Contratto di finanziamento e rinuncia al credito, enunciati in un verbale di assemblea straordinaria in cui è deliberato l’aumento del capitale sociale: la Sezioni Unite della Corte di Cassazione offrono un interessante spunto di riflessione sui temi della natura dell'imposta di registro corrisposta e della connessa responsabilità del notaio che ha rogato l'atto
L’atto su cui verte la controversia all’esame delle SS.UU. della Corte di Cassazione (Sentenza 24 maggio 2023, n. 14432) riguardava un’assemblea straordinaria dei soci di una Spa nella quale era stato deliberato l’aumento del capitale sociale, anche mediante rinuncia di uno dei soci, per l’importo di Euro 93.000, ad un proprio credito, già contabilmente indicato come “finanziamento” alla società, con contestuale estinzione per equivalente del più ampio debito per tale titolo della società.
Nel rogito erano quindi “enunciati”, ai sensi dell’articolo 22 del Testo Unico dell’imposta di registro (di seguito TUR), il contratto di finanziamento alla società e la parziale rinuncia al credito di restituzione relativo; la CTR competente ha ritenuto che dell’imposta proporzionale di registro dovesse rispondere anche il notaio rogante, come preteso con l’atto impositivo impugnato.
Il notaio ricorrente ha rogato un verbale di assemblea straordinaria nella quale si deliberava l’aumento di 93.000 euro del capitale sociale, che veniva contestualmente sottoscritto dal socio, mediante rinuncia per l’importo equivalente ad un maggior credito di euro 693.307; tale atto è stato registrato telematicamente.
La fattispecie e la responsabilità del notaio
Con l’atto impositivo impugnato, l’Agenzia delle entrate, con riferimento alla “enunciazione” del finanziamento alla società e della remissione parziale del debito societario correlativo ha preteso dal notaio ricorrente l’imposta di registro proporzionale (dovuta nella misura rispettivamente del 3% e dello 0,5 %), in base al combinato disposto di cui agli articoli 22 del TUR, 9, e 6, della Tariffa, parte prima, allegata al TUR.
Ciò premesso, i giudici di legittimità, con la controversia in esame, sono chiamati a sviluppare alcune argomentazioni in relazione alla responsabilità fiscale del notaio, ai fini dell’imposta di registro.
Al notaio viene attribuita la qualifica di “responsabile di imposta”, assumendo la posizione di chi, sulla base di disposizioni di legge è obbligato al pagamento dell’imposta insieme con altri, per fatti o situazioni esclusivamente riferibili a questi.
Tale situazione giuridica soggettiva passiva, che genera una obbligazione solidale “dipendente”, trova fondamento nel profilo di garanzia ordinamentale della funzione pubblica notarile, che, tra l’altro, si concretizza nel presidio diretto dell’esazione dei crediti fiscali nell’esercizio della medesima.
A tale specifico fine, l’articolo 57 del TUR prevede che “Oltre ai pubblici ufficiali, che hanno redatto, ricevuto o autenticato l’atto, e ai soggetti nel cui interesse fu richiesta la registrazione, sono solidalmente obbligati al pagamento dell’imposta le parti contraenti...”.
Il comma 2 dell’articolo 57 del TUR stabilisce inoltre che “La responsabilità dei pubblici ufficiali non si estende al pagamento delle imposte complementari e suppletive”.
Dalla lettura delle richiamate disposizioni di cui all’articolo 57 del TUR si ricava l’esistenza di una responsabilità solidale tra le parti ed il notaio, in quanto pubblico ufficiale costituito “fideiussore ex lege”, con riferimento agli atti che ha “redatto, ricevuto o autenticato”, ma limitatamente all’imposta principale, essendone espressamente escluse quella complementare e quella suppletiva.
Le tipologie di imposte di registro e la enunciazione di atti, riflessi sulla responsabilità notarile
La tripartizione tra imposta principale, complementare e suppletiva è prevista dall’articolo 42, comma 1 del TUR, che al riguardo stabilisce che:
“È principale l’imposta applicata al momento della registrazione e quella richiesta dall’ufficio se diretta a correggere errori od omissioni effettuati in sede di autoliquidazione nei casi di presentazione della richiesta di registrazione per via telematica; è suppletiva l’imposta applicata successivamente se diretta a correggere errori od omissioni dell’ufficio; è complementare l’imposta applicata in ogni altro caso.”
