Intervento della Corte di Cassazione in materia di accertamento del maggior reddito in capo alla società di capitali a seguito delle risultanze dell’accertamento bancario condotto non solo sui conti correnti bancari dell'ente ma anche di quelli intestati ad amministratori e soci.
È legittimo l’accertamento del maggior reddito in capo alla società di capitali a seguito delle risultanze dell’accertamento bancario condotto non solo sui conti correnti bancari dell’ente ma anche di quelli intestati a soci e amministratori, quando risulti presumibile la natura fittizia dell’intestazione e la sostanziale riferibilità all’ente dei conti medesimi.
Questo il contenuto della sentenza della Corte di Cassazione n. 29733 del 29 dicembre 2020.
La sentenza – La controversia trae origine dal ricorso presentato da una società avverso un avviso di accertamento con il quale, sull’analisi dei conti correnti eseguita sui conti correnti intestati all’amministratore unico e socio al 50 per cento, l’Amministrazione Finanziaria accertava maggiori ricavi non contabilizzati.
Nel corso della verifica fiscale i verificatori avevano contestato una serie di versamenti in contante effettuati sul conto dell’amministratore, giustificati come restituzione di un prestito senza interessi concesso ad un cittadino polacco, documentato da una scrittura privata.
Non avendo superato l’onere probatorio, perché le giustificazioni non erano state ritenute idonee a superare la presunzione derivante dagli accertamenti bancari, l’Ufficio ha ripreso le somme come maggior reddito non dichiarato da parte della società di cui il contribuente era rappresentante legale.
Il passaggio in CTP e CTR - Il ricorso del contribuente era stato respinto dalla CTP, che aveva dedotto come i versamenti sul conto dell’amministratore fossero ragionevolmente riferibili alla società in ragione della posizione di socio e di amministratore unico autorizzato ad intervenire nella gestione societaria.
Il contribuente proponeva appello che la CTR che lo accoglieva.
Il passaggio presso la Corte di Cassazione - L’Agenzia delle entrate ha così impugnato dinanzi alla Corte di cassazione la sentenza della CTR e il ricorso è stato accolto, con rinvio alla medesima CRT in diversa composizione.
Per quanto di interesse l’Ufficio ha lamentato violazione o falsa applicazione dell’articolo 63 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 perché la Commissione regionale ha omesso di prendere in considerazione e di valutare gli elementi di fatto addotti dall’Ufficio, ossia il ruolo di amministratore unico, nonché il possesso del 50 per cento delle quote sociali e l’indisponibilità di redditi diversi da parte dell’intestatario del conto.
In tema di accertamenti bancari i giudici di legittimità hanno richiamato due principi espressi con la Sentenza n. 23650 del 2008 secondo cui:
- gli artt. 32 del d.P.R. n. 600 del 1973 e 51, comma 2, n. 2, del d.P.R. n. 633 del 1972 pongono presunzioni legali semplici per cui, in assenza di prova contraria, i movimenti del conto corrente bancario non giustificati si presumono corrispettivi imponibili non dichiarati;
- e che, in caso di società di capitali, possono essere utilizzati i dati dei conti correnti bancari non solo dell’ente ma anche di soci ed amministratori “allorché risulti presumibile la natura fittizia dell’intestazione e la sostanziale riferibilità all’ente dei conti medesimi”.
Nel caso di specie la CTR non pare essersi conformata a tali principi perché si è limitata ad affermare, senza fornire alcuna spiegazione, che la documentazione prodotta dall’amministratore costituisse valida prova contraria idonea a superare la presunzione legale invocata dall’Amministrazione finanziaria, senza superare i rilievi mossi dall’ufficio quali, ad esempio, la mancanza di una data certa dell’accordo prodotto dal contribuente e l’inattendibilità delle modalità di rimborso del prestito asseritamente avvenuto in contante.
La CTR non ha spiegato neanche perché la documentazione dimostrerebbe che le movimentazioni bancarie oggetto di contestazione non fossero riferibili alla società contribuente ma alla persona fisica intestataria del conto corrente, tenuto conto che questi non disponeva di redditi ulteriori rispetto a quelli che gli derivavano dalla sua qualità di amministratore unico e di socio della società accertata.
A parere della Cassazione quindi il giudice di rinvio, pur essendo obbligato, non ha svolto un complessivo apprezzamento di tutti gli elementi probatori acquisiti e non effettuato il riesame di tutti i fatti rilevanti e decisivi oggetto di discussione tra le parti.
Da qui la cassazione della decisione impugnata.
Articolo originale pubblicato su Informazione Fiscale qui: Accertamento alla società sulla base dei conti correnti dell’amministratore