Dal Ministero del Lavoro arrivano nuovi chiarimenti in merito alle dimissioni volontarie in caso di assenza ingiustificata

Dal termine dei 15 giorni di assenza ingiustificata all’esclusione dei neo genitori.
Il Ministero del Lavoro torna sulla nuova disciplina delle dimissioni volontarie per assenza ingiustificata in vigore da gennaio e fornisce nuovi chiarimenti.
La legge prevede un massimo di 15 giorni di assenza ingiustificata ma se il CCNL applicato prevede un termine maggiore sarà quest’ultimo ad essere applicato.
Dimissioni volontarie: nuovi chiarimenti sul termine dei 15 giorni di assenza ingiustificata
Con la circolare n. 6/2025 il Ministero del Lavoro torna sul tema delle dimissioni di fatto e fornisce nuovi chiarimenti sulla nuova disciplina.
Dal 1° gennaio, come previsto dal Collegato Lavoro (legge n. 203/2024), è previsto che in caso di assenze ingiustificate per un periodo superiore al termine previsto dal CCNL applicato oppure, quando non indicato, per un periodo superiore a 15 giorni, il datore di lavoro può inviare una segnalazione all’Ispettorato del Lavoro.
Per il dipendente in questione scatterà la risoluzione del rapporto per volontà del lavoratore con conseguente perdita del diritto alle tutele previste per legge in caso di licenziamento quindi anche la NASpI.
La risoluzione del rapporto, spiega il Ministero, risolutivo non si applica automaticamente con l’assenza ingiustificata, ma si verifica solo nel caso in cui il datore di lavoro decida di prenderne atto, dando seguito alla presunta volontà di dimissioni da parte del lavoratore e facendo scattare la conseguenza prevista dalla norma.
La norma stabilisce in 15 giorni la durata dell’assenza ingiustificata. Si tratta di un termine legale minimo. Nulla vieta, spiega il Ministero, che la comunicazione all’Ispettorato possa essere formalizzata anche in un momento successivo.
Se, invece, il CCNL applicato prevede un termine superiore (ad esempio 20 giorni), sarà questo ad essere applicato. Al contrario, nel caso in cui sia previsto un termine inferiore si dovrà fare riferimento al termine previsto dal Collegato Lavoro, quindi quello di 15 giorni.
Ad ogni modo, diversi contratti collettivi riconducono conseguenze di tipo disciplinare ad un’assenza ingiustificata protratta nel tempo (di durata variabile, anche inferiore ai quindici giorni previsti), consentendo al datore di procedere al licenziamento, per giusta causa o per giustificato motivo soggettivo. In tali ipotesi, viene quindi attivata la procedura di garanzia prevista dall’articolo 7 dello Statuto dei lavoratori (legge 20 maggio 1970, n. 300)
La nuova procedura di dimissioni dunque non sostituisce la procedura di contestazione e licenziamento del lavoratore, ma si configura come una sua alternativa.
Dimissioni volontarie: chiarimenti sulla comunicazione da inviare all’Ispettorato
La comunicazione all’INL, precisa il Ministero nella circolare, opera anche come termine iniziale per il calcolo dei cinque giorni previsti per effettuare la relativa comunicazione obbligatoria di cessazione del rapporto di lavoro tramite il modello UNILAV.
“Sul punto appare utile precisare che, in ogni caso, la procedura telematica di cessazione a seguito di dimissioni per fatti concludenti, avviata dal datore di lavoro, viene resa inefficace se lo stesso riceva successivamente la notifica da parte del sistema informatico del Ministero dell’avvenuta presentazione delle dimissioni da parte del lavoratore.”
Pertanto, anche la presentazione di dimissioni per giusta causa tramite il sistema telematico da parte del lavoratore (ferma restando la necessità di assolvere il relativo onere probatorio) prevale sulla procedura avviata dal datore di lavoro.
La cessazione del rapporto avrà effetti dalla data riportata nel modulo UNILAV, la quale non potrà comunque essere precedente a quella della comunicazione all’INL. Ad ogni modo, per il periodo di assenza ingiustificata del lavoratore, il datore di lavoro non è tenuto al versamento della retribuzione e dei relativi contributi.
Come ricordato anche dall’Ispettorato nella nota n. 579/2025 è in capo al dipendente l’onere di provare l’impossibilità di comunicare i motivi dell’assenza al datore di lavoro (ad esempio, perché ricoverato in ospedale o per causa di forza maggiore) o la circostanza di aver comunque provveduto alla comunicazione.
Motivazioni che, se accertate, evitano la risoluzione del rapporto.
Dimissioni volontarie: la novità non si applica per i neo genitori
Da ultimo, nella circolare, il Ministero si sofferma su alcuni particolari casi di esclusione, per cui la novità non può essere applicata.
La disposizione prevista dal Collegato Lavoro, infatti, non è applicabile nei casi previsti dall’articolo 55 del decreto legislativo n. 151/2001, il Testo Unico sulla maternità e paternità.
Il citato articolo prevede la convalida obbligatoria (con effetto sospensivo dell’efficacia) della risoluzione consensuale del rapporto di lavoro e delle dimissioni presentate:
- dalla lavoratrice durante il periodo di gravidanza;
- dalla lavoratrice madre o dal lavoratore padre durante i primi tre anni di vita del bambino o nei primi tre anni di accoglienza del minore adottato o in affidamento (o, in caso di adozione internazionale, nei primi tre anni decorrenti dalle comunicazioni della proposta di incontro con il minore adottando oppure della comunicazione dell’invito a recarsi all’estero per ricevere la proposta di abbinamento).
Come precisato dal Ministero, si tratta infatti, di una normativa a carattere speciale, con l’obiettivo di tutelare in particolare le categorie di lavoratrici e lavoratori che si trovano in una situazione di maggiore vulnerabilità.
Poiché si impone un passaggio obbligato con l’Ispettorato anche per le dimissioni espresse, quindi, non è consentito applicare le cosiddette dimissioni implicite in esame.
Articolo originale pubblicato su Informazione Fiscale qui: Dimissioni volontarie: nuovi chiarimenti sul termine dei 15 giorni di assenza ingiustificata