Nella controversia in esame viene in rilievo anche la disposizione recata dall’articolo 22 del TUR, secondo cui “Se in un atto sono enunciate disposizioni contenute in atti scritti o contratti verbali non registrati e posti in essere fra le stesse parti intervenute nell’atto che contiene la enunciazione, l’imposta si applica anche alle disposizioni enunciate. Se l’atto enunciato era soggetto a registrazione in termine fisso è dovuta anche la pena pecuniaria di cui all’art. 69. L’enunciazione di contratti verbali non soggetti a registrazione in termine fisso non dà luogo all’applicazione dell’imposta quando gli effetti delle disposizioni enunciate sono già cessati o cessano in virtù dell’atto che contiene l’enunciazione”.
Ciò premesso, l’Agenzia delle entrate nel caso di specie ha ritenuto che il ricorrente notaio debba essere considerato debitore solidale, in quanto responsabile di imposta, per il pagamento delle imposte proporzionali di registro relative a due atti “enunciati” nell’atto rogato (verbale di assemblea straordinaria societaria), vale a dire il contratto di finanziamento infruttifero del socio alla Spa e la remissione parziale del relativo debito, contestualmente imputato a sottoscrizione dell’aumento di capitale (oggetto della deliberazione di tale assemblea) da parte dello stesso socio.
La tesi dell’Agenzia è accolta dalla Corte di Cassazione dato che nel caso di specie gli atti “enunciati” non sono scritti, ma verbali, non risultando altrimenti la prima forma e peraltro non essendo la stessa richiesta dalla legge ad substantiam; inoltre, non si tratta di atti per i quali il notaio ha prestato direttamente il proprio ministero, avendoli soltanto “formalizzati” (ricevuti) nel verbale di assemblea straordinaria societaria.
Come risulta da un consolidato orientamento giurisprudenziale, l’articolo 22 del TUR prevede tre presupposti per la sua applicabilità, vale a dire l’autonomia giuridica dell’“enunciazione” (delle disposizioni enunciate), l’identità delle parti dell’atto «enunciante» e dell’atto «enunciato», la permanenza degli effetti di quest’ultimo.
In tal senso, come accertato in fatto dal giudice tributario di appello, gli atti emersi nel rogito hanno forma e contenuto del tutto chiari; pertanto la loro enunciazione deve considerarsi giuridicamente autonoma ed anche autosufficiente. Si tratta di un finanziamento, corrispondente al tipo contrattuale del mutuo, da un lato, e di una parziale rinuncia al correlato credito di restituzione, dall’altro.
Tali atti risultano dunque apprezzabili senza ulteriori accertamenti di fatto o comunque extratestuali nè valutazioni di particolare complessità giuridica, perché diversamente si renderebbe necessaria l’adozione di una forma provvedimentale impositiva diversa da quella adottata in concreto (avviso di liquidazione), vale a dire l’emissione di un avviso di accertamento.
In tale diverso caso però l’imposta richiesta avrebbe natura di imposta “complementare”, in quanto fondata non sulla rettifica dell’imposta autoliquidata, ma sulla contestazione di essa, con la determinazione autoritativa di un maggior credito tributario correlato al presupposto.
Le conclusioni sul caso analizzato
Nel caso in esame, date le caratteristiche degli atti “enunciati”, l’atto impositivo esprime una pretesa creditoria che, di per sè, deve essere ricondotta alla categoria dell’imposta di registro “principale”, così che risulta pienamente legittima la forma prescelta.
Inoltre, nella controversia in esame è in discussione la responsabilità fiscale del ricorrente, in qualità di notaio che ha rogato l’atto enunciante.
Al fine di risolvere giuridicamente tale questione non è dunque sufficiente affermare l’applicabilità dell’imposta di registro agli atti “enunciati” in tale atto, ma è necessario stabilire se questo titolo impositivo rientri nel perimetro applicativo delle disposizioni legislative che configurano e delimitano l’obbligazione solidale del notaio in relazione all’imposta stessa.
Da un lato infatti, l’articolo 22 del TUR non determina - in astratto - di quale “tipo” di imposta di registro si tratta nel caso della tassabilità di atti per “enunciazione”; d’altra parte, la responsabilità d’imposta del notaio, fondata sull’articolo 57 del TUR, è tuttavia limitata, sulla base di tale previsione normativa, all’imposta di registro “principale”, essendone esclusa quella “suppletiva” e quella “complementare”.
