Contratto a tempo determinato: a spiegare cosa cambia e quali le nuove regole dal 1° novembre 2018 è la circolare del Ministero del Lavoro sulle disposizioni in materia di durata, rinnovi e causali introdotte dal Decreto Dignità n. 87/2018.
Contratto a tempo determinato: nuove regole in vigore dal 1° novembre 2018.
A spiegare cosa cambia e quali le novità in vigore dopo il termine del periodo transitorio previsto dal Decreto Dignità è il Ministero del Lavoro con la circolare n. 17 del 31 ottobre.
Le novità sui contratti a termine e somministrazione di lavoro riguardano le regole in merito a durata, rinnovi e causali per i rapporti a tempo determinato.
Il Decreto Dignità, DL n. 87 del 2018 convertito dalla legge 9 agosto 2018, n. 96, ha introdotto importanti novità in merito ai contratti a tempo determinato e alla somministrazione di lavoro. Nel caso di durata superiore a 12 mesi diventa obbligatoria l’indicazione della causale, ovvero della motivazione alla base del rapporto di lavoro a termine.
A fronte delle nuove importanti regole in vigore dal 1° novembre, il Ministero del Lavoro ha pubblicato con la circolare n. 17 tutti i chiarimenti in merito, fornendo specifiche istruzioni sui nuovi limiti, su quando è obbligatorio indicare la causale e su qual è la durata massima di un rapporto di lavoro a termine.
Contratto a tempo determinato e somministrazione di lavoro: limiti e regole
Prima di analizzare quali sono le regole da seguire per la stipula di un contratto a tempo determinato e quali i limiti su durata e rinnovo in vigore dal 1° novembre 2018, si allega di seguito la circolare del Ministero del Lavoro n. 17:
- Ministero del Lavoro - circolare n. 17 del 31 ottobre 2018
- Decreto-legge 12 luglio 2018, n. 87, recante “Disposizioni urgenti per la dignità dei lavoratori e delle imprese”, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2018, n. 96. Articoli 1 e 2, in materia di contratto di lavoro a tempo determinato e somministrazione di lavoro.
Ecco cosa cambia spiegato per punti.
- Contratto a tempo determinato: nuove regole dal 1° novembre 2018
- Causale contratto a tempo determinato: quando è obbligatoria
- Causale sempre obbligatoria per benefici fiscali e contributivi
- Proroghe e rinnovi contratto a tempo determinato: cosa cambia
- Durata contratto a tempo determinato: rinvio alla contrattazione collettiva
- Contratto a tempo determinato: obbligatoria la forma scritta
- Contratto a tempo determinato: contributo addizionale dal 14 luglio 2018
In questo articolo analizzeremo soltanto le novità in merito al lavoro a termine, rimandando alla circolare per quel che riguarda le novità in merito al contratto di somministrazione.
Contratto a tempo determinato: nuove regole dal 1° novembre 2018. Novità e cosa cambia
Tra le prime novità introdotte con il Decreto Dignità all’articolo 1, comma 1 vi è la durata massima prevista per i contratti a termine.
Un contratto a tempo determinato potrà durare al massimo 24 mesi e nel calcolo del nuovo limite sarà necessario prendere a riferimento i rapporti stipulati tra lo stesso datore di lavoro e lo stesso lavoratore anche per effetto di successione di contratti, di periodi di missione in somministrazione a tempo determinato, conclusi per lo svolgimento di mansioni di pari livello e categoria legale, indipendentemente dai periodi di interruzione.
Il contratto di lavoro a termine potrà essere stipulato in forma libera per un periodo non superiore a 12 mesi. In caso di durata superiore è necessario che nel contratto sia indicata apposita causale volta a giustificare l’assunzione a termine.
Sono tre le condizioni e quindi le causali nei contratti a tempo determinato da indicare dal 1° novembre 2018:
- esigenze temporanee e oggettive, estranee all’ordinaria attività;
- esigenze di sostituzione di altri lavoratori;
- esigenze connesse a incrementi temporanei, significativi e non programmabili, dell’attività ordinaria.
Causale contratto a tempo determinato: quando è obbligatoria
Tra i chiarimenti forniti dal Ministero del Lavoro, la circolare n. 17 chiarisce quando è obbligatoria l’indicazione della causale nel contratto a tempo determinato.
Tenuto conto che questa è necessaria in tutti i casi in cui il rapporto di lavoro a termine superi i 12 mesi, per stabilire se ci si trovi in presenza di tale obbligo si deve tener conto della durata complessiva dei rapporti di lavoro a termine intercorsi tra lo stesso datore di lavoro e lo stesso lavoratore, considerando sia la durata di quelli già conclusi, sia la durata di quello che si intende eventualmente prorogare.
Ad esempio, se un primo rapporto a termine è di durata pari a 10 mesi e si intende prorogarlo per ulteriori 6 mesi sarà necessario indicare la causale. Questo perché, anche se la proroga interviene quando il rapporto non ha ancora superato i 12 mesi, sarà in ogni caso necessario indicare le esigenze che motivano una durata superiore al periodo massimo di 24 mesi.
