Oggi una provocazione ma non è detto che visto l’andamento dei costi dell’energia questa non diventi presto una voce del conto del ristorante con cui dover familiarizzare. Da questo caso lo spunto per un ripasso dell’articolo 12 del Dpr 633/72 riguardo l’IVA delle prestazioni accessorie.
Si legge, su una testata giornalistica on line, che una nota pizzeria di Napoli ha predisposto alcune voci extra di costo da addebitare agli avventori dei propri locali:
- “Contributo gas” 50 centesimi;
- “Energia” 1.20 euro;
- “Fitto” 1,50 euro.
Una provocazione dell’imprenditore intervistato il quale, con questo gesto per ora simbolico, ha voluto a suo modo porre l’attenzione sui vertiginosi incrementi dei costi che stanno mettendo in difficoltà questo come molti altri settori dell’economia, dando peraltro ulteriore slancio all’inflazione percepita, ormai giunta a valori superiori all’8 per cento circa registrato dall’Istat.
Il contributo straordinario e l’IVA
Prendendo spunto da questa notizia, il tema che si intende approfondire è quello della corretta applicazione di quanto stabilito dall’articolo 12 del Dpr 633/72 riguardo alle cosiddette “prestazioni accessorie”.
Cosa dispone l’articolo 12 in commento, in vigore dal gennaio 1973 e curiosamente mai oggetto di emendamento:
“Il trasporto, la posa in opera, l’imballaggio, il confezionamento, la fornitura di recipienti o contenitori e le altre cessioni o prestazioni accessorie ad una cessione di beni o ad una prestazione di servizi, effettuati direttamente dal cedente o prestatore ovvero per suo conto e a sue spese, non sono soggetti autonomamente all’imposta nei rapporti fra le parti dell’operazione principale.”
Prosegue lo stesso articolo precisando che:
“Se la cessione o prestazione principale è soggetta all’imposta, i corrispettivi delle cessioni o prestazioni accessorie imponibili concorrono a formarne la base imponibile. Di converso se la cessione o prestazione principale è non imponibile, ovvero esente, anche in questo caso la prestazione accessoria è assoggettata allo stesso trattamento della “principale”, in tal senso la risoluzione n. 6 del 22 gennaio 1997.”
Il concetto di accessorietà
Fermo restando che per diversi e più particolari casi l’Amministrazione Finanziaria si è pronunciata esponendo il proprio parere in merito a specifici casi, come ad esempio con la risoluzione 351199 del 12/6/76, accertando la accessorietà della prestazione anche nel trasporto dei resi dei farmaci scaduti delle farmacie.
Per citarne uno, è interessante la lettura di alcuni passaggi della risoluzione 230/E del 15 luglio 2002:
“perché si delinei un rapporto di accessorietà tra due prestazioni non è sufficiente che la prima assicuri una generica utilità all’attività, considerata nel suo insieme, posta in essere dal prestatore che realizza a valle l’operazione (o le operazioni) principale/i. Occorre piuttosto che la prestazione accessoria formi un tutt’uno con l’operazione principale e non solo che questa sia resa possibile o più agevole in funzione dell’effettuazione della prestazione accessoria.”
Prosegue la risoluzione:
“Quanto precede risulta chiaramente dalla lettura dell’art. 12, primo comma, del D.P.R. n. 633 del 1972 in cui il carattere di accessorietà viene riconosciuto ad alcune prestazioni quali trasporto, posa in opera, imballaggio, che a loro volta, presuppongono a valle un collegamento diretto con un’operazione di cessione di un bene ovvero una prestazione nell’ambito di un appalto e simili.”
E ancora:
“occorre in particolare che le prestazioni accessorie siano effettuate proprio per il fatto che esiste una prestazione principale, in combinazione con la quale possono portare ad un determinato risultato perseguito. Conclusivamente sono accessorie solo le operazioni poste in essere dal medesimo soggetto in necessaria connessione con l’operazione principale alla quale, quindi, accedono e che hanno, di norma, la funzione di integrare, completare o rendere possibile la detta prestazione o cessione principale.”
Un concetto di accessorietà più volte ribadito dalla Amministrazione Finanziaria sia prima che successivamente anche in più recenti documenti di prassi, vedasi il seguente stralcio dalla risposta ad interpello 348 del 17 maggio 2021 la quale, rifacendosi anche alla risoluzione 230 sopra citata:
“Sul punto, l’Amministrazione finanziaria ha avuto modo di chiarire che si considerano accessorie le operazioni che:
- integrano, completano o rendono possibile l’operazione principale;
- sono rese dal medesimo soggetto che esegue l’operazione principale, anche a mezzo di terzi, ma per suo conto e a sue spese;
- sono rivolte al medesimo soggetto nei cui confronti è resa l’operazione principale (cfr., risoluzione n. 337/E del 2008).
In altri termini, perché si delinei un vincolo di accessorietà tra due operazioni è necessario che le stesse convergano verso la realizzazione di un unico obiettivo, rispondendo all’esigenza di offrire al cliente, secondo le proprie specifiche esigenze, il miglior risultato possibile”.
In effetti, pur considerando anche le diverse sentenze della Corte di Giustizia Europea susseguitesi nel tempo, sul punto resta comunque una certa aleatorietà che lascia ampi margini di discrezionalità nella qualificazione accessoria o meno di prestazioni e cessioni in vario modo collegate.
In conclusione si può affermare che, ipotizzando il malaugurato della predetta provocazione calato nella realtà quotidiana, l’addebito del contributo per gas, energia, fitto o qualsivoglia altra voce di contribuzione straordinaria, non può realizzare un unicum economico ovvero una sola prestazione economica indissociabile la cui scomposizione avrebbe carattere artificioso (vedasi sentenza CGE 18 gennaio 2018, C-463/16, punto 22), con la prestazione principale di somministrazione.
Tale addebito dovrà quindi essere autonomamente assoggettato ad aliquota IVA ordinaria.
Articolo originale pubblicato su Informazione Fiscale qui: L’IVA e il contributo energia nel conto del ristorante