Cedolare secca per gli affitti dei negozi, il regime sostitutivo decade in caso di accorpamento con locali esclusi dal campo di applicazione. Bisogna, inoltre, stipulare un nuovo contratto per il nuovo immobile che ne deriva. E quindi comunque non sarebbe applicabile la stessa tassazione. Lo chiarisce l'Agenzia delle Entrate nella risposta all'interpello numero 28 del 17 gennaio 2022.
Cedolare secca sugli affitti: in caso di applicazione del regime sostitutivo a locali C1, in linea con quanto previsto nel 2019, e di successivo incorporamento dell’unità commerciale con locali di categoria C3 non è possibile conservare la tassazione del 21 per cento.
La norma introdotta tre anni fa apriva le porte della cedolare secca solo a botteghe e negozi e non anche ai laboratori.
Dopo i lavori, inoltre, è necessario stipulare un unico e nuovo contratto per l’immobile che ne è derivato.
Lo chiarisce l’Agenzia delle Entrate con la risposta all’interpello numero 28 del 17 gennaio 2022.
Sotto la lente di ingrandimento il regime sostitutivo che permette di applicare un’aliquota del 21 per cento sui contratti che riguardano le unità immobiliari appartenenti alle categorie catastali da A1 a A11 locate ad uso abitativo e per le relative pertinenze, estesa anche ai negozi per il 2019 con un intervento inserito nella Legge di Bilancio dello stesso anno.
L’aliquota si riduce al 10 per cento in per i contratti a canone concordato:
- in Comuni con mancanza di soluzioni abitative o densamente popolati;
- ai contratti d’affitto a studenti universitari;
- nei Comuni in cui vi sono state calamità naturali;
- agli affitti transitori disciplinati dalla legge n. 431/1998.
Cedolare secca sugli affitti, il regime decade in caso di accorpamento con locali non ammessi
Lo spunto per fare luce sulle regole da applicare, come sempre, arriva dall’analisi di un caso pratico.
Protagonista è un contribuente, comproprietario, con altri membri della sua famiglia di due unità commerciali accatastate, in un primo tempo, separatamente e rispettivamente con categoria C1 e C3.
Quest’ultima è oggetto di un contratto d’affitto più volte prorogato e ancora in essere: lo stesso inquilino nel 2019 ha preso in locazione anche l’altro locale, che risulta essere adiacente.
Dal momento che in quell’anno era possibile beneficiare della cedolare secca anche sugli affitti dei negozi, è stato applicato al contratto, diverso dal primo, il regime sostitutivo.
A seguito di lavori di accorpamento, attualmente gli immobili risultano accatastati in un’unica unità immobiliare di categoria C3 e non sono stati modificati i contratti originari.
All’Agenzia delle Entrate il contribuente si rivolge per verificare “se, ai fini fiscali, i due contratti di locazione in essere possano essere considerati entrambi idonei a produrre due redditi sottoposti a regimi di tassazione diversi (ordinaria per quanto riguarda l’immobile C3 e a «cedolare secca» per l’immobile C1), validi e operativi sino a naturale scadenza e/o risoluzione”.
Ma, con la risposta all’interpello numero 28 del 17 gennaio 2022, arriva un veto da parte dell’Amministrazione finanziaria:
“Si ritiene necessario procedere alla relativa cessazione esistenti e alla stipula di un nuovo contratto di locazione che rispecchi l’attualità della situazione esistente”.
Cedolare secca sugli affitti, il regime decade in caso di accorpamento con locali non ammessi
Nel motivare la sua posizione l’Agenzia delle Entrate chiarisce, inoltre, che mantenendo in essere i contratti stipulati prima dell’accorpamento si verificherebbe l’applicazione, sia pure parziale, di un regime fiscale agevolato a una categoria catastale che ne risulta esclusa.
L’operazione di accorpamento delle due unità immobiliari, infatti, determina la classificazione dell’immobile nella categoria catastale C3: per gli affitti di questa tipologia di locali non è previsto il regime della cedolare secca, regolata dall’articolo 3 del decreto legislativo 14 marzo 2011.
E anche l’estensione della tassazione sostitutiva ai negozi e alle botteghe, solo per i contratti del 2019, non ha riguardato i locali classificati come C3.
Non ci sono dubbi, quindi, sull’esclusione. E inoltre, sottolinea l’Agenzia delle Entrate, non è possibile tenere in vita i due vecchi contratti:
“Con l’accorpamento delle due unità immobiliari, oggetto ciascuno di separati contratti di locazione, gli immobili cessano la loro esistenza in condizioni di indipendenza l’uno dall’altro. Inoltre, l’attribuzione di un’unica e diversa, seppure solo per uno degli immobili, categoria catastale comporta, sotto il profilo catastale, l’esistenza di nuova unità immobiliare, prima inesistente, con caratteristiche nuove e autonome”.
Articolo originale pubblicato su Informazione Fiscale qui: Cedolare secca per gli affitti dei negozi, il regime decade dopo l’accorpamento