L'artista che si avvale esclusivamente di un agente di spettacolo non paga l'Irap, neanche nell'ipotesi in cui corrisponda a questi compensi elevati. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione con l'Ordinanza n. 3042 del 2019.
L’artista che si avvale esclusivamente di un agente di spettacolo non paga l’Irap, neanche nell’ipotesi in cui corrisponda a questi compensi elevati.
Infatti, lo svolgimento di un’attività artistica presuppone che il professionista conti solo sulle proprie capacità professionali mentre i servizi resi dall’agente non incidono direttamente sulla prestazione artistica, rappresentando piuttosto servizi necessari per lo svolgimento, anche in forma minima, dell’attività personale.
È questo il principio di diritto ribadito dalla Corte di Cassazione con l’Ordinanza n. 3042 depositata il 31 gennaio 2019.
- Corte di Cassazione - Ordinanza n.3042 del 31 gennaio 2019
- L’artista che si avvale esclusivamente di un agente di spettacolo non paga l’Irap, neanche nel caso di compensi elevati.
La sentenza – Il caso prende le mosse dal ricorso proposto da un noto presentatore TV avverso una cartella di pagamento emessa per il recupero dell’Irap asseritamente dovuta per l’anno 2009. Il ricorso, respinto dalla CTP, era stato accolto dai giudici d’appello e avverso tale decisione ha proposto ricorso per Cassazione l’Agenzia delle entrate.
Con un unico motivo di doglianza l’Amministrazione finanziaria ha lamentato violazione e falsa applicazione degli artt. 2 e 3 del D. Lgs. n. 446/1997, nella parte in cui la sentenza impugnata ha escluso che i compensi elevati, corrisposti dal contribuente al proprio agente per i servizi da questi erogati, non indicherebbero l’esistenza dell’autonoma organizzazione come presupposto impositivo dell’IRAP.
La Corte di Cassazione ha ritenuto infondato il motivo di ricorso proposto dall’Ufficio finanziario sulla base di un principio oramai consolidato per cui, in materia di imponibilità ai fini IRAP lo svolgimento di un’attività artistica, quale quella svolta dal contribuente, “fa presumere che il contribuente conti solo sulle proprie capacità professionali”.
Tale principio peraltro resta valido anche nell’ipotesi in cui l’attività produca un reddito elevato, non rilevando, ai fini della ricorrenza del presupposto impositivo dell’autonoma organizzazione, la circostanza che “il contribuente si avvalga di un’agente o di una società organizzatrice di spettacoli, senza estendere l’accertamento alla natura, ossia alla struttura ed alla funzione, del rapporto giuridico, al fine di escludere una mera agevolazione delle modalità di espletamento dell’attività professionale”.
In altri termini la presenza di un agente, che cura e promuove gli interessi dell’artista/lavoratore autonomo, non presuppone l’esistenza di un’autonoma organizzazione, che la medesima Corte ha ritenuto sussistere ogni qual volta il professionista:
- sia il responsabile dell’organizzazione;
- impieghi beni strumentali eccedenti le quantità che costituiscono il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività;
- si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui.
È proprio con riferimento all’ultima condizione che i giudici di Piazza Cavour hanno individuato l’assenza di autonoma organizzazione perché, nel caso in esame, “i servizi resi dall’agente non sono direttamente serventi la prestazione personale dell’artista, rappresentando piuttosto, nei tempi attuali, un elemento essenziale per lo svolgimento, anche in forma minima, dell’attività personale”.
La Suprema Corte ha ritenuto errato il giudizio della CTR, che non si è attenuta ai suddetti consolidati principi di diritto, e ha rigettato il ricorso.
Articolo originale pubblicato su Informazione Fiscale qui: I compensi elevati all’agente di spettacolo non fanno scattare l’Irap