Risulta quindi decisiva la qualificazione dell’imposta pretesa con l’atto impositivo impugnato, risultando decisiva l’interpretazione dell’art. 42 del TUR, in combinato disposto con l’articolo 22 del TUR.
Nel caso di specie, la Corte ritiene che la pretesa creditoria erariale debba essere intesa a titolo di imposta “principale” di registro, in quanto l’articolo 42 del TUR, tra l’altro, nell’individuare il perimetro dell’imposta principale, indica anche quella “richiesta dall’ufficio se diretta a correggere errori od omissioni effettuati in sede di autoliquidazione nei casi di presentazione della richiesta di registrazione per via telematica”.
Risulta infatti che la registrazione dell’atto “enunciante” è stata richiesta dal notaio per via telematica, tramite modello unico informatico (cd. MUI), ai sensi dell’art. 3 bis, comma 2, del d. lgs. n. 463 del 1997. Contestualmente, il ricorrente ha proceduto alla “autoliquidazione” ed al pagamento dell’imposta di registro, concernente il solo atto presentato per la registrazione (verbale di assemblea straordinaria della Spa).
L’azione rettificativa/impositrice dell’Agenzia delle entrate va quindi ricondotta alla previsione di cui all’art. 3- ter, comma 1, primo periodo del d. lgs. n. 463 del 1997, secondo cui “Gli uffici controllano la regolarità dell’autoliquidazione e del versamento delle imposte e qualora, sulla base degli elementi desumibili dall’atto, risulti dovuta una maggiore imposta, notificano, anche per via telematica, entro il termine di sessanta giorni dalla presentazione del modello unico informatico, apposito avviso di liquidazione per l’integrazione dell’imposta versata”.
Nel caso in esame, risultando “desumibili dall’atto” altri atti (“elementi”) tassabili, secondo la previsione di cui all’articolo 22 del TUR, l’Agenzia delle entrate, avvalendosi del potere di rettifica, ha “corretto” la relativa “omissione”; quindi, con l’avviso di liquidazione impugnato, ha preteso dal notaio che ha presentato il MUI il pagamento di un’imposta di registro qualificabile come “principale” (sia pure nella forma c.d. “postuma”) ai sensi dell’articolo 42, comma 1, primo periodo, del TUR, evocandone la responsabilità solidale ai sensi dell’articolo 57, comma 1 del TUR.
Al notaio è stata infatti richiesta l’imposta principale che le parti degli atti “enunciati” avrebbero dovuto e devono versare per la registrazione degli stessi e che il notaio stesso, in qualità di responsabile d’imposta, avrebbe dovuto autoliquidare e versare in sede di presentazione del MUI.
Quanto precisato non si pone in contrasto con la natura dell’imposta di registro quale “imposta d’ atto”, quale affermata nella consolidata giurisprudenza della Corte di Cassazione.
L’atto in questione è infatti un “atto -fiscalmente- cumulativo”, autonomamente imponibile in relazione al suo oggetto principale (aumento di capitale societario), ma che enuncia altri atti, la cui imponibilità, “per attrazione”, viene sancita dall’articolo 22 del TUR.
Tutto ciò premesso, le SS UU della Corte affermano il seguente principio di diritto:
“In tema di imposta di registro, qualora in un atto notarile, anche registrato telematicamente, vengano enunciate disposizioni di altri atti, scritti o verbali, posti in essere dalle medesime parti, ma non già registrati, la cui configurazione giuridica non richiede accertamenti di fatto ovvero extratestuali nè valutazioni interpretative particolarmente complesse, purchè, trattandosi di contratti verbali non soggetti a registrazione in termine fisso, gli effetti dei medesimi non siano già cessati o cessino con l’atto che li enuncia, l’imposta dovuta per tali atti in virtù della previsione di cui all’articolo 22 del TUR, deve qualificarsi come imposta principale e, per richiederla in rettifica dell’autoliquidazione, l’Agenzia può legittimamente emettere un avviso di liquidazione ai sensi dell’articolo 42, comma 1 del TUR e dell’art. 3-ter, comma 1, del d. lgs n. 463 del 1997; in tal caso, ai sensi dell’art. 57, comma 1, del TUR, il notaio che ha ricevuto l’atto enunciante, pur in via dipendente, è responsabile per il pagamento dell’imposta solidalmente con le parti dell’atto stesso”.
Articolo originale pubblicato su Informazione Fiscale qui: Contratto di finanziamento, rinuncia al credito e aumento del capitale sociale: l’imposta di registro è principale