Secondo la Commissione europea l'assegno di inclusione farà aumentare l'incidenza della povertà assoluta e infantile rispetto al vecchio reddito di cittadinanza. La colpa sarebbe dei criteri d'accesso più rigorosi
L’assegno di inclusione non riduce la povertà. Per la Commissione UE il nuovo regime determinerà una maggiore incidenza della povertà assoluta dello 0,8 per cento.
A fornire i numeri è l’analisi pubblicata ieri, 8 maggio, sulla convergenza sociale di alcuni Paesi dell’Unione tra cui l’Italia.
Nonostante alcune novità positive, spiega la Commissione, le restrizioni relative ai criteri di ammissibilità al beneficio ridurranno l’impatto della misura. L’accesso. infatti, è limitato ai soli nuclei familiari appartenenti a specifiche categorie demografiche.
Il sostegno aumenterebbe solamente per una piccola parte delle famiglie a basso reddito.
L’assegno di inclusione non riduce la povertà, l’analisi della Commissione UE
La Commissione Europea ha pubblicato ieri, 8 maggio 2024, un’analisi dettagliata per paese negli ambiti dell’occupazione, delle competenze e dell’inclusione sociale che illustra in dettaglio i risultati del quadro di convergenza sociale.
Nel quadro italiano spicca l’analisi relativa all’impatto del nuovo assegno di inclusione, introdotto a gennaio in sostituzione del reddito di cittadinanza.
Secondo la Commissione UE, il nuovo strumento per favorire l’inclusione sociale e lavorativa comporterà una maggiore incidenza sia della povertà assoluta e sia di quella infantile, un aumento rispettivamente dello 0,8 e dello 0,5 per cento rispetto al vecchio regime (quello del RdC).
Come si legge nel rapporto, infatti, nonostante alcune misure di accompagnamento positive, si prevede che i criteri di ammissibilità più severi andranno a ridurre l’efficacia del nuovo regime di reddito minimo nella riduzione della povertà.
Da gennaio, per poter accedere al nuovo assegno di inclusione è necessario il rispetto di specifici requisiti, non più solo relativi alle condizioni economiche e alla cittadinanza come per il RdC. Possono beneficiare del sussidio solamente le famiglie appartenenti a specifiche categorie demografiche.
L’ADI, infatti, è attivo per i nuclei familiari con almeno una persona:
- minorenne;
- con disabilità;
- con più di 60 anni;
- in condizione di svantaggio e inserita in un programma di cura e assistenza dei servizi socio sanitari territoriali certificato dalla pubblica amministrazione.
Le persone in età lavorativa che ricadono al di sotto della stessa soglia di reddito ma non rientrano in una di queste categorie demografiche, possono fare domanda per il SFL, il supporto per la formazione e il lavoro. Si tratta dell’indennità di 350 euro mensili riconosciuta per la partecipazione a progetti di formazione e accompagnamento al lavoro.
La Commissione esprime apprezzamento in merito alla possibilità di cumulare entrambe le prestazioni con un reddito da lavoro fino a 3.000 euro annui e alla riduzione a 5 anni del requisito di residenza, la questione è che la riforma riduce significativamente la copertura del reddito minimo.
Commissione UE: l’ADI ha comportato un reale sostegno solamente per poche famiglie a basso reddito
Nel report la Commissione prende a riferimento delle simulazioni indiate in un modello statico della Banca d’Italia (che non tengono conto degli effetti dinamici legati agli incentivi all’attivazione dei destinatari) le quali suggeriscono che, tra le famiglie con cittadinanza italiana, l’ADI ridurrebbe del 40 per cento il numero delle famiglie beneficiarie, copertura che si ridurrebbe del 66 per cento per le famiglie con cittadinanza diversa.
La nuova prestazione economica, a differenza del reddito di cittadinanza, è completamente cumulabile con l’assegno unico per i figli a carico, ma, secondo la Commissione, l’effetto di riduzione della povertà è controbilanciato dalle restrizioni sui criteri di ammissibilità.
“In media, quindi, senza tenere conto dei potenziali effetti comportamentali della riforma, come ad esempio maggiori incentivi al lavoro, l’Assegno di Inclusione dovrebbe indurre una maggiore incidenza di povertà assoluta e povertà infantile (rispettivamente di 0,8 e 0,5 punti percentuali) rispetto al regime precedente.”
Con l’assegno di inclusione, conclude la Commissione, solo una piccola parte delle famiglie a basso reddito ha ricevuto un maggiore sostegno, in particolare le famiglie con più di tre figli, con figli di età inferiore a 3 anni o con un solo genitore.
“L’analisi della Commissione UE sull’ADI e l’incidenza sulla povertà si basa su uno studio di natura statica e parziale, nel senso che non tiene conto delle dinamiche di attivazione generate dalle nuove misure e dalla crescita dell’occupazione in Italia. Una valutazione complessiva porterebbe probabilmente a un’analisi più positiva.”
Questo quanto osserva il Ministero del Lavoro secondo quanto riportato da ANSA.
Articolo originale pubblicato su Informazione Fiscale qui: L’assegno di inclusione non riduce la povertà, l’analisi della Commissione UE