove regole sui contratti di lavoro a tempo determinato previste dal Decreto Dignità.
Ad affrontare il tema dei rischi per le aziende in caso di ricorso ai contratti di somministrazione è Laura Romeo, Presidente della Sezione Lavoro del Tribunale di Messina.
Una delle forme di lavoro più flessibili e convenienti per l’azienda rischia di diventare oggi un’arma a doppio taglio, con costi non indifferenti da mettere in preventivo.
Contratto di somministrazione a termine: le novità previste dal Decreto Dignità
Il contratto di somministrazione si è sviluppato negli anni come forma di supporto per le imprese che cercano maggiore flessibilità nelle assunzioni per far fronte ai cambiamenti del mercato e alle imprevedibilità. Si tratta di una forma di esternalizzazione di lavoro con numerosi vantaggi che, tuttavia, rischia di rivelarsi un autogol a seguito delle novità introdotte con il Decreto Dignità.
Le nuove regole su contratti a termine si estendono anche alla somministrazione a tempo determinato. L’originaria disciplina prevista dal testo Decreto Dignità, si ricorda, è stata mitigata nel decreto in corso di conversione ed è stata analizzata dal Ministero del Lavoro nella circolate esplicativa.
La somministrazione è una tipologia di contratto che prevede la fornitura di lavoro da parte di un soggetto nei confronti di un altro (utilizzatore, impresa). Sono quindi coinvolti nel rapporto di lavoro tre soggetti - agenzia per il lavoro, azienda e lavoratore, e sono stipulati due contratti:
- somministratore e azienda;
- agenzia per il lavoro e lavoratore (soggetto al potere di direzione e controllo del datore di lavoro).
Il decreto dignità introduce alcuni rischi: tra questo il limite legale, che è un limite temporale e causale al contempo.
Somministrazione, contratto a rischio contenzioso dopo il Decreto Dignità
Il contratto di somministrazione a tempo determinato può essere acausale nei limiti di 12 mesi di durata, superati i quali è obbligatoria l’indicazione delle causali nel contratto stipulato tra somministratore e lavoratore, ma che riguardano l’utilizzatore (l’azienda).
Le causali non possono essere integrate dalla contrattazione collettiva, che può incidere solo sulla durata.
Proprio l’obbligo di indicazione della causale è uno dei motivi che, secondo Laura Romeo, potrebbe portare all’aumento dei contenziosi: quali sono le conseguenze se l’impresa ha fatto ricorso alla somministrazione senza il rispetto delle causali?
Il lavoratore, grazie alle novità introdotte dal Decreto Dignità, può impugnare il contratto entro il termine di 180 giorni dalla stipula. In sede giudiziaria sarà il lavoratore a dover dimostrare se il ricorso alla somministrazione è stata fatta nei limiti legali (esigenze temporanee, sostitutive, evento non programmabile significativo).
Contratto di somministrazione a termine: il limite quantitativo
Ulteriore criticità che rende di fatto meno conveniente il contratto flessibile di somministrazione a termine è il limite quantitativo introdotte dal Decreto Dignità: i lavoratori a tempo determinato e quelli in somministrazione a tempo determinato non possono superare il 30% dei lavoratori in forza presso l’utilizzatore.
Il limite numerico si calcola alla data del 1° gennaio dalla giorno in cui viene stipulato il contratto di somministrazione.
Il limite può essere modificato dalla contrattazione collettiva. Non ci sono limiti in alcuni casi: per l’assunzione in somministrazione di lavoratori disoccupati, svantaggiati o molto svantaggiati.
In ogni caso, il superamento del limite del 30% comporta l’applicazione di una sanzione dai 250 e 1.250 euro. Il lavoratore può dal canto suo chiedere la stabilizzazione del rapporto di lavoro.
Contratto di somministrazione meno flessibile, più oneroso e rischioso
La stipula oggi di un contratto di somministrazione porta con sé il rischio di contenziosi con il lavoratore e di violazioni dovute ad una normativa eccessivamente limitativa ed articolata.
Ai rischi si aggiungono i costi, che comprendono il contributo addizionale pari all’1,4% dovuto dal datore di lavoro, maggiorato dello 0,50% per ogni rinnovo. Il contributo a carico dell’agenzia che stipula il contratto di somministrazione è invece pari al 4%.
L’unico vantaggio concreto della somministrazione, per il quale non mancano i rischi di violazione, è oggi quello giuridico il lavoratore somministrato è dipendente dell’agenzia e quindi non si calcola nell’organico aziendale.
Per il resto il ricorso a questa tipologia di lavoro è un vero e proprio campo minato che espone le aziende a notevoli criticità.
Articolo originale pubblicato su Informazione Fiscale qui: Somministrazione a termine, rischio boom di contenziosi