Dal bonus acqua al credito d’imposta ZES: gli importi delle agevolazioni tra promesse e realtà

Rosy D’Elia - Fisco

Come annunciato dall'Agenzia delle Entrate, l'importo del credito d'imposta ZES Sud si riduce: non è tanto la norma a stabilire la portata dei benefici, quanto le risorse a disposizione. Lo stesso è accaduto per il bonus acqua, per gli investimenti pubblicitari, per i dispositivi di sicurezza Covid con conseguenze rilevanti

Dal bonus acqua al credito d'imposta ZES: gli importi delle agevolazioni tra promesse e realtà

Verba volant, scripta manent, dicevano i romani, ma non sempre è così: a volte anche ciò che è scritto, approvato e pubblicato ufficialmente, come le norme, può essere volatile e fare promesse che non possono essere mantenute. Accade spesso con i bonus per le imprese, messi in campo per vari scopi: dall’installazione di impianti per il miglioramento dell’acqua potabile all’acquisto dei dispositivi di sicurezza. A contare non sono tanto le parole quanto le risorse disponibili.

Come annunciato dall’Agenzia delle Entrate con il provvedimento di ieri, 22 luglio, il credito d’imposta ZES Sud sarà riconosciuto alle imprese solo nella misura del 17,6 per cento circa dell’importo richiesto.

In termini pratici vuol dire che le aziende che hanno effettuato degli investimenti nella Zona Economia Speciale del Mezzogiorno hanno immaginato di poter accedere a un beneficio fino al 60 per cento e potranno accedere a un’agevolazione che si ferma poco sopra il 10 per cento.

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Dal bonus acqua al credito d’imposta ZES: gli importi delle agevolazioni si riducono

Non è la prima volta che accade: d’altronde il meccanismo è annunciato dalle stesse norme, illustrato dall’Agenzia delle Entrate nei diversi provvedimenti, comunicato su più fronti. Tutto regolare, insomma. Ma resta il fatto che la locuzione “nel limite delle risorse disponibili” spesso nasconde per le imprese che richiedono bonus e agevolazioni delle brutte sorprese e una riduzione dei benefici che finisce quasi per vanificare le misure messe in campo.

Andando indietro con la memoria, sono diversi gli esempi di agevolazioni che non hanno soddisfatto le aspettative: dalle più semplici, come il bonus acqua potabile, alle più articolate come il credito d’imposta per gli investimenti pubblicitari, che si basa su una prenotazione dell’agevolazione e sulla comunicazione delle somme effettivamente investite.

La Legge di Bilancio 2021 ha messo in campo un credito d’imposta sulle spese relative all’acquisto e all’installazione dei sistemi per il miglioramento dell’acqua potabile pari al 50 per cento entro il limite di 5.000 euro di spesa per imprese e professionisti.

Ma l’agevolazione non è mai stata riconosciuta in misura piena e, anzi, negli anni ha subito una riduzione sempre più importante.

Per le spese del 2021 è stato possibile garantire solo il 30,7 per cento dell’importo richiesto, percentuale scesa poi al 17,9 per cento e arrivata al 6,45 per cento per le domanda relative al 2023.

Il risultato? Nell’ultimo anno il rimborso è risultato di poco superiore al 3 per cento.

Si riduce dopo la prenotazione delle risorse effettuate dalle imprese potenziali beneficiarie anche la portata del bonus pubblicità.

Per il 2023 la percentuale provvisoria di riparto per investimenti sulla stampa quotidiana e periodica è stata fissata pari all’11,5 per cento circa, più generosa nel 2024, è arrivata al 19,8 per cento circa.

Bonus per le imprese e promesse non mantenute: le conseguenze non riguardano solo le aziende

Emblematico è stato anche il caso del credito d’imposta per la sanificazione degli ambienti e per l’acquisto di dispositivi di protezione individuale, messo in campo per la prima volta dal Decreto Rilancio per agevolare le imprese nel rispetto degli obblighi connessi alla gestione dei rischi connessi alla pandemia.

L’articolo 125 del Decreto Rilancio aveva previsto un beneficio pari al 60 per cento delle spese mettendo in campo una dotazione di risorse che si era rivelata di gran lunga insufficiente e che riduceva drasticamente la percentuale al 9,38 per cento.

La lacuna macroscopica, e ancor più grave in un momento di emergenza economica, era stata colmata con una iniezione di risorse previste dal Decreto Agosto che aveva fatto risalire la percentuale dell’agevolazione per le imprese al 28,3 per cento.

E dall’esperienza è stato fatto tesoro: il Decreto Sostegni bis, pur riducendo alla metà il beneficio rispetto alla versione originaria, non ha fatto promesse che non potevano essere mantenute.

Il credito d’imposta per la sanificazione, infatti, è stato riproposto nella misura del 30 per cento ed è stato riconosciuto in misura piena.

Apparentemente la differenza tra l’agevolazione riconosciuta per il 2020 e per il 2021 è leggerissima. Ma, in alcuni casi, la forma cambia anche la sostanza.

Nel secondo anno, infatti, le imprese hanno avuto accesso al bonus sanificazione nella misura indicata dalla norma che lo ha istituito.

Quando, invece, la portata dei benefici cambia dopo aver presentato la domanda la perdita non è solo economica e le conseguenze non riguardano solo le imprese.

Prima di tutto si dovrebbe considerare un aspetto: il grande interesse rispetto a certe agevolazioni, alla base del calo drastico degli importi, suggerisce indizi sulla necessità di orientare le risorse a disposizione in determinate direzioni.

Le valutazioni preventive, evidentemente non adeguate nel rapporto fondi a disposizione-portata della misura, portano a una incertezza che ha effetti sulla programmazione di alcuni investimenti e sul sostenimento di alcune spese da parte delle imprese.

Soprattutto quando le dimensioni dell’azienda sono contenute poter contare su un’agevolazione può essere determinante per le scelte da compiere.

Ma non solo, c’è un altro aspetto non trascurabile: le promesse non mantenute portano a una perdita di fiducia nei confronti delle Istituzioni e a uno scetticismo che può avere effetti in tutti i rapporti che si hanno con le Pubbliche Amministrazioni.

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