Il calcolo del reddito imponibile per il concordato preventivo biennale è la vera sfida che chiama in causa l'Agenzia delle Entrate. Tra le novità, il ritorno del limite del 10 per cento di aumento, rimasto fuori dai correttivi del decreto legislativo approvato dal Governo ma che dovrebbe in ogni caso condizionare il lavoro del Fisco
Concordato preventivo biennale, calcolo del reddito imponibile vincolato alla soglia del 10 per cento di aumento.
All’Agenzia delle Entrate è demandato l’arduo compito di rendere favorevole l’accesso al concordato preventivo biennale per i titolari di partita IVA e, in tal senso, sarà determinante proprio il reddito che verrà proposto ai contribuenti ai fini del calcolo delle imposte dovute.
Un tema spinoso e sul quale emergono i primi dettagli operativi.
Tra questi proprio il ritorno del tetto massimo del 10 per cento di aumento del reddito imponibile rispetto al periodo d’imposta precedente, stando a quanto dichiarato dal Presidente della Commissione Finanze del Senato, Massimo Garavaglia, nel corso del 7° Forum dei Commercialisti del 29 gennaio 2024.
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Concordato preventivo biennale, calcolo del reddito con limite del 10 per cento di aumento
Nel lavoro preparatorio all’avvio del concordato preventivo biennale, la definizione dei criteri per il calcolo del reddito imponibile dei titolari di partita IVA ammessi allo strumento è uno dei capitoli più delicati.
Due i passaggi operativi attesi e previsti dal decreto legislativo approvato in Consiglio dei Ministri:
- la messa a punto di un decreto del MEF per la definizione di una metodologia specifica per ciascuna attività economica, nel rispetto della capacità contributiva del contribuente e che valorizzi le informazioni già a disposizione dell’amministrazione finanziaria;
- la definizione, mediante provvedimento dell’Agenzia delle Entrate, degli ulteriori dati che dovranno essere trasmessi dai contribuenti.
Sul fronte del decreto ministeriale che dovrà definire la metodologia di calcolo del reddito imponibile, nel corso dei lavori delle Commissioni competenti di Camera e Senato era emersa la proposta di limitare ad un massimo del 10 per cento l’eventuale aumento del reddito e della produzione netta rispetto all’anno di riferimento preso come base.
Una modifica che il Governo non ha accolto in quanto, si legge nella relazione illustrativa:
“la previsione di una soglia generale e indifferenziata, svincolata da parametri dimensionali e dalle specificità dei diversi settori economici interessati, oltre che dalle peculiarità dei singoli, potrebbe determinare un’applicazione dello strumento penalizzante per i contribuenti con redditività più rilevanti favorendo, potenzialmente, comportamenti illegittimi di sottodichiarazione degli imponibili.”
Un limite indifferenziato per l’elaborazione della proposta di concordato preventivo biennale e, in particolare, per il calcolo del reddito imponibile e delle relative imposte per gli anni 2024 e 2025 rischierebbe quindi di agevolare chi ha occultato al Fisco i propri redditi, riducendo conseguentemente l’obiettivo di contrasto all’evasione previsto dal nuovo strumento di compliance.
Ma il tetto del 10 per cento in più torna ora in campo e diventa una delle novità che potrebbero trovare spazio nella fase attuativa del concordato preventivo biennale, stando a quanto dichiarato dal Presidente della Commissione Finanze del Senato, Massimo Garavaglia.
Reddito per il concordato preventivo biennale, il limite del 10 per cento torna in campo
La proposta del Senato non è stata accolta nella fase di approvazione del decreto legislativo ma in ogni caso sarà in sede applicativa che si tornerà a parlare del limite massimo di aumento del reddito per il calcolo delle imposte dovute.
Questo quanto evidenziato dal Senatore Garavaglia nel corso del “7° Forum dei Commercialisti” organizzato dal quotidiano Italia Oggi, che sottolinea come sebbene la misura non sia stata tradotta in norma, nella determinazione della proposta di concordato preventivo biennale da parte dell’Agenzia delle Entrate “verrà fatto così”.
Indicazioni che arrivano quindi da uno degli esponenti di spicco della Lega per quel che riguarda le materie economiche e fiscali, che sembra fissare limiti precisi al lavoro dell’Amministrazione Finanziaria in merito all’attuazione del concordato preventivo biennale.
Se così fosse, il Fisco sarà quindi obbligato a non aumentare oltre il 10 per cento il reddito imponibile per il calcolo delle imposte dovute, rispetto alla base presa come riferimento.
Vincoli che dovrebbero in ogni caso venir meno in caso di situazioni per le quali si può presumere un incremento maggiore di reddito, quali ad esempio nuove assunzioni.
È quindi destinata a tornare in campo la discussione sul rischio che il concordato preventivo biennale si trasformi da strumento di contrasto all’evasione a misura che agevola proprio chi, negli scorsi anni, ha occultato redditi al Fisco.
Quel che è certo è che per una valutazione chiara di vantaggi ed effetti collaterali del nuovo strumento di compliance bisognerà attendere.
Il compito nelle mani dell’Agenzia delle Entrate non è certo semplice: da un lato si punta a contrastare il sommerso ma, in parallelo, è necessario che il concordato preventivo biennale risulti vantaggioso per i titolari di partita IVA, per evitare il flop della misura.
Il tutto nella prospettiva di incassare il più possibile anche per l’attuazione dei prossimi passi della riforma fiscale, tra cui la riduzione dell’IRPEF per il ceto medio.
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