La causale nel contratto di lavoro a tempo determinato è sempre necessaria quando si supera il periodo di 12 mesi, anche se il superamento avviene a seguito di proroga di un contratto originariamente inferiore al periodo massimo.
Causale contratto a termine sempre obbligatoria per benefici fiscali e contributivi
Anche nel caso di contratti di lavoro a termine non superiori a 12 mesi l’indicazione della causale sarà sempre obbligatoria qualora il datore di lavoro intenda usufruire dei benefici fiscali e contributivi previsti per legge.
Il Decreto Dignità non ha invece modificato la regola secondo la quale, raggiunto il limite massimo di durata del contratto a termine, le stesse parti possono stipulare un ulteriore contratto della durata massima di 12 mesi presso le sedi territorialmente competenti dell’Ispettorato nazionale del lavoro.
Anche a tale contratto si applica la nuova disciplina dei rinnovi dei contratti a tempo determinato, la quale impone l’obbligo di individuazione della causale.
Proroghe e rinnovi contratto a tempo determinato dal 1° novembre 2018: cosa cambia
Anche il regime delle proroghe e dei rinnovi del contratto a termine è stato modificato dal DL n. 87/2018 e le novità riguardano anche la durata massima prevista.
Un contratto a tempo determinato può essere prorogato liberamente entro i 12 mesi di durata massima mentre in caso di rinnovo è sempre richiesta l’indicazione della causale.
Qual è la differenza tra proroga o rinnovo? È utile ricordare che la proroga presuppone che restino invariate le ragioni che avevano giustificato inizialmente l’assunzione a termine, fatta eccezione per la necessità di prorogarne la durata entro il termine di scadenza.
Pertanto, non è possibile prorogare un contratto a tempo determinato modificandone la motivazione, in quanto ciò darebbe luogo ad un nuovo contratto a termine. In tal caso quindi si parla di rinnovo di contratto a termine, anche qualora ciò avvenga senza soluzione di continuità con il precedente rapporto.
Si parla di rinnovo anche qualora un nuovo contratto a termine decorra dopo la scadenza del precedente contratto.
Ulteriore novità è rappresentata dalla riduzione del numero massimo di proroghe, che non possono essere superiori a 4, entro i limiti di durata massima del contratto (pari a 24 mesi) e a prescindere dal numero dei contratti, con esclusione dei contratti instaurati per lo svolgimento di attività stagionali (articolo 21, comma 01).
Durata contratto a tempo determinato: rinvio alla contrattazione collettiva
Il Decreto Dignità ha previsto che in merito alla durata del contratto a tempo determinato la contrattazione collettiva può derogare al limite massimo di 24 mesi.
Pertanto i contratti collettivi nazionali, territoriali o aziendali stipulati dalle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale potranno continuare a prevedere una durata diversa, anche superiore, rispetto al nuovo limite massimo dei 24 mesi.
I contratti collettivi stipulati prima del 14 luglio 2018 restano validi fino alla scadenza naturale dell’accordo, anche qualora riportino come limite di durata massima i 36 mesi.
Contratto a tempo determinato: obbligatoria la forma scritta
Il Ministero del Lavoro ricorda che il Decreto Dignità ha stabilito l’obbligo di forma scritta del termine per il contratto a tempo determinato.
Con le novità in vigore dal 1° novembre 2018 è quindi escluso che la durata e la scadenza del rapporto di lavoro sia desumibile da elementi esterni al contratto.
Soltanto in alcune situazioni, il termine del rapporto di lavoro può essere non indicato in forma scritta ma continua ed essere desumibile dalla specifica motivazione che ha dato luogo all’assunzione, come in caso di sostituzione della lavoratrice in maternità di cui non è possibile conoscere, ex ante, l’esatta data di rientro al lavoro, sempre nel rispetto del termine massimo di 24 mesi.
Contratto a tempo determinato: contributo addizionale dal 14 luglio 2018
Già a partire dal 14 luglio, data di entrata in vigore del decreto n. 87/2018, ai datori di lavoro è dovuto un contributo addizionale pari all’1,4% della retribuzione imponibile a fini previdenziali applicato ai contratti di lavoro a tempo determinato.
L’importo del contributo dovuto è incrementato dello 0,5% per ogni rinnovo di contratto a tempo determinato o in somministrazione.
Ne consegue che al primo rinnovo la misura ordinaria dell’1,4% andrà incrementata dello 0,5%. In tal modo verrà determinata la nuova misura del contributo addizionale cui aggiungere nuovamente l’incremento dello 0,5% in caso di ulteriore rinnovo.
Così come chiarito dal Ministero del Lavoro, analogo criterio di calcolo dovrà essere utilizzato per eventuali rinnovi successivi, avuto riguardo all’ultimo valore base che si sarà venuto a determinare per effetto delle maggiorazioni applicate in occasione di precedenti rinnovi.
La maggiorazione dello 0,5% non si applica in caso di proroga del contratto, in quanto la disposizione introdotta dal decreto-legge n. 87 prevede che il contributo addizionale sia aumentato solo in occasione del rinnovo.
Articolo originale pubblicato su Informazione Fiscale qui: Contratto a tempo determinato: nuove regole spiegate dal Ministero del Lavoro